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Azzurri protagonisti ma non sfavillanti a Samorin: luci e ombre di un Europeo juniores di nuoto che racconta l’Italia che verrà

Ogni podio è una storia. Ma anche ogni quarto posto, ogni record personale, ogni frazione perfetta in una staffetta che vince per quattro centesimi o per mezza bracciata. A Samorin l’Italia juniores non ha vinto tantissimo, come era accaduto nelle ultime due stagioni, ma ha mostrato carattere, profondità tecnica, giovani già pronti al grande salto e giovanissimi da scoprire e da far crescere. È da qui che l’Italia del nuoto del futuro riparte, più consapevole e ancora affamata.

È inevitabile il confronto con le ultime edizioni per numero e qualità di medaglie se si deve analizzare l’andamento dell’Italia nel Campionato Europeo juniores di nuoto di Samorin. Il confronto è quasi impietoso: 25 medaglie lo scorso anno, con 13 ori e il primo posto nel medagliere, 21 medaglie a Belgrado nel 2023 contro le 14 medaglie di questa edizione e i quattro ori di Samorin: sembrano un bottino risicato ma non è così e basta fare un passo indietro per capirlo.

L’Italia è tornata ai livelli pre-2023 e bisogna dire che negli ultimi 10 anni per ben tre volte la spedizione azzurra agli Europei juniores ha raccolto un bottino inferiore a quello di quest’anno e per tre volte molto simile (15 o 16 medaglie): era l’Italia dei Ceccon, delle Pilato, dei Burdisso e dei Miressi, tanto per fare qualche nome: tutta gente che poi si è tolta qualche soddisfazione in giro per il mondo.

Ad aggiungersi a questi dati va detto che un fattore importante è, rispetto agli ultimi due anni, il ritorno in gara della squadra russa, che esprime come sempre giovani di altissima qualità e che quest’anno la squadra britannica si è presentata con diverse frecce al proprio arco, puntando su questa manifestazione come non aveva fatto nelle ultime stagioni e le 19 medaglie, i nove ori e il primo posto nel medagliere, con un paio di prospetti davvero interessanti, lo stanno a dimostrare. In più l’Italia ha rinunciato a qualche elemento che sicuramente avrebbe alzato il tasso tecnico (e avrebbe indubbiamente aumentato i podi) della spedizione come Carlos D’Ambrosio, tanto per fare un esempio, lasciandogli preparare il Mondiale di Singapore dove potrebbe recitare un ruolo da protagonista.

Come spesso capita, poi, nell’anno in cui ci sono anche i Mondiali non sempre gli azzurri più ambiziosi arrivano al massimo della condizione a questo appuntamento, sapendo che a fine agosto (fra un mese e mezzo) c’è l’evento più importante che, per molti dei giovani azzurri, è la manifestazione conclusiva del ciclo giovanile e mantenere lo stato di forma per così tanto tempo non è semplice. Questo spiega qualche calo di condizione nell’arco dei sei giorni di gara per alcuni degli atleti azzurri.

Prosegue l’abbondanza nella velocità dello stile libero, sia maschile che femminile, ma la vera notizia positiva sono i 200 stile libero, soprattutto in campo femminile. Il grigio post-Pellegrini, con tutte le problematiche che ha presentato, potrebbe essere al capolinea: il movimento sta esprimendo un bel gruppo di specialiste che hanno portato la staffetta al successo, capitanate da Nannucci che ha vinto l’oro individualeUn segnale inequivocabile di salute è proprio la presenza dell’Italia su gran parte dei podi delle staffette. Tre ori su quattro arrivano dalle gare a squadre e la profondità del movimento è certificata dal fatto che tutte le formazioni azzurre, sia al mattino che nelle finali, si sono comportate al meglio possibile e non è un dato scontato.

I tre punti di riferimento a livello individuale di questa spedizione azzurra sono i più medagliati: Bianca Nannucci, che ha vinto l’unico oro individuale battendo tutte le rivali nei 200 stile libero, Emma Vittoria Giannelli che è salita su tutti e tre i podi (due argenti e un bronzo) del mezzofondo e Daniele Del Signore che ha sfiorato l’en plein nel dorso, conquistando due argenti nei 50 e nei 200 e chiudendo quarto nei 100. Non mancano certo altri protagonisti di prospettiva, a partire da Alessandra Mao che, a 14 anni, se l’è giocata con atlete di 4 anni più “vecchie” rispetto a lei e ha portato a casa il personale e record italiano ragazze nei 50 stile e le medaglie d’oro nella 4×200 e gli argenti nella 4×100 donne e nella 4×100 stile libero mista.

Se il medagliere dice meno rispetto agli anni scorsi, alcune specialità hanno mostrato segnali di crescita interessanti, soprattutto in prospettiva futura. Il bilancio dunque non è negativo ma qualche aspetto va approfondito magari per riuscire a lavorare bene nel futuro. È il caso della rana maschile, disciplina dove da anni si attende un ricambio all’altezza del valore espresso a livello assoluto. Per il terzo anno consecutivo l’Italia non esprime ranisti di qualità nella velocità ed è molto strano in un paese che può contare sul campione di tutto, Nicolò Martinenghi, su un plurifinalista mondiale come Cerasuolo o un protagonista assoluto del panorama come Ludovico Viberti.

Dopo alcune edizioni sottotono, però, a Samorin si è distinto Michele Longobardo, classe 2008, che ha firmato due volte il record italiano juniores nei 200 rana, salendo anche sul podio con un bronzo prezioso. Il crono di 2’10″88 lo colloca già oggi tra i migliori dieci performer italiani all-time della distanza. Pur non trattandosi di una medaglia d’oro, il valore assoluto della prestazione è da considerare una delle notizie migliori della rassegna e Longobardo potrebbe fare il paio con Christian Mantegazza che sta crescendo a vista d’occhio e potrebbe diventare un esponente importante proprio dei 200 rana.

Il dato numerico delle medaglie testimonia in parte la centralità della componente femminile, con le donne che hanno contribuito a 10 dei 14 podi italiani. Oltre a Nannucci, Giannelli e Mao, spicca la continuità di rendimento di Alessandra Leoni e Caterina Santambrogio, determinanti in tutte le staffette in cui sono state impiegate, spesso decisive nelle frazioni finali. In particolare, la prestazione della 4×100 mista femminile nell’ultima giornata — oro con un margine di soli 4 centesimi sulla Germania — ha messo in luce anche la tenuta mentale di un gruppo giovane ma già maturo.

Meno brillante del previsto il rendimento azzurro nelle prove individuali dei 100 metri, una distanza che tradizionalmente ha offerto soddisfazioni agli azzurri juniores. In campo maschile, nonostante l’ottavo posto in finale di Gabriele Valente, i tempi restano ancora distanti dal livello internazionale d’élite. Anche al femminile, l’unica finalista Alessandra Leoni ha chiuso sesta, e la sensazione è che in queste gare manchi ancora un’accentuata esplosività nelle fasi centrali.

Spesso una classifica non racconta tutto, e in più di un’occasione gli atleti italiani si sono fermati ai piedi del podio con prestazioni di valore. I quarti posti di Daniele Del Signore nei 100 dorso (dopo due argenti nelle altre distanze), o di Irene Burato nei 100 rana, sono risultati che dicono di una squadra compatta, a volte beffata per pochi centesimi ma sempre in corsa. Sono anche il segnale di un movimento profondo, capace di portare in finale atleti diversi, anche in un’edizione non dominata come quella del 2025.

In sintesi, l’Europeo di Samorin restituisce un’Italia meno appariscente rispetto al passato recente, ma ancora ricca di individualità e talenti emergenti. I segnali incoraggianti del movimento maschile, l’ottimo rendimento delle staffette, il valore delle giovani come Mao e la capacità di rimanere competitivi anche in condizioni meteo difficili lasciano spazio a un cauto ottimismo in vista delle prossime stagioni. Il gruppo di Menchinelli ha mostrato compattezza, resilienza e una buona base tecnica su cui lavorare.

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