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America’s Cup senza appeal: Luna Rossa e Athena uniche sfidanti, i ritiri di Ineos e Alinghi, le difficoltà per la location

Per più di un secolo e mezzo la America’s Cup è stata una competizione unica nel suo genere, capace di conservare un fascino immutato nonostante il trascorrere del tempo. La competizione sportiva più antica del mondo è sopravvissuta ai decenni che si susseguivano, non si è fatta scalfire dagli eventi, ha mantenuto intatto il proprio blasone ed è sempre stata vista come qualcosa di mitico, un baluardo dell’antichità, un simulacro di riferimento per tutti gli amanti dell’agonismo.

Una manifestazione sui generis caratterizzata da spionaggi, litigi, battaglie in mare. Un romanzo vero e proprio ad affiancare la manifestazione sportiva, oltre che la sfida ingegneristica e nautica. Nata nel 1851 è stata stravolta dalla tecnologia, ma è sempre stata visto come il confronto più puro basato su dettami cavallereschi di tempi andati, conservati con tanto scrupolo. D’altronde quali altri eventi si basano su un detentore del trofeo che decide le regole e il campo di gara, accettando la sfida di qualche impavido coraggioso?

La componente economica ha sempre avuto un peso enorme e negli ultimi anni è diventata esasperante, la Coppa America ha ricevuto l’interesse di sponsor di primaria importanza internazionale e la presenza di Luna Rossa ha generato un’interesse smodato alle nostre latitudini. Siamo però arrivati a quello che potrebbe essere un punto di non ritorno: la America’s Cup ha perso il appeal secolare? Il fascino che impernia l’evento si sta sciogliendo come neve al sole?

Le notizie delle ultime settimane sembrano corroborare questa ipotesi: INEOS Britannia e Alinghi hanno annunciato che non prenderanno parte alla prossima edizione della massima competizione velica. Il sodalizio britannico è stato finalista dell’ultima edizione, era sostenuto dai milioni di Jim Ratcliffe e aveva più volte dichiarato di  voler puntare in alto; la compagine svizzera aveva trionfato nel 2003 e nel 2007, era tornata in acqua lo scorso anno e sembrava avere un progetto a lungo termine,

Un doppio forfait che pesa tantissimo sulla America’s Cup, sono saltati due pezzi importanti di un puzzle che si sta sgretolando e il campanello d’allarme è inevitabile. Team New Zealand dovrà difendere il titolo, ma deve ancora decidere la location: il CEO Grant Dalton ha parlato della Grecia (Atene sembra in pole position) e dell’Italia (ma ci sono pochi dettagli), senza però scartare l’ipotesi mediorientale (leggasi Jeddah, Arabia Saudita) se l’offerta economica dovesse essere irrinunciabile.

Tutto partendo dal presupposto che per la seconda volta consecutiva non regateranno ad Auckland perché il Governo non ha garantito i fondi: trovare una sede sembra un compito sembra un compito sempre più complesso, lo studio fatto sugli introiti garantiti lo scorso autunno a Barcellona è stato estremamente positivo ma evidentemente non viene letto con molta attenzione.

Al momento soltanto Luna Rossa (e andrebbe ringraziato sentitamente Patrizio Bertelli per crederci con l’anima) e i britannici Athena Racing (Challenger of Record con Ben Ainslie alla guida, ma con diversi punti interrogativi sulle coperture economiche) hanno confermato la loro presenza come sfidanti. Probabilmente si aggiungeranno gli statunitensi di American Magic, ma la situazione è tutt’altro che rosea.

Cosa faranno i francesi di Orient Express? Altri nomi sembrano molto improbabili. E poi la domanda finale: si gareggerà davvero nel 2027? Mancano due anni, non c’è una location, non è stato firmato un regolamento, gli sfidanti sono pochi. Peter Burling ha lasciato i Kiwi dopo tre trionfi, ma se non cambieranno il punto del regolamento che riguarda i passaporti dei velisti non potrà accasarsi altrove. Altro punto di discordia che fa parte del romanzo della America’s Cup, ma la competizione è in acclarata difficoltà.

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