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La lezione della sconfitta, così Benedetta Pilato tornerà più forte

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Enrico Garozzo - argento fioretto
Diano Bacosi - argento skeet
4x100 stile libero - argento
Niccolò Martinenghi - bronzo 100 rana
Mirko Zanni - bronzo sollevamento pesi
Odette Giuffrida - bronzo Judo
Elisa Longo Borghini - bronzo ciclismo su strada
Vito dell'Aquila - oro taekwondo
Luigi Samele - argento sciabola

Il valore della sconfitta sta tutto nella lezione che si matura. Anche soffrendo, anche piangendo, anche tornando a casa mestamente dai Giochi, subito, pronti-via, quasi senza accorgersene perché tutto è successo molto in fretta, troppo in fretta come accade quando si ha sedici anni e si è una stella dello sport italiano come Benedetta Pilato.

Squalificata nella batteria dei 100 rana (gambata irregolare), fuori anche nella staffetta mista, esclusa a favore della compagna Arianna Castiglioni, primatista italiana: quello che Benedetta chiama «fallimento» in realtà è l’errore di un attimo, il black out della concentrazione, il momentaneo stand by del fisico. La pugliese Pilato era arrivata a Tokyo spinta dal vento buono delle grandi ambizioni.

Era una delle favorite nei 100 rana e, nei pronostici della vigilia, una medaglia al petto sembrava garantirla. Arrivava a Tokyo da campionessa europea in carica e primatista mondiale dei 50 metri rana. «Non mi so spiegare cosa sia successo», ha avuto la forza di raccontare a fine gara, poco prima, succede così quando si ha quell’età, di cambiare radicalmente umore e gioire per il bronzo dell’azzurro Nicolò Martinenghi nei 100 rana.

La verità è che già essere, a sedici anni, alle Olimpiadi è una vittoria. «Ora Benedetta deve trovare la forza di ripartire», ha detto il suo allenatore, Vito D’Onghia. Le resterà addosso un po’ di rimpianto per l’occasione mancata (ma quello passa), di sicuro il mix di emozioni e sentimenti contrastanti così difficili da gestire. Le resteranno i sacrifici fatti per arrivare all’appuntamento, porterà con sé il dono prezioso del viaggio, professionale ed esistenziale, compiuto in questi anni di avvicinamento alle Olimpiadi.

Avrà modo, in questi giorni, in queste settimane, di riflettere sugli errori tecnici compiuti, o sulla strategia sbagliata. Sono già tre anni che gareggia ad altissimi livelli, il futuro le appartiene e il presente è un tempo da smussare con la leggerezza di quell’età. A Benedetta Pilato resterà soprattutto una lezione.

Quella che quasi sempre, nello sport, si perde. E se saprà farne il piedistallo della sua crescita allora la rivedremo, presto vincente e un po’ più in là, a Parigi 2024, di nuovo sotto il segno dei Cinque Cerchi Olimpici, a gareggiare con l’obiettivo di ritrovare se stessa, quella ragazza di sedici anni che in un giorno qualunque si è scoperta fragile e insicura. E proprio per questo più forte. Anche se adesso ancora non lo sa, anche se adesso è difficile farsene una ragione.

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