Jannik Sinner perseguitato dai media stranieri: domande continue sul Clostebol. Le risposte lucide del n.1
Non è una sorpresa, ma bisogna prenderne atto. Nei primi giorni di quest’edizione di Wimbledon, Jannik Sinner non ha dovuto preoccuparsi solo di battere l’avversario che di turno in turno si presentava per giocargli un brutto scherzo, ma anche del pressing costante e forse anche un po’ fastidioso, dal suo punto di vista, dei media stranieri sulla vicenda “Clostebol”.
Jannik, probabilmente, sperava che sulla questione fosse stato messo un punto e invece dai colleghi di altri Paesi presenti in sala stampa a Londra un quesito su questo caso non manca mai. Al termine del match vinto vittoriosamente contro Luca Nardi all’esordio, c’è stata una domanda sull’accoglienza che avrebbe potuto essere diversa dopo il “doping-ban”.
“No, non ho avuto nessun problema con l’accoglienza delle persone. Penso alla fine si siano anche un po’ dimenticati di quello che è successo e negli spogliatoi ho sempre avuto buoni rapporti con gran parte dei giocatori. Credo si sia capito che è stato un errore, che sono un atleta pulito. È il passato“, aveva risposto l’azzurro, riservando poi al termine dello spazio concesso ai giornalisti un’occhiataccia a chi gli aveva posto il quesito.
La storia si è ripetuta ieri, dopo l’affermazione contro l’australiano Aleksandar Vukic. Un collega polacco ha tirato in ballo il caso di Kamil Majchrzak, protagonista tra l’altro in quest’edizione 2025 di Wimbledon per gli ottavi di finale raggiunti, squalificato (in un primo momento per 4 anni con la sanzione poi ridotta dopo l’appello a 13 mesi) per un episodio di contaminazione di una bevanda isogonica che il giocatore aveva cominciato ad assumere da settembre 2022. “Vedere altri tennisti che possono scendere in campo nelle stesse circostanze che ho vissuto io non mi porta né pace né serenità“, aveva commentato rispetto a quanto accaduto con Sinner.
Da sottolineare però la diversità delle due situazioni, parlando di un’assunzione diretta di una bevanda per il polacco, che ha sostenuto a propria discolpa la mancanza sull’etichetta della sostanza proibita riscontata dai test. L’evoluzione della contaminazione di Jannik si articola in maniera decisamente differente.
Ebbene, la domanda si è articolata sul vantaggio di aver avuto a sua disposizione dei legati di alto livello in grado di aiutarlo nell’iter processuale: “Sono stato in grado di assumere degli avvocati molto bravi perché ho disposizione fondi che altri giocatori non hanno e che ho guadagnato grazie ai miei risultati. Ho affrontato lo stesso tipo di processo degli altri giocatori nella mia stessa posizione. Forse la mia difesa è stata più efficace perché ho avuto persone più brave intorno a me. L’ITIA si prende sempre del tempo per rispondere a tutti, so che ci sono state delle decisioni controverse in passato ma il mio caso è stato analizzato in dettaglio in molte circostanze e la mia innocenza è stata provata“, le parole dell’azzurro.
E sul fatto di mettere a disposizione anche dei giocatori meno facoltosi avvocati che possano garantire una valida difesa: “Se una cosa del genere può aiutare, sarei felice di farlo. Ma non è questo il caso. Ripeto, se la stessa cosa mi fosse successa quando avevo 18 anni, probabilmente non sarei stato in grado di difendermi come ho fatto adesso perché avevo i fondi necessari per costruire una grande squadra“.
Ci sarebbe da precisare, a valle di tutto, che un tennista in conferenza stampa sarebbe tenuto a rispondere solo a domande relative alla partita disputata. Pertanto, l’attenzione che si vuol dare a situazioni extra non vi dovrebbe rientrare e l’atleta sarebbe perfettamente legittimato a non rispondere. Tuttavia, Sinner ha dimostrato la sua grande professionalità, lasciando intuire un po’ di fastidio.