Nicola Azzano: “I numeri parlano chiaro: il triathlon italiano è in forte crescita”
Nicola Azzano è da anni uno dei triatleti di riferimento in Italia. Nell’intervista andata in onda a Focus, trasmissione visibile sul canale YouTube di OA Sport, ha raccontato il suo amore per la disciplina e le sue ambizioni per le prossime stagioni.
I lunghi viaggi da affrontare in Coppa del Mondo: “Il viaggio più lungo è stato in Nuova Zelanda. Ogni viaggio è sempre una occasione per conoscere nuovi posti e nuove culture. Alcune tappe sono fisse ma rimane bello vedere nuove cose. La Nuova Zelanda rimarrà nel cuore”.
Il rapporto con i tre sport: “Faccio triathlon da tanti anni. Tutte e tre le discipline sono diventate mie. Quella che sento di più a livello di libertà che mi da quando la pratico è la corsa. A livello di risultati dovrei dire il nuoto, lì vado più forte”.
È mai capitato di non concludere una corsa? “È un tema molto importante. Nel triathlon ci sono molte persone che gareggiano per essere finisher, per portare a casa l’esperienza. Noi gareggiamo con tutto un altro spirito. Non ho mai temuto di non finire una gara, posso sempre andare più piano e finirla lentamente. Più volte ho pensato che con un determinato ritmo non sarei stato in grado di finire la gara”.
La preparazione mentale alla gara: “Il fatto che le gare siano corte non vuol dire che sono più facili. Immagino che in gare corte come i 100 metri la parte mentale sia preponderante. L’aspetto con cui mi scontro più spesso è andare oltre i miei limiti. In ogni gara c’è un momento in cui il tuo corpo ti chiede di fermarti e ti manda dei segnali. Bisogna combattere questi stimoli. Spesso mi interrogo su quanto io posso dare ancora e quanto posso faticare”.
La paura degli infortuni: “Secondo me ci sono due tipi di infortuni. L’infortunio da stress quando ci si allena troppo e c’è una frattura da stress. Non mi spaventa un infortunio come una caduta in bici in gara o in allenamento, fa parte del gioco. Non fa piacere ma non ci penso e vado avanti”.
I primi risultati: “Ho capito che questa passione poteva diventare il mio lavoro nelle categorie giovanili, quando ho vinto il mio primo campionato italiano. Lì ho compreso che potevo farcela. Poi quando con l’Under 23 ho vinto a 21 anni la prima Coppa Elite ho capito definitivamente che questa poteva essere la mia strada”.
La stagione 2024: “È stato un anno a due facce. Peggiore perché ho fatto tanti cambiamenti, a partire dall’allenatore. Inoltre non sono stato selezionato per le Olimpiadi di Parigi. Nel nostro sport si ragiona a cicli olimpici, l’obiettivo principale è l’Olimpiade. Non è stato un bel momento, poi mi sono rifatto con la vittoria degli Europei sprint. Sono cresciuto tanto, non solo da un punto di vista sportivo. L’apice è stato la vittoria nel Campionato Europeo ad agosto”.
Lo stato di salute del triathlon italiano: “Noi elite viviamo in una bolla. Siamo molto concentrati su quello che facciamo noi e su quello che viviamo. La maggior parte del tempo frequentiamo persone del mondo elite. Il movimento italiano è sempre in crescita, i numeri lo testimoniano. È uno sport completo e divertente”.
La routine pre-gara: “Quando ero piccolo facevo molti gesti scaramantici. Ora faccio delle cose che mi riportano nel mio focus. Mi danno un po’ di tranquillità e mi riportano concentrato, anche se da ciò non dipende ovviamente l’esito della gara”.
L’equilibrio da professione e vita privata: “Viaggio molto durante l’anno. Vivo con le persone con cui gareggio, anche non italiani. Mi domando se sono miei amici o miei colleghi. È molto difficile tenere separati i confini tra vita privata e vita lavorativa. Per me questo non è un lavoro, rimane sempre la mia passione”.

