Massimo Stano lancia la sfida: “Farò 20 e 35 km ai Mondiali. Abbiamo tre giovani fortissimi: alla loro età ero una pippa…”
Massimo Stano si sta rendendo protagonista di una grande stagione, caratterizzata dal record europeo sui 10.000 metri di marcia in pista (37:33.03 a Prato) e dal record del mondo nella 35 km di marcia (2h20:43 a Podebrady in occasione degli Europei a squadre). Il Campione Olimpico della 20 km a Tokyo 2020 si è cimentato anche sulla sua distanza di riferimento, concludendo al quarta posto a La Coruna con il terzo crono della carriera (1h18:25) e dimostrando un ottimo stato di forma.
Il fuoriclasse pugliese, che sta lavorando alacremente per farsi trovare pronto in vista dei Mondiali, previsti a Tokyo nel mese di settembre, è stato ospite dell’ultima puntata di OA Focus, trasmissione del canale YouTube di OA Sport, cominciando a parlare dei suoi inizi: “Ho iniziato a dieci anni con la corsa perché fuori dalle scuole elementari c’erano delle scale, facevo della gare clandestine di velocità e le vincevo quasi tutte. Il mio primo allenatore Giovanni Zaccheo mi ha proposto di fare la marcia, la prima volta dissi di no ma i miei compagni ci andarono e quando tornarono io ero l’unico che non potevo parlarne. Sono tornato dal mio allenatore e ho chiesto di farla, ho fatto la prima gara: sono arrivato quarto, ma primo della mia palestra e ho detto a Giovanni che volevo continuare“.
Il 33enne ha poi proseguito: “Per arrivare a capire di poter indossare la maglia azzurra ci ho messo tempo, ma da cadetto ho fatto un record italiano e mi ha fatto capire che un po’ di talento c’era. La mia prima Nazionale a livello giovanile è stata a Podebrady, poi di poter vincere un oro olimpico lo ho capito soltanto pochi mesi prima delle Olimpiadi. Nella marcia c’è la possibilità di essere squalificati. Io sono stato squalificato da cadetto a un campionato italiano quando stavo stravincendo a 500 metri dal traguardo e per un momento ho smesso, per alcuni mesi non ho più marciato. Ho continuato a marciare per merito di Giovanni Zaccheo, che non mi ha forzato a tornare e poi mi ha proposto una gara di marcia. A Doha nel 2019 presi la pit-lane, ma capii che c’era qualcosa da rivedere sulla tecnica, con Patrizio Parcesepe mi sono messo a lavorare“.
Massimo Stano si è infortunato durante i Mondiali a squadre nel 2024, ma ha stretto i denti ed è riuscito a partecipare alle Olimpiadi di Parigi 2024, chiudendo al quarto posto: “Ho preso una bottiglietta sotto a un piede, mi si è girato il piede e mi sono fratturato la base del quinto metatarso a tre mesi dalle Olimpiadi. Calpestata quella bottiglietta al quarto chilometro (la mia frazione era di dieci-undici chilometri) ho sentito un dolore ma ho pensato di continuare con il pensiero di qualificarsi alle Olimpiadi. Poi è toccato ad Antonella (Palmisano, nd.r.) e sono andato sul lettino dei fisioterapisti: volevo ripartire, ma appena ho messo piede sull’asfalto ho sentito un dolore terribile, volevo ripartire ma il medico della Fidal mi ha detto che se avessi ricominciato non avrei partecipato a Parigi. In quel momento ero a terra ma è stato un momento in cui ho accettato l’infortunio: non ho mai perso le speranze sui Giochi, il mio gruppo mi ha assecondato nella pazzia perché tutti pensavano che fosse impossibile esserci. Ci sono andato, non è andato malissimo considerando il viaggio ma quando arrivi a un secondo dal bronzo c’è un po’ di risentimento”
Un passaggio importante sulla rivoluzione che dal 2026 vedrà le gare di marcia svilupparsi sui 21,097 km (prova olimpica) e sui 42,195 km: “Ho sempre sostenuto che la marcia fosse 20 km e 50 km, era un po’ come se fossero velocità e resistenza. Anche se sono il detentore del record del mondo, la 35 km alla fine è una 20 allungata: ora è più facile doppiare, io non sono mai riuscito a fare una 50. Questi continui cambiamenti non tengono conto dell’essenza della disciplina, ma si pensa solo ai tempi televisivi e a quanto può essere spettacolarizzato. Anche nella staffetta mista io da dentro non capivo niente, figuriamoci da fuori: è un po’ troppo confusionario. L’idea poteva anche essere buona, ma doveva esserci una grafica con tempi, temperature, spiegazioni. Se si vuole rimanere nell’essenza della marcia devono esserci 20 e 50 km, da 20 a 21 km perché? Se mi dicono che durano troppo le gare perché mi aggiungono un chilometro? Noi non sappiamo come poter fare cambiare idea alla Federazione. Sul programma olimpico c’è già la 21 km, magari andando a stuzzicare il can che dorme ci tolgono anche quella. Il nostro problema è che c’è una giuria: quanto posso intervenire senza essere penalizzato in gara? Per la 50 km abbiamo fatto qualche manifestazione, ma poi ce l’hanno tolta lo stesso. O facciamo qualcosa di clamoroso, oppure…”.
Il programma verso i Mondiali previsti a settembre è molto chiaro e a Tokyo lo vedremo sui 20 km e sui 35 km: “L’avvicinamento ai Mondiali è molto semplice: il 21 luglio andremo in altura a Roccaraso, facciamo quattro settimane lì, torneremo a Ostia e andremo direttamente a Tokyo. Sarò impegnato su entrambe le distanze: penso di poter sostenere la doppia gara, specialmente dopo l’esperienza di Budapest dove mi sono ritirato nella 20 km. Tornerò contento se mi sarò divertito e avrò dato al 100%, non voglio parlare di risultati: non bisogna crearsi troppe aspettative altrimenti non ti godi il viaggio e il risultato finale, la missione è divertirsi perché se mi diverto so di essere performante“.
Il futuro della marcia italiana sempre estremamente promettente: “Giuseppe Disabato è l’atleta più sotto i riflettori, ma ci sono altri atleti come Coppola e Vidal: se penso a Massimo Stano alla loro età, io ero veramente una pippa. Sono contento che ci sia stata un’evoluzione della marcia. Al femminile abbiamo Giulia Gabriele. È bello sapere che dietro di me c’è un ricambio generazionale e spero che siano anche più forti di me. Lo spirito di emulazione sicuramente è importante per i giovani, io vedevo Giorgio Rubino e Alex Schwazer“.
Un passaggio anche sul record del mondo siglato in primavera nella 35 km: “Con il mio allenatore sapevamo che la condizione era alta, ma non sapevamo di poter fare il record del mondo. Insieme a lui ho deciso di avere un approccio tranquillo e di provare a vincere, non siamo partiti per fare il record del mondo: ho gestito i primi 15 km e ho chiuso gli ultimi 20 km in 1h19:06, tempo con cui non mi sarei piazzato sul podio della 20 km del pomeriggio. A Podebrady c’era un meteo perfetto per fare una prestazione di questo calibro, ho capito che se voglio fare un record del mondo non devo partire per farlo“.
Chi è Massimo Stano?: “Sono una persona semplice, un padre di famiglia, un marito, un amico, una persona normale come tutti gli altri, poi quando si mette le scarpette diventa un super eroe come gli altri. Quando le tolgo mi piace scherzare, stare con gli amici, la normalità fa parte di me ed è bello vivere la normalità. I miei figli sono le medaglie più belle che ho mai vinto, l’atleta dipende dalla persona che si è: le due cose sono collegate, il mio allenatore dice sempre che prima si interessa della persona e poi dell’atleta“.