Dino Salvoldi: “Su pista servirà pazienza. Finn può diventare un ottimo professionista, ma vedo bene diversi ragazzi”
Dino Salvoldi è uno dei tecnici più esperti e vincenti dello sport azzurro. Da questa stagione e per il prossimo quadriennio sarà alla guida della Nazionale su pista maschile e si occuperà di tutta la filiera: dagli juniores – che seguirà anche su strada – agli Under23 fino ad arrivare ai professionisti. Un ct silenzioso, schivo, di poche parole, ma sempre vincente. Un maestro. Nella sua ottica di allenatore, da sempre non sono state le medaglie o i numeri a contare, ma la crescita di ogni singolo atleta.
Sei felice di questo nuovo incarico? Quali sono le prime sensazioni?
“Capisco la scelta. I grandi nomi della pista per i prossimi anni, al momento, sono più focalizzati sulla strada, quindi c’è la necessità logica di lavorare con i giovani. Bisognerà creare una nuova generazione e un nuovo gruppo di lavoro, senza troppa pressione. E’ un viaggio tutto da scoprire, non sarà facile soprattutto se si pensa di partire con l’idea di ottenere i risultati a cui siamo stati abituati in questi anni, ma ci rimboccheremo le maniche e partiremo con un gruppo misto tra giovani e più esperti”.
Sei stato confermato anche alla guida degli juniores su strada. Questo vuol dire poter proseguire un percorso virtuoso. Cosa hai cambiato nel sistema in questi anni?
“Sono felice e non era scontato che fosse così, ma ho chiesto espressamente di poter mantenere anche gli juniores su strada perché questo permette di poter reclutare i migliori atleti anche a favore della pista; poi questa logica, man mano che si va avanti, diventa più difficile. I ragazzi sono sempre sul pezzo, informati e hanno bisogno di un costante scambio di informazioni e quindi questo ti obbliga ad essere continuamente aggiornato per poter dare le giuste risposte alle loro curiosità, senza farsi trovare impreparati.
Al di là sei risultati, è stato fatto un buon lavoro di riformazione a livello tecnico: non che prima i direttori sportivi fossero impreparati, ma siamo riusciti in parte a portare un contesto di programmazione per obiettivi durante la stagione”.
Lorenzo Finn è stato il fiore all’occhiello della tua gestione finora. Lo immagini nei prossimi anni a lottare per Giro e Tour? Dove deve ancora migliorare?
“Potenzialmente Lorenzo può diventare un ottimo professionista nelle gare più impegnative come quelle a tappe. Sicuramente migliorerà sulla tenuta nel corso dei giorni, ha una buona abilità in gruppo e penso che sulla tattica possa imparare ancora tanto, ma questo viene con l’esperienza”.
Tra gli juniores, c’è qualche altro nome che pensi possa avere delle prospettive importanti nelle corse a tappe?
“Di quelli che ho visto in questi tre anni secondo me Matteo Scalco è un buon corridore e quest’anno ci sono un paio di ragazzi molto interessanti in prospettiva di corse a tappe come Roberto Capello e Giacomo Rosato”.
Lo scorso anno il quartetto juniores stabilì un record del mondo strabiliante: sono ragazzi che possono far ben sperare in vista di Los Angeles…
“Bisogna portare questi ragazzi a correre tra gli élite e bisognerà dargli degli obiettivi e fargli fare tanta esperienza. I risultati non saranno quelli di questi ultimi anni, ma è un ciclo ed è normale che sia così”.
Davide Stella, Juan David Sierra e Luca Giaimi: saranno loro i pilastri della pista italiana nei prossimi anni? E pensi che possano diventare competitivi anche su strada?
“Potrebbero diventarlo insieme ad altri, ma ci vorrà il giusto tempo. Bisognerà capire quale sarà la disponibilità delle squadre per farli venire in pista a lavorare con una continuità, avere dialogo, ma credo che anche le altre nazioni siano più o meno nella stessa situazione”.
Quello che l’Italia ottiene su pista ha del miracoloso, perché mancano le strutture. Tanti ragazzini vorrebbero praticare questo sport in varie parti d’Italia, ma non ci sono velodromi coperti. Qual è il tuo pensiero?
“E’ un limite evidente che purtroppo abbiamo e su pista manca un calendario gare efficiente.
Montichiari è un centro federale per la preparazione della nostra Nazionale, ma senza altre strutture diventa impossibile costruire un calendario ad hoc soprattutto per lavorare su specialità come l’Americana o l’Omnium. Con la presenza di più strutture dedicate ci sarebbe dunque la possibilità di fare più attività con i giovani e si alimenterebbe sicuramente di più anche tutto il movimento”.
Venendo alla stagione juniores 2025, da chi ti aspetti dei risultati di rilievo?
“Se il Mondiale sarà in Ruanda, quindi su un percorso molto esigente, Capello e Rosato possono dire la loro. Sono curioso di vedere anche come cresceranno Mattia Agostinacchio e Mattia Proietti e, seppur con caratteristiche diverse, anche Alessio Magagnotti e Kevin Bertoncelli, che sono tutti secondi anni. Sto iniziando a vedere anche qualche primo anno, ci sono ragazzi con buoni numeri e potenzialità, ma è ancora presto per fare dei nomi”.