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Davide Martinelli: “Nel ciclismo non puoi più vincere se non sei un fuoriclasse. Finn ha dimostrato cose diverse da altri”

Il 2026 sarà un anno speciale per la MBH Bank Ballan CSB Colpack, squadra che affronterà un salto di categoria lasciando lo status di squadra Continental ed approdando tra le formazioni Professional. Un salto importante che verrà seguito molto da vicino da Davide Martinelli, dallo scorso anno Direttore Sportivo della squadra dopo aver annunciato il ritiro dalle corse nel 2023. L’ex corridore, figlio d’arte del celeberrimo Beppe, si è raccontato ai microfoni di Focus, rubrica di approfondimento in onda sul canale YouTube di OA Sport a cura di Alice Liverani, per questa occasione affiancata da Gian Luca Giardini.

In primo luogo, Martinelli ha parlato del suo “cambio di ruolo”, arrivato in età molto giovane rispetto alla media: “Abbiamo bruciato un po’ le tappe – ha detto il DS – per fortuna ho avuto la possibilità di entrare all’interno della MBH Bank Ballan CSB Colpack, squadra dove correvo prima di passare professionista. Mi hanno riaccolto a braccia aperte, vediamo cosa ci riserverà il futuro. Tornare è stato interessante. Di solito quando si entra in una nuova squadra, penso per esempio al mio passaggio dalla Quickstep all’Astana, ci sono dei periodi in cui si deve conoscere e studiare vari aspetti del team. Arrivare lì è stato come tornare a casa. Non si conoscevano alcuni dettagli sullo sviluppo, ma le persone erano le stesse; è stato quindi più soft”.

Il Direttore Sportivo ha poi fatto un passo indietro, ricordando i suoi primissimi anni in sella, rimarcando quanto il nome illustre del padre non abbia in realtà giocato in modo determinante sulla sua scelta di diventare un atleta professionista: “Per chi non lo sapesse sono figlio d’arte di Giuseppe Martinelli. Per me è stato tutto molto automatico, fin da bambino ho voluto subito correre. Mio padre non mi ha spinto, io ho sempre pensato di voler correre e diventare un professionista. Quando sei in bici pedali tu, ma quando avevo sei anni commentavo le corse con mio padre. Già avevo qualcosina in più degli altri, banalmente anche nelle scelte tattiche da fare in corsa. Stessa cosa adesso che sono in ammiraglia: sia da ciclista, che da Direttore, ho dei vantaggi rispetto agli altri della mia stessa età. Io so che è così, anche se magari non è qualcosa che si va a rimarcare spesso. Sarà complicato raggiungere anche un solo decimo rispetto a quanto fatto da mio padre. Lui se lo augura, ma non ha mai interferito anche quando avrebbe potuto farlo. E’ stato positivo anche all’interno del gruppo Colpack, anche quando sono stato dilettante e abbiamo fatto il primo incontro con i miei colleghi attuali che gestivano la squadra al tempo. Ha semplicemente detto: questo è mio figlio, fate quello che pensate sia giusto. Non ha mai fatto un incontro per magari discutere qualcosa che a lui non andava. Gianluca Valoti ha sempre avuto carta bianca, Antonio Bevilacqua uguale, loro insieme a Rossella Dileo dirigono tutto. Credo che anche questo abbia agevolato”. 

L’ex corridore ha poi espresso la sua (interessante) opinione circa l’evoluzione della disciplina, cresciuta sensibilmente negli ultimi anni: “E’ cambiato il modo di correre, ma credo sia scaturito dalle possibilità energetiche che hanno gli atleti al giorno di oggi. Sicuramente si parla tanto dell’alimentazione, che è cambiata tantissimo più che dai tempi di mio padre da quando io sono diventato professionista, quindi dal 2016. Non serve andare troppo indietro. Si è scoperto che il fisico è in grado di assumere molta più energia e molti più carboidrati rispetto a quello che si pensava. Dieci anni fa si credeva che 60 grammi fossero il limite per i carboidrati, ma si è scoperto che si può andare fino al doppio. I dettagli sono stati curati in modo sempre più particolare probabilmente a partire dal 2020 con la pandemia che ha costretto i corridori a stare a casa e allenarsi sui rulli. C’è stato poi un periodo senza gare in cui tutti hanno avuto modo di recuperare bene e tutti avevano voglia di allenarsi. C’è stata una stagione breve, con tanti ciclisti senza contratto e che quindi volevano correre al 100%, c’è stata una evoluzione. In tanti si sono accorti che potevano fare di più, trovando una condizione che non avevano mai avuto. Io penso che nei due mesi di settembre ed ottobre del 2020 si siano raggiunte delle prestazioni mai raggiunte prima. Secondo me è stato lì il click del cambiamento, l’anno dell’evoluzione è stato il 2020. C’era chi doveva dimostrare il tutto e per tutto in pochi mesi, c’era chi era un po’ meno abituato a fare la vita da atleta magari attratto da alcune scorribande, ma costretto a stare a casa, chi all’opposto si era allenato troppo in precedenza. Questo ha inciso molto. Purtroppo per chi corre ancora direi negativamente: prima le gare erano gestite meglio, andava via una fuga ad inizio gara, la squadra che aveva i leader più adatti per la tappa controllava, e poi nel finale si decideva la corsa. Era impossibile che finisse una Classica Monumento con 30 o 40 corridori così come sta succedendo negli ultimi anni. Chi voleva concluderla sapeva che le accelerazioni arrivano a 40 km dall’arrivo, se eri in giornata arrivavi davanti, se non eri in giornata concludevi la gara e fine delle trasmissioni. Adesso terminano in pochi, perché attaccano ai meno 100 i grandi campioni, seguiti da corridori ottimi. Rimangono in 20 e 30 e tanti si ritirano, a volte facendogli fare anche una brutta figura. Ma ci sono cinque o dieci corridori che sono davvero fuori categoria”.

Martinelli ha quindi proseguito: “Oggi vincono i fuoriclasse. Nelle corse World Tour e Classiche di livello non vincerà mai più un corridore che non è un fuoriclasse o un quasi campione. C’è sempre meno spazio per i corridori di fascia intermedia. Io sono sempre stato abituato a lottare per giocarti qualcosa di interessante; non è bello accorgerti di non poter fare parte della partita, questo è anche uno dei motivi che mi ha portato a smettere”.

Successivamente il nativo di Brescia ha svelato alcune anticipazioni sulla sua squadra in vista del 2026: “Rimarranno sempre i tecnici attuali, con Valoti a tirare un po’ le fila, mentre Antonio Bevilacqua farà parte del settore tecnico. Subentreranno due o tre tecnici, ma stiamo ancora definendo il tutto. Voglio lasciare che lo comunichi la squadra. Stiamo facendo passi in avanti dal punto di vista tecnico ma anche per quanto riguarda i massaggiatori ed i meccanici. Avremo tra i 20 ed i 22 corridori, alcuni saranno riconfermati, a breve ci saranno i primi annunci. Lo zoccolo duro dell’Under23 italiana più forta è nostro, spesso le squadre pescano dal nostro vivaio, sarebbe quindi stupido lasciarli andare. Alcuni sono stati già ufficializzati, vedi Cesare Chesini che ha vinto il Tour di Romania. Ci sarà anche qualche ritorno, abbiamo ingaggiato Fausto Masnada che viene dal World Tour. Alessandro Fancellu è un grande atleta: nel team UKYO ha fatto un’ottima stagione, la sua esperienza lì può essere un ottimo metro di paragone. Può fare bene in gare di alto e medio livello, può trovarsi meglio da noi rispetto ad una squadra belga dove c’è giocoforza meno attenzione dal punto di vista umano. Ha dimostrato che in gare un gradino sotto quelle di primissimo livello è stato molto costante. Gestito nel migliore dei modi può fare bene. Noi ci puntiamo molto”. 

Il grande vantaggio di una figura come quella di Martinelli come Direttore Sportivo è certamente la sua giovane età, fattore che dà sicurezza a tanti ciclisti: “Spesso gli atleti vengono un po’ da me perché si vedono un po’ sulla stesso livello. Hanno la libertà di chiedere qualcosa in più sulla gara, sulla performance. Tra dieci o quindici anni ci sarà un nuovo Davide, ed io dovrò lasciare spazio a chiunque sarà. Quando inizia a subentrare l’esperienza, come quella di Valoti, ci si allontana di più dall’ambiente pedalato. Da una parte cresce tantissimo l’esperienza, e penso a quando Davide mi corregge e mi sorprende sempre perché pensa cose a cui io non faccio inizialmente caso, al contrario quando si parla di situazioni in gara ovviamente i corridori si confrontano più con me. E’ una bilancia in cui l’esperienza vince. Loro sentono parlare DS con grande esperienza. Io posso dare qualcosa che si vive sul campo e che ho vissuto più recentemente”. 

In ultimo il figlio d’arte si è espresso in merito ad un argomento molto dibattuto, specie in tempi recenti, legato alla possibilità di vedere un talento italiano vero nel ciclismo: ”A volte scorro Facebook, mi piace leggere i commenti. Hanno tutti la libertà di scrivere, ma alcuni utenti andrebbero bannati. Ci vorrebbe un moderatore che tolga l’autorizzazione a chi non capisce di ciclismo. Ma è anche il bello del folklore. Quando leggo a tal proposito cose come: ‘Abbiamo trovato un nuovo Campione? Abbiamo trovato un nuovo Nibali?’ A me dispiace perché ogni atleta è a sé. Noi non dobbiamo cercare un sostituto. Quando è arrivato Nibali parlavamo del nuovo Pantani, si è rivelato più forte in alcuni tipi di gare, vedi la Milano-Sanremo, e meno in alcune scalate secche. Ma ha vinto il Giro, ha vinto il Tour, la Vuelta. Mi dispiace quando si cerca il nuovo cercandolo nel passato. Ognuno ha la sua storia. Ganna è uno dei migliori della storia italiana nelle prove a cronometro, ma è difficile metterlo a paragone con un altro. E’ complicato paragonare epoche diverse. Oggi abbiamo un Lorenzo Finn che ha qualcosa di interessante. Tiberi ricorda Nibali come caratteristiche, ma fa la sua storia, mi piacerebbe che vincesse come lui, anche solo la metà, penso che anche lui firmerebbe. Bisogna vivere quello che si ha. Ma Finn ha dimostrato cose che altri non hanno fatto. Molto spesso si dimentica un aspetto sul quale si sta ponendo l’attenzione solo adesso, che è quello mentale. Finché si corre con la libertà e nessuno ti chiede nulla è una cosa. Quando arrivi alla Red Bull-Bora-Hansgrohe e ti dicono: oggi corriamo per te, ed hai al tuo servizio fior di campioni, la storia cambia. Finn mi sembra un corridore con un carattere ben formato, forse troppo. Lui durante la gara ai Mondiali ha fatto un paio di errori con Huber: quando sei il più forte non devi comportarti così, ma sono errori di gioventù”. 

CLICCA QUI PER L’INTERVISTA COMPLETA A DAVIDE MARTINELLI

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