Marco Villa: “Il quartetto femminile ha ancora margini. Venturelli può fare la differenza, porte aperte per Paternoster”
L’oro di Elia Viviani all’ultimo Mondiale su pista è stato il modo più simbolico e perfetto per chiudere un capitolo straordinario del ciclismo italiano. Dopo anni in cui ha rappresentato un punto di riferimento assoluto, il Profeta lascia un’eredità sportiva e umana che andrà raccolta da una nuova generazione di pistard. A conclusione del Mondiale di Santiago del Cile, con Marco Villa – ct della Nazionale italiana su pista femminile e colui che ha riportato in auge tutto il settore pista insieme ad Elia – abbiamo fatto il punto sulla spedizione iridata, sui nuovi talenti e sui programmi verso Los Angeles 2028, dove l’Italia punta a confermarsi ai massimi livelli.
Partiamo da Elia Viviani. È stato il profeta che ha rilanciato la pista in Italia e chiude da campione del mondo dopo una carriera da grande campione: che emozioni avete provato?
“Più che emozione, direi un profondo senso di completezza. Elia, nel corso degli anni, ci ha regalato tantissime soddisfazioni e momenti indimenticabili. Questo titolo mondiale, però, ha un valore speciale: non è solo un’altra maglia iridata, ma il coronamento perfetto di una carriera eccezionale. Vincere la gara dei sogni nell’ultima uscita da professionista, dopo aver dichiarato di voler chiudere da campione del mondo, è qualcosa che pochissimi riescono a realizzare. È stato un finale da film, degno della sua grandezza”.
Elia lascia però un vuoto importante. In specialità come Omnium e Madison i giovani Sierra e Stella sembrano promettenti, ma ancora acerbi: tre anni saranno sufficienti per diventare competitivi al massimo livello?
“Sierra e Stella sono due ragazzi che promettono molto bene. Li ho seguiti e devo dire che, anche da esterno, mi hanno impressionato per atteggiamento e potenziale. L’Omnium e la Madison sono specialità che richiedono esperienza: si cresce correndo, accumulando situazioni di gara e imparando a gestire tattiche e ritmo. Le qualità ci sono tutte, ma ora serve tempo e continuità per svilupparle. Tre anni sono un buon orizzonte: se sapranno lavorare con costanza, potranno arrivare a livelli molto alti”.
Nelle specialità olimpiche sono arrivate le due medaglie attese dal quartetto e dalla Madison femminile: che bilancio tracci della spedizione?
“È stato un bilancio molto positivo. Sapevamo di avere le carte in regola per fare bene e le ragazze hanno confermato le aspettative. Già da agosto avevano mostrato grande disponibilità, organizzando il lavoro e trovando la giusta concentrazione per arrivare pronte. Con Diego Bragato abbiamo curato ogni dettaglio della preparazione, e anche le squadre hanno collaborato permettendo alle atlete di gestire meglio i calendari, saltando qualche corsa su strada per dedicarsi alla pista.
Questo ha fatto la differenza: abbiamo visto che con pochi giorni in più di allenamento specifico possiamo competere ai massimi livelli. Ovviamente non sarà sempre possibile replicare questo approccio, ma l’obiettivo è gestire meglio i carichi e il calendario, per arrivare a ogni appuntamento nella condizione ideale”.
Il posto nell’Omnium tornerà di Elisa Balsamo? La vedi come quella più adatta alla specialità?
“Con le ragazze abbiamo fatto una call subito dopo Parigi per impostare il nuovo quadriennio. Siamo partiti da una base molto solida: il gruppo è affiatato e di altissimo livello. L’idea è di alternare le atlete nelle diverse specialità per far accumulare esperienza a tutte, utile in vista di Los Angeles. L’Omnium potrebbe tornare a essere nelle corde di Elisa Balsamo, ma valuteremo strada facendo. Anche per la Madison, pur avendo due campionesse olimpiche, nulla è scontato: nessuna ha il posto fisso, tutte avranno pari opportunità e attenzione da parte nostra”.
Per competere per l’oro a Los Angeles, il quartetto donne dovrà abbassare il tempo attuale, magari avvicinando i 4’05”. Ci sono i margini per un simile miglioramento?
“Sì, i margini ci sono. A Parigi abbiamo girato forte, intorno ai 4’07’’, nonostante Elisa Balsamo non fosse nella condizione migliore. Una Balsamo al top può fare la differenza. Inoltre abbiamo una carta importante come Federica Venturelli, giovanissima ma già capace di girare sui 4’09’’ a 19 anni. Con il suo inserimento e una gestione mirata dei carichi, possiamo migliorare ancora. L’obiettivo è arrivare a Los Angeles con un quartetto competitivo per l’oro”.
Inseguimento a parte, Federica Venturelli può essere impiegata anche in altre specialità?
“Assolutamente sì. Federica ha un profilo molto completo: da Junior ha corso Omnium e Madison, e arriva da una scuola, quella di Fiorin, che forma i ragazzi su tutte le discipline della pista. Ha già dimostrato di saper leggere la gara e adattarsi a diversi contesti. Potrà essere una risorsa preziosa anche oltre l’inseguimento”.
Miriam Vece nel Keirin e la velocità a squadre maschile possono sognare una medaglia olimpica?
“Io ci credo molto. Con Ivan Quaranta, che è il CT del settore velocità, stiamo lavorando con metodo e i progressi si vedono. Miriam è un’atleta di talento che aveva solo bisogno di acquisire fiducia: ora sta entrando in una fase di maturità e i risultati lo dimostrano. Anche la velocità a squadre maschile sta crescendo bene: è un gruppo giovane, in piena evoluzione, e ogni anno vediamo miglioramenti tangibili. È un percorso che richiede tempo, ma le basi per sognare in grande ci sono”.
Letizia Paternoster ha ancora un futuro su pista o è più concentrata sulla strada?
“Dipenderà molto da lei. Quest’anno ha scelto di concentrarsi maggiormente sulla strada, come anche Balsamo, ma noi restiamo aperti e flessibili. Letizia fa parte del nostro gruppo e segue da vicino i programmi: se deciderà di tornare su pista, sarà la benvenuta. Il suo talento e la sua esperienza sarebbero un valore aggiunto per tutta la squadra”.

