Tommaso Giacomel: “Mai dubitato del mio potenziale. Sinner ha fatto sembrare scarso Zverev. Boe mi ha detto che…”
Tommaso Giacomel è senza dubbio uno dei biathleti del momento. L’azzurro, in striscia positiva, è reduce dal trionfo nella Mass Start valida per la tappa di Coppa del Mondo di Ruhpolding, successo che ha preceduto i due terzi posti nella Sprint e nell’Inseguimento di Anterselva. Il nativo di Vipiteno è stato uno degli ospiti dell’ultima puntata di Salotto Bianco – trasmissione incentrata sugli sport invernali condotta da Dario Puppo e Massimiliano Ambesi in onda ogni lunedì sul canale YouTube di OA Sport – per raccontare le proprie sensazioni circa le ultime imprese.
In prima battuta, il trentino ha raccontato un piccolo aneddoto riguardante anche la leggenda Johannes Bø: “Lunedì mattina sono andato a sciare ad Anterselva. Volevo farlo da solo, poi però ho incrociato i norvegesi. Johannes ha detto che il mio urlo è stato il più bello che abbia mai ascoltato, perché ha sentito la mia passione. Questo mi ha fatto piacere, io metto passione in tutto quello che faccio. E’ stato bello, la gara di domenica è andata benissimo, mi dispiace solo di non aver sparato più veloce a terra e di non essere andato un po’ più forte sugli sci. Ma la gara tatticamente era messa giù così, alla fine ho vinto quindi è andata bene. Nella Sprint di Anterselva ho fatto un po’ peggio, ho fatto due errori”.
Una vittoria, quella in terra tedesca, arrivata dopo un periodo non semplice: “Io credo che se un atleta è bravo, e sa di essere bravo, non può mettere mai in discussione il proprio potenziale. A volte basta veramente poco per svoltare una giornata o un periodo che può essere negativo in qualcosa di positivo. Ad Oberhof è andata male, ero molto arrabbiato. Ma essere frustrato non porta a niente, sbagli solo di più. Lo sono stato per due ore dopo la gara, ma dopo ho messo tutto via. Era la quarta tappa, a inizio gennaio. La stagione finisce a marzo. Non possiamo sprecare tempo ed energie così, bisogna andare avanti”.
Il successo di Ruhpolding è inoltre arrivato in un momento estremamente delicato per la vita privata del biathleta: “Avevo un bel tornado in testa, al momento ci sono delle cose nella mia famiglia che mi preoccupano molto di più dello sport. Una persona molto importante del mio nucleo famigliare non sta per niente bene, lo sport in questo periodo è l’ultimo dei miei problemi. L’esito delle gare mi interessava relativamente. Avevo quindi un mix di emozioni tra gioia e tristezza”.
L’azzurro ha poi approfondito le sue sensazioni sulla clamorosa terza serie di Anterselva: “Io sinceramente non mi accorgo di quanto sono veloce, magari in allenamento sì, ma in gara non ho piena condizione del tempo. Io cerco solo di saltare da un bersaglio all’altro più in fretta possibile. La terza serie ieri è andata molto bene, la quarta meno. Ma sono contento del progresso che ho avuto specialmente nel tiro in piedi che ad inizio stagione non andava bene”.
Giacomel ha quindi parlato dei suoi allenamenti, illustrandone i cambiamenti nel corso del tempo:“A volte apro anche a sei, a sette, per la gioia degli allenatori. A volte dicono che va bene, ma non si può tirare troppo la corda. In allenamento faccio di tutto per avere una forbice ampia delle cose che so che fare; se sparo in 23 per me è già sparare pianissimo. Dopo Oberhof ho iniziato a lavorare con due respiri invece che uno, per fare qualcosa di diverso e tenere la mente occupata. Questa cosa mi ha fatto svoltare, è la stessa cosa che ho fatto l’anno scorso dopo Oslo, lì mi sparavo sui piedi. Ero fermo sui bersagli ma fuori coordinazione, non li prendevo. Le cose sono cambiate in Nord America, così come fatto a Ruhpolding, e quando ho ripreso confidenza ho cominciato a sparare con un respiro come ieri”.
L’atleta si è poi concentrato sulle motivazioni degli errori: “È una questione sia tecnica che psicologica, il biathlon è uno sport talmente mentale che a volte sbagli e non capisci perché. Sei così tanto sul bersaglio che quando premi il grilletto, forse per irruenza, lo tiri fuori. A caldo sono cose inspiegabili, poi quando guardi la gara e parli con i tuoi allenatori capisci che qualcosa di sbagliato c’è. Il tiro dal mio punto di vista è uno sport più mentale che tecnico. In Coppa del Mondo, nei giorni di allenamento, tutti sanno sparare”.
Il momento positivo dell’azzurro è arrivato in un periodo molto particolare, ovvero proprio negli stessi giorni dell’annuncio del ritiro dalle competizioni di Tarjei e Johannes Bø: “Di Tarjei me lo aspettavo e in parte lo sapevo perché l’anno scorso ne avevo già parlato a Canmore. Johannes mi ha sorpreso un po’, ma è sempre stato abbastanza coerente con quello che dice e che fa. Ha sempre detto che la famiglia è la cosa più importante per lui come dovrebbe essere per chiunque. Sono pienamente d’accordo con la loro scelta, soprattutto quella di Tarjei. Sono stato insieme a loro sul podio anche a Canmore l’anno scorso”.
La classifica generale, per ora, non è nella mente dell’azzurro, focalizzato sui Campionati Mondiali di Lenzerheide: “Fino a due settimane fa ero messo male, adesso è un po’ diverso. Alla classifica non penso, visto che le gare dei Mondiali non danno punti. Sono contento di aver vinto la gara, spero di vincerne ancora. Lenzerheide è un poligono tipo Ruhpolding, è facile perché si arriva dopo un minuto di discesa, c’è un tornante alla fine, un po’ di rettilineo ma si fa velocità abbastanza ampia in piana. Sono stato due volte lì per i Mondiali Junior e per la Coppa del Mondo, non ho mai visto una bava di vento. La pista è strana, ci sono dei pezzi impegnativi e lunghi dove bisogna tirare bene il doppio; è una pendenza che fa male perché se sei cotto perdi tantissimo e non arrivi più in cima alle salite, poi c’è una rampa ripida ma corta. Non è una pista che mi piace tantissimo anche se credo sia adatta a me. Questo weekend torniamo ad Anterselva, siamo lì fino a giovedì, torniamo a casa tre giorni e poi partiamo per Lenzerheide.
Le nevi della Val Martello, location dove è stata girata la puntata di Salotto Bianco, è particolarmente cara a Giacomel: “La mia infanzia, io sono andato a scuola a Malles, mi sono allenato cinque anni lì. Ci ho passato un bel po’ di tempo. Ho iniziato a sparare con il 22″.
L’atleta ha poi ricordato l’iconico confronto tra Johannes Bø e Martin Fourcade nella mass start dei Mondiali del 2016: “Il duello è stato fantastico, Bø aveva 23 anni e aveva sgretolato quello che era per me il biathleta più forte prima del suo avvento. Per me non c’è paragone tra le due epoche. Io umilmente non credo che diventerò mai come Johannes, vincere come lui è alla portata di pochi”.
La gara di Anterselva nella Sprint in un certo è stata migliore di Ruhpolding? “Se facevo 0-0 vincevo con un minuto. Alla Sprint di Anterselva sono partito secondo me piano, poi ho sbagliato a terra. Pensavo di stare 30 secondi dietro, invece sono uscito a quindici. Poi quel giorno sugli sci stavo benissimo, non pensavo. C’era più gente che si aspettava che facessi male di gente che si aspettava che facessi bene. Un mio amico norvegese si era giocato una schedina sulla mia vittoria alla sprint di Anterselva, alla Mass di Ruhpolding ero quotato molto più alto; è stata una giornata incredibile, una di quelle che spingi e non fai fatica. Mi era già capitato l’anno scorso quando sono arrivato secondo a Ruhpolding, lì è più difficile fare il distacco, ad Anterselva è invece più facile, c’è più quota ed è adatta a me, a Dale ed a Christiansen che ha vinto. Ma anche l’anno scorso andavo, quest’anno sono sicuramente più forte. Con i fondisti che ci sono adesso è una bella soddisfazione, sono tanti i ragazzi bravi: Ponsiluoma fa paura, Johannes non è stato al top ma in Svizzera sarà fortissimo. Gli altri non vanno forte come ad inizio stagione, ma sono sempre molto bravi”.
Giacomel ha poi indicato il più veloce senza carabina: “Ponsiluoma, ha fatto segnare il course time chissà quante volte. Lui è proprio costante, va sempre forte, poi però sbaglia un sacco”. Non sono mancate poi le impressioni sull’ultimo giro di Anterselva: “Più duro rispetto a prima, non è duro come Oslo che è molto più ripido. Non so quanto ci si alza, sarà tre o quattro metri sopra il poligono, Oslo un po’ di più. E’ comunque dura, perché quando sei all’Huber Alm ci sono due minuti per l’arrivo, hai solo una discesa di dieci secondi dove stai ad uovo e poi devi spingere. E’ impegnativo, tranne per le volate, se sei in duello quello dietro è avvantaggiato perché può sfruttare la scia”.
La prova di Anterselva è stata molto importante anche in ottica Milano Cortina 2026: “La gente si aspetta molto ma sinceramente è già grande la pressione che mi metto da solo. Mi dispiace che non ci saranno i fratelli Boe, perché vuoi competere sempre con i migliori. Io cercherò di fare il mio, abbiamo raccolto abbastanza dati quest’anno, il poligono è diverso perché hanno un po’ scavato nella montagna quindi il vento arriva in modo differente. La tappa è servita agli allenatori per ricavare quelle informazioni che ci verranno date a tempo debito”.
Non è mancato infine un commento sull’impresa agli Australian Open di Jannik Sinner, di cui Giacomel è un grande fan: “Domenica mattina ero sintonizzato per seguire la finale. Lo ha distrutto, non servono parole perché lui è incredibile. Ha fatto sembrare scarso Zverev, gli ha fatto sbagliare l’impossibile di dritto, un po’ come fece Djokovic con Medvedev qualche anno fa. E’ sembrata la fotocopia di quel match perché ad un certo punto ha iniziato a farlo sbagliare anche di rovescio. Quest’anno Sinner non giocherà a Montecarlo, magari potrei vederlo a Madrid con la mia compagna”.