Julio Velasco guru eterno: il miglior allenatore della storia dello sport italiano
Il titolo di Guru spetta soltanto a pochissimi eletti, personaggi di indiscutibile caratura morale e di innegabile competenza in grado di tracciare il solco nel loro campo di elezione. Maestri autentici che hanno innovato, sperimentato, svoltato, rivoluzionato un determinato settore e che rimarranno per sempre degli esemplari monumenti per le generazioni future. Julio Velasco merita questo onore senza il benché minimo dubbio, un’icona assoluta della panchina, un eletto dal punto di vista tecnico.
Non gli piace il paragone con Re Mida, colui che trasformava in oro tutto quello che toccava, visto che avrebbe difficoltà a mangiare, ma nei fatti siamo di fronte a un fenomeno memorabile che può tranquillamente essere annoverato come il miglior allenatore della storia dello sport tricolore. Un tecnico argentino con un legame indissolubile con il Bel Paese, uno dei tre allenatori capaci di essere contemporaneamente Campione del Mondo e Campione del Mondo: come Vittorio Pozzo (calcio, negli anni ’30) e come Ratko Rudic (con il Settebello negli anni ’90). Due sue tre hanno passaporto primario non italiano, aspetto che meriterebbe una riflessione a parte.
Negli anni ’90 forgiò la Generazione dei Fenomeni e vinse due Mondiali consecutivi con la squadra maschile (1990 e 1994), mancando però l’assalto al titolo olimpico. Dopo tre decenni si è seduto sulla panchina della Nazionale femminile, scossa da difficoltà di spogliatoio, l’ha plasmata, ha cambiato volto, ha dato valore a tutti i suoi talenti e l’ha trascinata verso la medaglia d’oro ai Giochi di Parigi 2024 e oggi ha messo le mani anche sul titolo iridato.
Un Commissario Tecnico in grado di salire sul tetto del Pianeta con entrambi i sessi, proprio come il brasiliano Zé Roberto ha fatto con la sua Nazionale ma nelle rassegne a cinque cerchi (nel 1992 con gli uomini, nel 2008 e nel 2012 con le donne). A 73 anni, da leader non solo tecnico ma tattico, da psicologo, da riferimento, da uomo spogliatoio, da uomo tout court. Da Guru, appunto. L’Italia era in ginocchio dopo la gestione Mazzanti per vari dissapori, ma sotto i suoi occhi il gruppo ha saputo riemergere dalle ceneri e ha aperto una striscia di 36 vittorie consecutive che testimonia la grandezza di questa squadra.
Ha dato fiducia alle giovani e a nuovi elementi (si pensi a Stella Nervini), ha sfoderato l’arma micidiale del doppio cambio con Paola Egonu (responsabilizzata e rilanciata moralmente) ed Ekaterina Antropova, ha dato fiducia ad Anna Danesi nel ruolo di capitano, ha avuto il coraggio di rivedere alcuni aspetti tecnici e di rinnovare (ad esempio non convocando Caterina Bosetti e facendo il muso duro con chi ha rifiutato la convocazione come Elena Pietrini, Sara Bonifacio, Marina Lubian e Cristina Chirichella). Maestro.