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Monaco: “C’è un limite nel tennis di Berrettini. Alcaraz ancora convalescente, problema di motivazioni”

Dario Puppo, in compagnia di Massimiliano Ambesi e Guido Monaco, è stato come sempre protagonista dell’attuale versione giornaliera di TennisMania, il programma in diretta sul canale YouTube di OA Sport. Due le parti principali: ovviamente Madrid come torneo, poi Alcaraz nella questione della serie Netflix.

Primo tema importante legato a chi prolunga di parecchio la propria carriera: “Quanti over 35 sono rimasti? Guardavo con simpatia anche Nishikori che si è ricostruito una classifica. Monfils in questo torneo ha rinunciato, Wawrinka non ha la classifica per giocarlo. Qualcuno, oltre a devastarsi il fisico e rovinarsi l’immagine di ottime carriere, si diletta in dichiarazioni fuori luogo. Non c’è molto da aggiungere. La mia ‘crociata’ contro gli over 35 prosegue indefessa e sempre più convinta. Magari poi uno fa un bel torneo, vince due partite, bravissimo? Poi? Si ritira, rovina un po’ il torneo? Questa gente ha messo a posto generazioni a livello economico, ha fatto grandi cose da quasi vent’anni (e già una decina d’anni è tanto, verso i 15 è un miracolo, verso i 20 diventa patetico: non è più passione per lo sport, è accanimento terapeutico a tutti gli effetti). Non hanno un amico, perché Djokovic è 5, ha fatto finale a Miami, tutte cose legittime, ma non è più una questione di classifica, è il senso. Quando hai una vita davanti, una famiglia, dei bambini, e non riesci a far altro che andare a giocare a tennis… ero convinto che non capitasse a Nadal ed è capitato a Nadal, ero convinto che non capitasse a Djokovic e sta capitando a Djokovic. Ed è una questione di pateticità. Chiaramente qui è mancato Federer 2019, avrebbe avuto quel momento. Nadal ha avuto non uno, ma due momenti, e Djokovic forse ancora peggio, perché quando vai a vincere in quel modo lì l’ultimo torneo importante. Il mondo va avanti lo stesso, certo, ognuno della propria vita fa quel che vuole, ma le bastonate ve le meritate. Provo un senso di fastidio, dispiacere, delusione per queste situazioni che vanno a falsare i tornei. Con Djokovic non siamo ancora a questo livello, ma con Djokovic con tutto quello che ha vinto il ragionamento è ancora peggio“.

Ancora su Djokovic: “Non sottovalutiamo la lucidità. Lui si è avvicinato spesso a questi tornei con proclami abbastanza importanti, poi perde con Arnaldi, di cui poi parleremo, e dice ‘sarà la mia ultima volta qua, devo accettare il ciclo della vita’. C’è una disparità di comportamenti e dichiarazioni che colpisce. Vero che lui ha avuto altre stagioni sulla terra complicate in carriera anche da più giovane, però quelli erano casi in cui doveva trovare la condizione e inseguiva qualcosa. Adesso cosa sta inseguendo? Se vince Parigi, vince Wimbledon cosa cambia della grandezza? L’ho fatto anche con Nadal questo discorso ed è finito com’è finito. Cambia zero. Rischia di farsi male, perdere partite, offuscare un pochino, che poi non offuschi niente con questi fuoriclasse. Ma anche Fognini stesso. Non va bene“.

Focus su de Minaur e Rune, che si sposta anche sulla questione Slam: “Abbiamo sempre detto di caratteristiche. Alex de Minaur vive di tre fasi: entra nel circuito da combattente, con grande carica agonistica, e non ha un colpo; poi una di crisi, e poi una in cui si stabilizza tra il 20 e il 30, e la gente dice ‘ma dove va?’, poi il suo gioco diventa molto più aggressivo e mantenendo il suo modo di stare in campo si spinge fino ai 10. Che non credevo possibile fino a poco tempo fa, perché lui ha zero semifinali Slam (come Rublev per motivi diversi). E fai fatica a immaginarlo vincere un grande torneo. Ha dei limiti, e le bastonate prese da Sinner hanno aggiunto un po’ di quest’immagine. L’altro giorno il bambino spaesato sembrava Sonego, che ha iniziato la partita alla grandissima, perde il secondo game e prende una sequenza di 20 punti a 3 e non ci capisce niente. E stava succedendo anche a Cobolli il giorno prima con Rune che sfondava la palla, poi vince quel game e già a quel cambio campo il danese si toccava la gamba. Poi Cobolli non sbaglia una palla e forse fa venir voglia a Rune di mollare la partita. Il danese è un giocatore che, dopo aver vinto un 500 battendo Alcaraz, può permettersi di dire ‘non rischio niente perché c’è Parigi’. E il problema di questi 14 ritiri è questo. Quinto Slam, aumento i campi, aumento i soldi, ma nella testa dei giocatori per lo Slam non si rischia niente. Tanti si sono ritirati precauzionalmente. Fa specie in un torneo con otto milioni di euro in palio, non bruscolini. Purtroppo è così. Chiudendo su de Minaur, rimane strutturalmente un giocatore leggero. Cioè quando trova Sinner o Berrettini, quelli che mettono tanto peso sulla palla, lì va un po’ a soccombere. O anche un giocatore fotocopia, uno Djokovic in forma, sembrava non avere armi“.

Dovuti i complimenti ad Arnaldi: “A inizio torneo dicevamo che sotto era più forte il tabellone, e ora si sono aperte due voragini. Arnaldi ha il gioco da exploit, che aveva già dimostrato. Bravissimo perché nei primi game con il proprio idolo davanti è difficilissimo, ma quando ha capito che la palla di Djokovic non faceva così male si è concentrato sul gioco e sull’impresa che stava facendo, ed è stato molto bravo“.

Altre figure italiane non prendono lo stesso spazio: “Darderi di dritto ti può fare molto male. Sembrava pari o poter avere qualcosa in più, poi non ha sfruttato un passaggio a fine primo set e lì si è un po’ spento. Però c’era qualcosa che non andava, non accettava lo scambio lungo. Peccato, il tabellone era molto interessante. Era in una crisi piuttosto nera, ha dimostrato che con la terra, al 100%, nei 50 può stare tranquillamente“.

A tutto campo sugli italiani: “Associo spesso Arnaldi a Cobolli. Atleticamente sono tra i primi 5-10 del circuito. Oggi tra mettersi dietro e remare e tirare ogni palla ci potrebbe anche essere qualche sfumatura di grigio. Se riescono, mentre trovano un equilibrio, a trovare soluzioni, possono rimandare tante palle, coprire il campo alla grandissima, e questo diventa veramente un valore straordinario. Musetti ha sempre giocato in attesa. Ad esempio Cobolli parte molto forte. Musetti alza la traiettoria, cerca di allontanare il giocatore, ma così rischi di far venir voglia all’avversario di fare serve&volley, vedi Alcaraz alcune volte a Montecarlo. A un certo punto avevo paura per Berrettini: con Giron aveva perso 2 volte su 2, evidentemente patisce il gioco di Giron. Dopo il problema però si è sciolto: se c’è un limite nel tennis di Berrettini è l’utilizzo a volte eccessivo della forza, che lo espone a infortuni e non sempre è così efficace. Poi l’altro non ha più centrato il campo (e non si può star fermi 17-18 minuti tra un set e l’altro). Giocando più morbido ha trovato giocate che nei primi due set, molto contratto, non trovava. A Giron quasi dava più fastidio il servizio lavorato più lento che quello al massimo. Andrebbe fatta una riflessione a seguito di questo set. Il problema è che sta tornando fuori la fragilità. Ricordiamoci sempre che questo ragazzo va tenuto molto sotto controllo. Non so il senso di giocare domani con Draper in queste condizioni, in proiezione Roma. La terra è molto adatta al suo gioco, però sui punti facili… sul cemento arrivano più punti facili, qui devi lavorarti di più. Quel punto di vista lì espone il suo corpo a più traumi e stress. Quando ti fai male entri in una bolla di concentrazione in cui ti dici ‘posso fare queste due cose, devo farle bene’, peraltro l’altro era alla neuro. Sicuramente c’era anche l’infortunio“.

Alcaraz, parte 1: “Quando questo dubbio lo insinuano quelli vicino a te, ti infastidisce. Ci sta raccontarlo, c’è l’ossessione dei grandi per arrivare ai record che però non è sana. Il suo approccio allo sport secondo me è anche un buon messaggio: è più sano, magari lui ha bisogno di più giorni di stacco, troverà un equilibrio. Però è anche bello vedere uno ‘mammone’, ha comunque ancora 22 anni. Vivevamo tutti fuori casa a 22 anni? La vera operazione di marketing è che loro partono da una premessa: lui avrebbe i mezzi per diventare il più grande di sempre. Lui stesso dice ‘voglio diventare il più grande di sempre’. Se lo vuoi, certe licenze occhio che non te le puoi prendere. Potevano dirlo un minuto della serie e finirla lì. Incentrare tre puntate su quello a chi giova? A Alcaraz che passa per uno poco professionale, quando non lo è? Vero, quelle storie devono avere un fil rouge, però ci sono andati giù spesso“.

Alcaraz, parte 2: “E infatti la crisi coincide con il post finale olimpica. Dice che aveva un momento in cui non gli andava più di giocare a tennis, che si protrae almeno fino all’Asia e poi anche alle Finals. Nella testa dei giocatori dopo gli US Open la stagione è un po’ finita. Se prendi Cincinnati e US Open 2023, fa la finalona e la semifinale. Se prendi il 2024, perde una partita con Monfils in cui rompe la racchetta e poi perde con van de Zandschulp. Dopo gli US Open se non sei Sinner, uno come Alcaraz, che non ha quell’attitudine, in una parte della testa la stagione finisce. La vera crisi è nei due mesi del periodo post olimpico, il resto sono alti e bassi fisiologici per uno come lui. Dopo Parigi c’è una crisi motivazionale dove lui non ha voglia di andare ai tornei. La sua anomalia è: vive una crisi terribile, ma è talmente forte che appena ritrova un filo di voglia di giocare fa sfracelli. In realtà non è uscito dalla crisi: ha trovato una settimana che gli basta per vincere un torneo così importante. Aleggia però questo rischio di mancanza di motivazioni. Anche se vince Rotterdam, lui è convalescente. Non ha vissuto questi mesi bene, ma perché ha delle fragilità e sono conseguenza di quel periodo di crisi molto forte. Lui perde le sicurezze, anche se ha di nuovo voglia i risultati dei primi 4 mesi fino a Montecarlo per uno come lui sono insufficienti. A Indian Wells come fa uno come lui a entrare in campo con Draper e prendere 6-1? Non è normale. E non puoi avere un fantasma quando batti due volte un giocatore a Wimbledon (Djokovic, ndr). Lui dopo un periodo di crisi ha un periodo di convalescenza che dura fino a Montecarlo, da lì parte un percorso in cui, lanciato, fa finale a Barcellona, ma non è ancora guarito. E non sto parlando dell’alto-basso del suo gioco, sto parlando di uno che perde le sicurezze. La partita che non ci sta mai che perda è quella con Djokovic in Australia. Mi viene difficile che lui abbia una difficoltà con lui dopo aver vinto due volte in finale a Wimbledon. Indipendentemente dalla stima, questa serie qua sarà uno dei motivi per cui lui un giorno cambierà gestione, tra un anno, un anno e mezzo, due“.

Chiosa finale su Cinà, wild card ed evoluzione: “Queste wild card che ho apprezzato il giusto, per come s’è sviluppata l’esperienza dei suoi tornei, gli lasciano qualcosa: ha giocato, ha vinto, se questo è buono com’è buono il problema sarà, dopo Roma, di ritornare nei Challenger. Sono sicuro che ha le persone giuste per dirgli ‘ok, adesso rimboccati le maniche che per sei mesi abbiamo quella roba lì’. A volte non è facile. Consideriamo anche che se dai 13 in poi, sarebbe meglio 15, ma dai 13 in poi, per com’è strutturata la scuola italiana, tra orari di scuola, interrogazioni e tutto, vai a fare il conto di quello che hai speso, o lo mandi all’accademia che sia il posto giusto, o meglio che resti in Italia dove ci sono tanti maestri bravi. Se il ragazzo ha la passionaccia, neanche si pone il problema. Lì deve intervenire la famiglia, perché al ragazzo del resto non gliene frega nulla. Io vivendo dove vivo ho ragazzi che hanno portato avanti i due sport insieme, tennis e sci. Il lato comune è che devi avere una famiglia o uno sponsor che ti copra: o sei precoce o diventa difficile. Sul lato tecnico occhio al set up delle corde, perché quello sta diventando importante nel tennis. E intendo anche il bilanciamento della racchetta. Chi non si affida a professionisti, e sono molti, rischia di mettere a repentaglio la salute del ragazzino: se gli dai in mano un attrezzo sbagliato vai a fare dei danni grossi su colpi e articolazioni“.

GUARDA LA PUNTATA COMPLETA DI TENNIS MANIA

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