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La nuova sfida di Alessandro Fabian: “Voglio affrontare l’Iron Man e qualificarmi ai Mondiali”

Alessandro Fabian, è stato ospite di OA Focus, trasmissione che va in onda sul canale YouTube di OA Sport, dove ha parlato delle Olimpiadi vissute da atleta grazie al triathlon, della preparazione per le lunghe distanze e del nuovo equilibrio trovato tra famiglia ed impegno agonistico dopo essere diventato padre per la seconda volta.

Le Olimpiadi vissute grazie al triathlon: “Non sento molto mia la terza Olimpiade, per varie ragioni sono stato a Tokyo come riserva, è stato un boccone amaro, devo dire la verità, infatti nel mio profilo social scrivo 2 e mezzo, sento che non è una un’Olimpiade completa, però se vogliamo dirlo sono stato a tre Olimpiadi, due da partecipante ed una da spettatore, mettiamola così.  Londra è stata la prima Olimpiade, è stata l’Olimpiade un po’ della novità, dove tutto era una novità e mi è piaciuta un sacco, perché quando si vive una prima volta c’è quella innocenza, quella non conoscenza dell’esperienza, che rende tutto un po’ più magico, e questo è stato lo spirito della prima Olimpiade, mentre la seconda è stata un viaggio travagliato, devo dire la verità, perché noi pensiamo all’Olimpiade, ma l’Olimpiade in sé è, come dire, la ciliegina sulla torta di un viaggio che dura 4 anni, perché il ciclo olimpico dura 4 anni, e Rio è stata l’Olimpiade della consapevolezza, che mi ha portato una pseudo sconfitta, perché comunque il mio decimo posto di Londra a Rio volevo migliorarlo, ci sono arrivato vicino, ho fatto 14º, che non cambiava molto, però per me è stato un fallimento, perché non sono riuscito a portare a casa il risultato che volevo, e questa è stato un po’ una difficoltà, mi ha messo di fronte al fatto che per un risultato non raggiunto avrei buttato via tutto il mio percorso, invece da lì ho detto ‘No, piano, vediamo che cosa è andato e che cosa non è andato’, e Rio è stata l’Olimpiada della consapevolezza, mi piace chiamarla così“.

Le Olimpiadi di Rio 2016: “Un mese prima dell’Olimpiade avevo fatto ultimo in una tappa del Campionato del Mondo, e in un mese ho ripreso le redini di questa performance, di me stesso, e sono riuscito comunque a portare a casa uno dei migliori risultati di sempre di un italiano all’Olimpiade e comunque riuscire ad avvicinarmi a quello che avevo fatto a Londra. È stato un anno molto difficile, perché era partita molto bene la stagione, pensavo di sostenerla, ma le aspettative mie, personali, ed altrui, di tutto l’insieme, hanno pesato molto, e questo mi ha portato a vivere con pesantezza la seconda Olimpiade, e quasi non vedevo l’ora che finisse tutto per poter essere libero. Questo è stato quello che mi ha poi dato quella consapevolezza per dire ‘Ok, ma vivo così questa situazione, questa possibilità, o c’è qualche altro modo di vivere l’Olimpiade e tutto ciò che gira attorno? C’è solo il risultato o c’è tanto altro?’ E lì spetta a noi valorizzare quello che che si vuole valorizzare“.

Il percorso che lo ha portato a Tokyo 2020, Olimpiadi vissute, però, da riserva: “Nel 2017 mi ricordo che è entrato nella Federazione un nuovo allenatore straniero, che ha portato una vampata di novità nel mondo della Federazione, e mi ha dato forse una delle occasioni più belle della mia vita, nel senso che mi ha permesso di allenarmi nel suo gruppo, perché lui già prima di entrare nella Federazione come direttore tecnico aveva un suo gruppo di lavoro estero con tanti atleti stranieri, e mi ha permesso di entrare in questo gruppo, dove mi sono ambientato ed ho fatto 4 anni allenandomi con loro in giro per il mondo, perché stavamo fuori più o meno 10 mesi all’anno con ritiri, gare, infatti era molto impegnativo, soprattutto per Valeria, mia moglie, che era abbastanza disperata. Quello è stato un percorso che mi è piaciuto molto, mi è piaciuto di più il percorso in sé che le gare, poi per me il Covid è stato il momento in cui da una terza Olimpiade sicura sono passato a riserva, diciamo, l’anno dopo, quindi per me sono stati 4 anni molto intensi, dove sono, tra virgolette, rinato, quindi in questo caso direi che arrivare a Tokyo 2020 è stato un percorso veramente molto molto entusiasmante, che mi è piaciuto, poi comunque di per sé è stata è stata un’altra Olimpiade che mi ha insegnato altro“.

I cambiamenti dopo Tokyo: “Dopo il 2021 sono passato alle lunghe distanze con il mezzo Iron Man, e da quest’anno con l’Iron Man, ed il 2022 è coinciso anche con la nascita del mio primo figlio, Alvise, che adesso ha poco più di 3 anni e mezzo, e devo dire che già prima era abbastanza difficile gestire il rapporto di coppia a distanza, però si riusciva anche, perché Valeria poteva spostarsi magari nel momento in cui aveva possibilità di vacanze, è un insegnante, ma nel momento in cui è arrivato il figlio e poi due, perché è arrivata anche Costanza a fine 2023, devo dire che è stato molto impegnativo, nel senso che fondamentalmente l’atleta purtroppo deve allenarsi, riposare, mangiare, dormire, cioè deve allenarsi, insomma ci sono poche cose che può fare, ma deve fare quelle, quindi il carico emotivo e fisico della famiglia ce l’aveva soprattutto Valeria, che in questi 3 anni si è presa un po’ di aspettativa, e mi ha aiutato a continuare a fare attività. Adesso, per esempio, i bimbi hanno iniziato l’asilo, Valeria è rientrata a lavoro, e quindi cerchiamo di incastrare, ma penso sia la vita quotidiana di tutti. Certo, l’atleta ha una scusante, da un lato, ma è proprio una necessità, di essere comunque focalizzato completamente nell’attività, e poi si cerca sempre di compensare nella vita, nel senso di trovare un equilibrio, altrimenti sarebbe stato meglio che non avessi fatto figli“.

La preparazione per le lunghe distanze: “Forse in questi ultimi anni apprezzo di più il momento in cui vinco, perché non è più così scontato e così frequente, quindi sicuramente avere la possibilità di vincere ancora adesso è un qualcosa che assaporo. In questo momento mi sono posto una sfida, quella di affrontare l’Iron Man e di qualificarmi per il Mondiale del prossimo anno, non so se ci riuscirò, ma in questo caso è il viaggio, è il mettersi in gioco ed assaporare anche quando non si vince, nel senso che per tanti anni nella mia carriera ho messo di fronte a me il risultato su tutto, e questo ha reso un po’ tutto asettico, ed in questo momento è difficile, per me è una sfida da voler vincere, ma riuscire anche a godermi quello che sto facendo, che non è scontato, e non è semplice, almeno per come sono io, per come sono stato, dove per me la vittoria era tutto“.

CLICCA QUI PER L’INTERVISTA COMPLETA AD ALESSANDRO FABIAN

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