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Garzelli: “Finn talento cristallino, non lo stanno bruciando. Pogacar può superare Sagan, ma occhio a Del Toro”

A conclusione del Mondiale maschile in Ruanda, stravinto ancora una volta dal fenomeno sloveno Tadej Pogacar, abbiamo tracciato un bilancio della rassegna iridata assieme a Stefano Garzelli, vincitore del Giro d’Italia del 2000 e attuale voce di RaiSport. Un Mondiale che ha confermato ancora una volta la superiorità di Pogacar, laureatosi campione del mondo per la seconda volta consecutiva, alle sue spalle Remco Evenepoel (campione del mondo nella prova contro il tempo) e a grande sorpresa l’irlandese Ben Healy.

Ancora una volta un attacco da lontano per Pogacar, che si è dimostrato il numero uno in assoluto. Che Mondiale è stato?
“È stato un Mondiale durissimo, uno dei più impegnativi degli ultimi anni. Il risultato, a dire il vero, era in parte prevedibile: Pogacar arrivava con una grande condizione e su un percorso così selettivo era naturale che venisse fuori il più forte. È vero che la “batosta” presa nella cronometro aveva fatto nascere qualche dubbio sulla sua tenuta, ma con un tracciato così duro era quasi scontato che si sarebbe esaltato. Pogacar non ha solo le gambe, ma anche una grande tranquillità e intelligenza tattica: sa aspettare, sa colpire nel momento giusto. Evenepoel invece ha commesso diversi errori”. 

Senza i cambi di bici, pensi che Evenepoel avrebbe potuto giocarsela o sarebbe cambiato solo il distacco?
“Difficile dirlo con certezza. Nel momento in cui si è sfilato dal gruppo. ho pensato che non ne avesse più, che fosse in crisi. Poi per un attimo ho creduto stesse solo gestendo lo sforzo, ma non è mai riuscito a rientrare davvero. Il cambio di bici è stato un errore enorme: fermarsi senza avere l’ammiraglia dietro è stato un autogol. Doveva restare attaccato in fondo al gruppo e aspettare l’ammiraglia. Nel ciclismo moderno si vedono spesso crolli improvvisi, ma anche grandi recuperi, e lui forse avrebbe potuto rientrare in qualche modo. Così invece ha compromesso tutto”.

I prossimi due Mondiali saranno ancora duri: può puntare al tris consecutivo di Sagan e magari diventare il primo a vincere quattro ori?
“Assolutamente sì. Pogacar è ancora giovane e ha davanti a sé anni per continuare a scrivere la storia. Ha già eguagliato imprese che sembravano irripetibili, e non mi stupirei se puntasse a superare Sagan e diventare il primo corridore con quattro titoli mondiali. Non è solo una questione di talento, ma anche di programmazione e mentalità: Pogacar sceglie bene i suoi obiettivi e ci arriva sempre con la condizione giusta. Questo lo rende davvero unico”.

Ben Healy primo degli “umani”: una sorpresa per l’Irlanda.
“Healy è un corridore che apprezzo molto. Sta crescendo di anno in anno e oggi ha dimostrato di avere grande resistenza. Su percorsi duri come questo, dove non c’è mai un attimo di respiro e si è sempre a tutta, lui riesce a dare il meglio”. 

Che idea ti sei fatto della corsa di Del Toro?
“Del Toro è un corridore che farà parlare molto di sé. Ha provato ad anticipare Ayuso con delle accelerazioni coraggiose, pagando però lo sforzo nella fase finale. Per un attimo sembrava dovesse addirittura ritirarsi, invece ha stretto i denti ed è riuscito a chiudere in top10. Dopo Pogacar credo che lui sia uno dei giovani più promettenti e più vicini a raccoglierne l’eredità”. 

Per Ciccone un 6° posto dignitoso: il tuo bilancio sulla corsa dell’Italia?
“Direi che il bilancio è complessivamente positivo. Ciccone ha fatto la sua parte e il 6° posto vale tanto, vista la durezza della corsa. L’Italia ha corso compatta, con grande spirito di squadra, e più di così onestamente non potevamo chiedere. Certo, l’assenza di Giulio Pellizzari si è sentita, perché il suo talento sarebbe stato importante su un percorso simile, anche se Garofoli ha fatto una prova davvero buona. Adesso speriamo che questa condizione venga confermata e magari migliorata agli Europei”.

I veri rimpianti l’Italia li ha per la gara femminile Elite: pensi che si sia sbagliato qualcosa tatticamente?
“Forse sì. Nel ciclismo moderno se sbagli i tempi e sprechi energie, poi lo paghi caro. Potevamo raccogliere di più, questo è certo. Non è stata solo una questione di Longo Borghini: il problema è che tra le favorite c’è stato troppo tatticismo, e così hanno finito per annullarsi a vicenda. Questo ha aperto la strada ad altre soluzioni e ci siamo fatti sfuggire un’occasione importante”.

Quanti anni serviranno prima che Finn diventi competitivo tra i grandi e che idea ti sei fatto di questo ragazzo?
“Finn è un talento cristallino. Ha un modo di pedalare e soprattutto di vincere che colpisce: sembra farlo con una facilità disarmante. È molto giovane e credo sia fondamentale non mettergli troppa pressione. Il calendario che sta seguendo mi sembra intelligente: non lo stanno bruciando, gli stanno permettendo di crescere passo dopo passo. Rispetto a Seixas, che forse è stato caricato di troppe responsabilità troppo presto, Finn sta maturando più con calma. Ha un motore straordinario e sono convinto che tra qualche anno potrà davvero competere ai massimi livelli”.

Tra una settimana gli Europei: cosa ne pensi di questa scelta di calendario?
“Personalmente non condivido questa scelta. Mettere due eventi così importanti a distanza di pochi giorni non è logico né per gli atleti né per le squadre. A livello organizzativo comporta spostamenti complicati, dal Ruanda alla Francia, e anche per le corse italiane di fine stagione diventa un problema. Sarebbe stato meglio differenziare di più i percorsi o le date. Detto questo, la vittoria di Pogacar al Mondiale crea inevitabilmente grande attesa anche per l’Europeo”.

Cosa ti aspetti da Pogacar agli Europei e al Lombardia?
“Conoscendo Pogacar, penso che voglia vincere entrambe le corse. Ha dimostrato di programmare con cura la stagione e quasi sempre centra gli obiettivi che si pone. Vincere Europeo e Mondiale nello stesso anno sarebbe un’impresa storica e credo ci proverà con tutte le sue forze. E poi c’è il Lombardia, che adora e che vorrà vincere indossando la maglia iridata. Solo dopo si concederà una pausa per ricaricare le energie e cominciare a pensare al 2026 con nuovi obiettivi”.

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