Matteo Berrettini: “Un grandissimo onore giocare in Coppa Davis, mi sento meglio”
Un’altra possibilità. Matteo Berrettini farà il proprio esordio quest’oggi nell’ATP500 di Vienna. Il tennista romano, inserito in tabellone attraverso una wild card, affronterà l’australiano Alexei Popyrin e cercherà di replicare quanto fatto da Lorenzo Musetti ieri contro il serbo Hamad Međedović. Una partita non semplice contro un tennista che a livello indoor gioca bene.
Berrettini avrà una motivazione in più, vista la sua presenza nell’elenco dei convocati per le Finali di Coppa Davis, di scena a Bologna: “Come sempre, è una grandissima emozione, un grandissimo onore rappresentare tutti gli italiani, tutti i ragazzi del tennis. È ovvio che ci siano ancora dei tornei da giocare, sono pre-convocazioni ma il fatto che il mio nome sia lì e che mi renda tra i candidati a indossare la maglia azzurra, mi fa sempre molto, molto felice“, ha dichiarato l’azzurro ai microfoni di Sky Sport.
Un 2025 difficile, con problemi fisici e psicologici da affrontare, ma il peggio sembra alle spalle: “Sto molto meglio: è uno dei motivi per cui sono andato in Asia e ora sono qui a Vienna. Lo stop è stato importante per tanti motivi, ma mi ha fatto ancora una volta ricentrare e ribilanciare. Mi ha permesso di riflettere, arrivare a capire che quello che voglio fare è giocare, divertirmi, spingermi oltre i miei limiti“.
Un Berrettini consapevole che il ritorno al top richieda tempo: “Non ho mai nascosto che ci siano stati momenti difficili da gestire, ma la cosa più importante è ritrovare la serenità per fare quello che sto facendo. So bene che il tennis sia uno sport che ha bisogno di tempo e di ritmo, ma le sensazioni che ho in campo sono buone. Forse non ancora per una partita intera, ma per un set e mezzo sì. Ho tanta fiducia nel lavoro che sto facendo“.
Allenarsi con Jannik Sinner è stato un aiuto: “Il tennis ha bisogno di tante cose per essere giocato a questo livello. Si comincia dalla parte fisica, mentale, dalla cura verso i colpi, l’attenzione, l’attivazione che serve per arrivare a uno stato di forma importante. Ho notato subito una cosa, quando mi sono allenato a Montecarlo con Jan (Sinner, ndr): non giocavo da tanto tempo, ma il livello è rimasto bene o male lo stesso. Mi sono sentito a mio agio, nonostante fossero passate settimane dall’ultima volta in cui avevo impugnato una racchetta. È una cosa che resta, quella. Quell’entusiasmo resta sempre. E poi ci sono degli automatismi: riconoscere certe situazioni che solo chi fa sport a questo livello può capire. Per fortuna non sono andati via e dimostrano che non ci metta molto a tornare a un livello abbastanza buono“.