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Piemonte Open, Musetti: “Il paragone con Sinner c’è sempre stato, ma oggi non ha senso”-

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Il Piemonte Open continua a essere danneggiato dalla pioggia, che dopo aver sospeso il programma di martedì ha complicato quasi del tutto anche quello del mercoledì. Nell’attesa, oggi in sala stampa hanno parlato i principali protagonisti del torneo: dopo Lorenzo Sonego è stato Lorenzo Musetti a sottoporsi alle domande dei giornalisti.

Roman Bongiorno, Ubitennis: il tuo primo avversario potrebbe essere David Goffin, contro il quale hai ottenuto la tua prima vittoria nel main draw di uno Slam tre anni fa. Da allora sono cambiate tante cose, qual è la cosa di cui sei più fiero in campo e fuori dal campo?

Lorenzo Musetti: “Fuori dal campo è facile, sicuramente il fatto di essere diventato papà e di aver costruito una famiglia. Questo è ciò che mi fa alzare tutte le mattine felice e contento. In campo sicuramente il fatto che comunque, pur non avendo fatto una buonissima stagione l’anno scorso, io sia ancora in top30 e con tanta fame di ritornare dove credo che il mio tennis piuò stare.

Giovanni Pelazzo, Ubitennis: a proposito di Roland Garros, a Parigi avrai in scadenza la cambiale più importante delle prossime 52 settimane. Senti in qualche modo che, passato Parigi, ti sarai tolto una sorta di peso? Anche perché verso la fine dell’anno avrai poco da difendere.

Lorenzo Musetti: “Sì è vero, quella cambiale c’è, anche se onestamente non so neanche di quanti punti sia. Noi però viviamo settimana dopo settimana, l’obiettivo attuale è di far bene qui a Torino e Parigi. Lì però lo scopo non è difendere gli ottavi dell’anno scorso, ma cercare di andare il più avanti possibile, magari superando anche lo scoglio degli ottavi in uno Slam visto che non sono mai riuscito ad arrivare ai quarti, in semifinale o addirittura in finale in un Major. Poi sì, in fondo alla stagione ci sono tanti punti buoni a disposizione che potranno entrare più facilmente.

D: Come stai dopo Roma? Ti sei ripreso completamente?

Lorenzo Musetti: Purtroppo sono stato colpito giusto la sera prima del match da un virus influenzale, sono sceso in campo per onorare la mia presenza a Roma e dare quello che avevo. Come credo si sia visto, però, non c’erano proprio energie: il fatto di essere stato tutto il giorno in camera con febbre e virus intestinale mi ha debilitato completamente. Ora però sono passati diversi giorni, lunedì ho ripreso ad allenarmi e ormai sto bene fisicamente.

D: Simone Tartarini si lamentava un po’ dei giudizi nei tuoi confronti, spiegando come venga utilizzato Sinner come termine di paragone e come nei tuoi confronti ci sia una facile critica. Tu che percezione hai?

Lorenzo Musetti: Il paragone con Jannik c’è sempre stato, da quando abbiamo giocato il match alle prequalificazioni al Foro Italico. Paragonarmi adesso a lui ha poco senso: è quasi n°1 al mondo, ha vinto uno Slam e ha fatto delle esperienze più importanti rispetto a me. Le critiche nei miei confronti ci sono sempre state, anche spesso gratuite, però quello succede un po’ a tutti, non sono sicuramente l’unico. Il fatto di avere un tennis un po’ diverso e non tirare il vincente sulla riga ad ogni partita fa pensare alla gente che ho fatto cento passi indietro, ma sono sempre le stesse cose che si rincorrono da quando ho 18 anni.

Ogni tanto leggo cattiverie gratuite che non credo di meritarmi, ma alla fine siamo in democrazia: i giornalisti sono liberi di scrivere quello che vogliono, come io mi esprimo in campo. Poi su alcuni atteggiamenti, come il troppo nervosismo in campo, sono il primo ad essere d’accordo e fare autocritica, ma appunto perché riconosco il problema mi sembra già un passetto in avanti. Certo, è semplice dirlo ora che sono qui, in campo è tutta un’altra cosa, imparare a gestirlo sotto stress è più difficile. Per fare il salto di qualità servirà proprio quello scatto di maturità.

Ho la fortuna di essere stato abituato da tempo alle critiche. Quando gioco un tennis passivo non esprimo sicuramente il mio miglior tennis. Stare troppo lontano dalla riga è dettato da una mia insicurezza in certi momenti, anche perché dal lato del rovescio stare vicino vuol dire colpire quasi sempre in controbalzo e, sul rosso, il rovescio a una mano di controbaldo non lo giocava nemmeno Federer quando era in forma. In Italia comunque la stampa è così, nel bene e nel male. Ti portano su e giù con una facilità imbarazzante, mentre negli altri paesi si tende sempre a supportare i giocatori nei momenti di difficoltà, non solo quando si fanno i passanti dalle tribune. Sento dire da cinque anni che dovrei cambiare coach, ma dopo un po’, se uno non si stufa a dirlo, contento lui….

D: Alle Olimpiadi, pensi di giocare anche in doppio o in doppio misto? Quanto è importante per te questo anno olimpico?

Lorenzo Musetti: “È sempre bello poter partecipare ad un evento del genere, anche se nel tennis si sa che è un po’ particolare. Un bambino, quando inizia a giocare, sogna di vincere Wimbledon o il Roland Garros, mentre in altri sport il sogno è quello olimpico. Per me è sempre un piacere giocare con la maglia dell’Italia e rappresentare i nostri colori. Quest’anno la possibilità di medaglie è buona, Jannik ovviamente è il candidato per eccellenza.

Si gioca su terra rossa, su condizioni che mi sono sempre piaciute e dove probabilmente ho espresso il mio miglior tennis. Su doppio e doppio misto è ancora presto: sicuramente una coppia sarà Bolelli-Vavassori, con Jannik che avrebbe dovuto giocare con Sonego. Lorenzo ora è po’ più indietro rispetto ai primi quattro, quindi si vedrà. Le decisioni spetteranno anche al capitano, Filippo Volandri, che metterà insieme i ragazzi. È giusto concentrarsi al massimo su quella settimana, che nel calendario ATP non influisce. Proveremo a portare qualcosa al medagliere.

Roman Bongiorno, Ubitennis: In merito alla possibilità di dover giocare su cemento indoor, causa meteo, quanto cambia il tuo gioco fra veloce e terra rossa? Come lo adatti?

Lorenzo Musetti: Il tennis credo sia fra i principali sport di adattamento: ogni punto è diverso, non ci sono mai situazioni identiche. Giocare indoor sicuramente sarebbe diverso, ma lo sarebbe anche per l’avversario. Per me la posizione in risposta tende a cambiare parecchio: sulla terra cerco di guadagnare qualche metro per provare ad iniziare lo scambio con una traiettoria un po’ più alta, guadagnare campo e girarmi sul dritto. Soprattutto su questo cemento qui a Torino, che dicono essere molto rapido, non ha senso stare dietro ad aspettare la palla, che tende a scivolare, senza la possibilità di guadagnare campo. Su un campo del genere, indoor e molto simile all’erba, le variazioni e le discese a rete diventano ancor più fondamentali. Ovviamente è totalmente diverso rispetto al giocare un match su terra rossa, umido, bagnato ed estremamente pesante”.

D: A fine stagione, ti riterrai soddisfatto, se avrai raggiunto una determinata posizione in classifica, o se avrai imparato a gestire le cose di cui parlavi prima?

Lorenzo Musetti: “Credo che in questo momento della mia carriera siano più importanti i miglioramenti. Prendo esempio da Jannik che ha avuto una stagione transitoria in cui è sceso anche al n°17 dalla top ten, per poi riuscire ad incanalare tutti quei miglioramenti fatti in quella stagione che, a detta di tutti, sembrava catastrofica. Il risultato alla fine è stato quello che abbiamo visto. Il ranking è una conseguenza, se farò quei miglioramenti comincerò a vincere più partite, e il ranking salirà.

Ci tengo a dire, però, che aver giocato a Cagliari e giocare qui significa volersi mettere in gioco: scendere di categoria per ritrovare fiducia. Non è una cosa da sottovalutare, la apprezzo molto da me stesso e sono il primo a volerla fare. Questo spirito può farmi solo che bene. Cagliari è stata fondamentale, a Roma mi sentivo benissimo e rimediare così alla delusione della sconfitta al primo turno a Madrid mi ha aiutato molto”.

(Di Giovanni Pelazzo e Roman Bongiorno)

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