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Basket: Italia, i precedenti nei Preolimpici passati. Tra gioie e dolori fino all’impresa di Belgrado nel 2021

Basket: Italia, i precedenti nei Preolimpici passati. Tra gioie e dolori fino all’impresa di Belgrado nel 2021

Non di solo 2021 vivono i ricordi dell’Italia nei vari Preolimpici disputati all’interno della sua storia cestistica. Si contano, infatti, numerose esperienze attraverso i differenti format che questi tornei di qualificazione hanno assunto nella storia. Andiamo a ripercorrerli, precisando che si parla solo dei tornei di qualificazione olimpica in quanto tali, non di quegli Europei che facevano da ingresso nella rassegna a cinque cerchi (nella storia è successo, casi notevoli furono Francia 1999 e Svezia 2003).

Nel 1972, alla prima occasione in cui gli azzurri dovettero cimentarsi in un simile tentativo, era tutto profondamente diverso. Il Preolimpico, di fatto, era un torneo europeo di qualificazione che si giocava nei Paesi Bassi, e al quale l’Italia partecipava con Ottorino Flaborea, Giulio Iellini, Carlo Recalcati, Mauro Cerioni, Massimo Masini, Renzo Bariviera, Marino Zanatta, Dino Meneghin, Pierluigi Marzorati, Enrico Bovone, Pino Brumatti e Giorgio Giomo, allenatore Giancarlo Primo. In quell’occasione la squadra azzurra si qualificò assieme alla Cecoslovacchia, con otto vittorie (contro Grecia, Francia, Danimarca, Svezia, Paesi Bassi, Polonia, Cecoslovacchia e Bulgaria) e una sconfitta, quella con la Spagna di un allora giovane Corbalan. A Monaco 1972, il capitolo più nero delle Olimpiadi per motivi ben noti, il basket divenne argomento importante per la celeberrima finale USA-URSS, o meglio per i suoi ultimi tre secondi. Ma anche l’Italia fu fino all’ultimo in lotta per il podio: nella finale per il 3° e 4° posto con Cuba fallì incredibilmente un facile contropiede per vincere e il punteggio finale fu di 65-66.

Nel 1976, invece, il torneo di qualificazione si giocò in Scozia. Rispetto a quattro anni prima erano cambiati alcuni elementi: avevano fatto ingresso Luciano Vendemini (che morì in modo assurdo l’anno successivo a nemmeno 25 anni), Fabrizio Della Fiori, Luigi Serafini, Ivan Bisson e Gianni Bertolotti sempre con Primo al ponte di comando. Per l’Italia fu tutto facile a Edimburgo: Irlanda, Polonia, Belgio e Israele non furono un problema, ma il capolavoro Primo lo organizzò con la Jugoslavia. Vendemini su Kresimir Cosic, 84-79 e Olimpiadi raggiunte. Gli slavi, però, si vendicarono di un sol punto a Montreal, condannandoci al girone di classificazione quinto-ottavo posto. E, in effetti, l’Italia fu quinta.

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Nel 1980, ancora difficoltà praticamente nulle. Era arrivato sulla panchina azzurra Sandro Gamba, che in vista della Svizzera non aveva cambiato tutto, ma molto sì, con gli inserimenti di figure come Roberto Brunamonti, Mike Sylvester, Enrico Gilardi, Marco Solfrini e Marco Bonamico, e in generale larga parte della futura ossatura di Nantes ’83. Quello che sarebbe poi diventato l’argento olimpico con annessa vittoria sull’Unione Sovietica partì dalla Svizzera, dove gli azzurri si sbarazzarono senza troppi complimenti di Paesi Bassi, Bulgaria, Germania, Cecoslovacchia, Francia, Svezia, Spagna e Polonia. Unica sconfitta, di un punto, contro Israele. Il resto, come detto, è storia.

L’Italia dovette tornare ad affrontare un Preolimpico nel 1992, in una situazione anche cestisticamente più complicata a causa della dissoluzione in corso dell’Unione Sovietica e degli effetti della guerra nei Balcani con l’indipendenza progressiva di quasi tutto quello che si chiamava Jugoslavia. Fu l’ultima volta di Sandro Gamba, che al netto di un giovane Gregor Fucka aveva per buona misura la squadra d’argento agli Europei di Roma 1991. Quel torneo europeo, però, si trasformò in un autentico disastro. Si partì bene, con vittorie su Svizzera, Israele, Lettonia, Albania e Polonia: unica sconfitta contro la Francia che però rimase fuori per classifica avulsa con azzurri e Israele. Il girone finale, però, fece emergere tutti i limiti di quegli azzurri, ormai a fine ciclo: sconfitte durissime contro Slovenia, Lituania e Germania, meno con la CSI (Comunità degli Stati Indipendenti, ex URSS senza i baltici per farla molto breve), vittoria con la Cecoslovacchia, ma soprattutto il tonante -46 (62-108) contro la Croazia, che poteva vantare due signori di nome Drazen Petrovic e Toni Kukoc su tutti.

La necessità di rigiocare un Preolimpico si ripresentò dopo 24 anni, a fine Europei 2015. L’Italia riuscì ad assicurarsi l’organizzazione di uno di essi, all’allora Pala Alpitour di Torino (oggi Inalpi Arena, ma noto anche in vari altri modi). C’era di nuovo Ettore Messina, 24 anni prima al fianco di Gamba, nel frattempo con due passaggi azzurri (quello di allora e l’altro negli Anni ’90). Era l’Italia degli NBA: Andrea Bargnani, Marco Belinelli, Danilo Gallinari, Gigi Datome. Prima partita con la Tunisia bruttissima (per entrambe) nei primi 20′, migliore (per l’Italia) nei secondi 20′. Poi bella vittoria con la Croazia e semifinale d’ordinanza con il più debole Messico. Di nuovo i croati in finale: per 20′ abbondanti si ruppe l’attrezzatura elettronica dell’arena e fu il segnale di una notte che finì male, malissimo, con una Rio che sfuggì nello sconcerto dell’arena torinese.

In pochi, invece, si aspettavano quello che accadde nel 2021, a Belgrado. Le conseguenze della pandemia di Covid-19 avevano portato a giocare il torneo al Pionir, e non alla Stark Arena. Capienza ridotta sia in un senso che nell’altro, certo, ma sempre l’arena intitolata ad Aza Nikolic rimane. Cose strane da subito: il Senegal fu colpito da vari casi Covid in Germania, non ebbe modo di uscirne e dovette rinunciare al torneo. L’Italia esordì con quasi 20 minuti da brividi in negativo contro Porto Rico, poi vinse evitando di avere subito la Serbia. Con la Repubblica Dominicana senza i big fu quasi una passeggiata di salute, ma il capolavoro arrivò contro la Serbia, quasi sempre dominata nonostante le varie presenze di peso. Simone Fontecchio, Achille Polonara, Nicolò Melli in versione tuttofare (visto che, a livello realizzativo, per lui era un momento difficilissimo), Alessandro Pajola e non solo. Tutti per Meo Sacchetti, Meo Sacchetti per tutti: si raggiunse Tokyo e poi, con l’aggiunta di Danilo Gallinari tornato da una NBA finita tra luglio e agosto (e che creò tantissimi problemi a molti europei), si arrivò fino ai quarti di finale.

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