La navigatrice Francesca Clapcich: “Route du Rhum test fondamentale verso il Vendée Globe 2028”
Francesca Clapcich è stata l’ospite speciale dell’ultimo appuntamento di “Mare Aperto”, periodico di vela condotto da Stefano Vegliani e visibile sul canale Youtube di OA Sport. La 37enne italo-americana è reduce da un’impresa straordinaria, che le ha consentito di diventare la prima velista azzurra della storia in campo femminile a salire sul podio della Transat nella classe IMOCA, arrivando seconda in coppia con il britannico Will Harris in occasione della Transat Café L’Or 2025 da Le Havre alla Martinica.
“È stata una bella battaglia in mare con Ambrogio Beccaria, ovviamente fa sempre piacere quando c’è concorrenza di un livello così alto. Per un po’ di tempo ci avevo quasi sperato ad una possibile doppietta, però purtroppo ad un certo punto c’era posto solamente per uno di noi e ovviamente preferivo essere io (ride, ndr). Sicuramente è stata una partenza molto impegnativa, nel canale della Manica abbiamo avuto raffiche a 45 nodi nelle prime 24 ore. Il nostro obiettivo era navigare bene ma preservare la barca e non fare nessun danno subito, perché a quel punto avresti perso la regata. Poi abbiamo gestito molto bene la dorsale con l’alta pressione nel Golfo di Biscaglia, facendo un’ottima scelta strategica“, racconta la triestina classe 1988.
“Guardando un po’ la cartografia e le tracce degli altri, penso che siamo stati uno dei team ad aver veramente pennellato l’approccio alle Canarie più del resto della flotta ed è lì che abbiamo preso la testa della regata per un po’ di ore. Alla fine abbiamo fatto pochi errori, e come in ogni regata vince chi fa meno errori e ha una buona velocità. Comunque, in una regata che dura 12 giorni e oltre 5mila miglia, parliamo magari di un errore di posizionamento di un miglio…“, spiega Clapcich.
“Questa è stata la mia prima regata con l’IMOCA non in equipaggio, quindi in doppio, ma anche la prima regata del nostro progetto che è iniziato da poco e la prima transatlantica in regata, quindi un sacco di prime volte. Ovviamente è un risultato che non ci aspettavamo. Quando siamo partiti da Le Havre avevamo in testa l’obiettivo di essere nel gruppo di testa, però penso che generalmente con un quinto, sesto, o settimo posto saremmo stati abbastanza contenti. Comunque abbiamo visto che la barca ha delle performance incredibili, anche in condizioni dove magari in passato non ha dimostrato così tanto. Abbiamo veramente trovato dei modi di navigare molto buoni, spingendo la barca sempre al massimo. Abbiamo timonato da quando praticamente il sole sorgeva al mattino fino a quando il sole se ne andava la sera, facendo i turni al timone. Alla fine tutto questo grande lavoro e questa grande dedizione a bordo ha pagato“, dichiara l’ex portacolori della vela olimpica italiana.
Sulla gestione del timone: “Dipende dalle barche, perché la nostra è al limite per riuscire a timonarla. Fai tanta fatica. Io spesso timonavo con proprio con due mani sulla barra per riuscire a gestire la barca. La barca di Ambrogio invece è costruita proprio con l’idea di poterla timonare, mentre nel nostro caso devi veramente tenerti praticamente incollato con due per non farti portare via“.
Sulle velocità toccate durante la regata: “Noi per un paio d’ore abbiamo fatto 29 nodi di media, quindi vuol dire che navighi costantemente sopra i 30 nodi. Fa abbastanza impressione. Charal, la barca che ha vinto, non dico che faccia un full foiling ma quasi. Con quei timoni lì loro veramente riescono ad avere un assetto di navigazione interessantissimo. Sono sinceramente ovviamente contenta anche per loro. Penso che per Jeremie (Beyou, ndr) e Morgan (Lagraviere, ndr) sia stato un risultato incredibile, vederli navigare con quelle medie lì faceva impressione. A un certo punto quando ci hanno passato c’era un po’ ovviamente la frustrazione vedendo arrivare questo mostro che ogni ora ti mangia miglia su miglia. Sono stati imprendibili sinceramente. In 24 ore mi sa che ci avevano già dato 40-50 miglia e poi alla fine mi sa che hanno vinto con più di 100 miglia su di noi. Tanto di cappello perché hanno fatto una regata magistrale“.
“Abbiamo messo l’asticella un pochino alta, come prima regata. Le aspettative alla fine sono semplicemente aspettative e ogni regata va presa come una regata a parte. Nel 2026 la stagione sarà veramente focalizzata sulla parte in solitario, che è completamente una bestia diversa. Per me sarà veramente un modo nuovo di scoprire come regatare. Per ora ci godiamo il momento, è un gran risultato per il team. Ovviamente eravamo in due a bordo, abbiamo spinto la barca, però poi se ci pensi questa barca non si è mai fermata dall’inverno. Ha fatto la Course des Caps, l’Ocean Race Europe. Una volta che siamo tornati dalla Ocean Race Europe, tutto il team tecnico ha avuto 10 giorni per prepararla per una transatlantica di questo livello e non abbiamo avuto mai un problema tecnico a bordo negli ultimi 12 giorni. È veramente un risultato da regalare un po’ a tutto il team che ha lavorato alle spalle per permetterci di navigare a quel livello lì per così tanti giorni senza dover mai prendere un cacciavite in mano“, dice Clapcich.
Sugli obiettivi per il futuro: “Prossimo anno la stagione è completamente focalizzata in solitario e l’obiettivo è quello di fare un cantiere in inverno abbastanza lungo ovviamente non solamente per sistemare la barca, ma per cercare anche di migliorarla. Adesso abbiamo un po’ di discussione con gli ingegneri per capire che tipo di lavori possiamo fare per cercare di migliorare la barca ancora di più, alleggerirla, fare delle modifiche per adattarla un po’ alle mie caratteristiche. L’obiettivo è quello di mettere la barca in acqua a metà marzo e iniziare con degli allenamenti sia della parte tecnica, ma anche in solitario. La prima regata sarà la Bermudes 1000, che prendiamo un po’ come allenamento: 1000 miglia in solitario. E poi l’obiettivo enorme della stagione sarà la Route du Rhum a fine anno, il primo vero grande test in solitario in vista del Vendée Globe 2028. Sarà una regata transatlantica in solitario da Saint Malo alla Guadalupa, una regata storica, quindi quello è un po’ l’obiettivo di fine stagione, cercare di arrivare il più preparata possibile a quell’evento lì“.

