Pozzovivo: “Pogacar può dominare ancora 4-5 anni. Status e talento per Pellizzari, Finn ha un vantaggio”
A un anno dal suo ritiro, Domenico Pozzovivo guarda con serenità e consapevolezza alla nuova fase della sua vita. Dopo il professionismo, il corridore lucano ha saputo reinventarsi tra famiglia, studi e un occhio sempre attento al mondo del ciclismo, che continua a seguire con passione e lucidità. In questa intervista ci racconta come sta vivendo il suo primo anno da ex corridore, le sue opinioni sui giovani talenti italiani e i suoi pensieri sull’era Pogacar.
Domenico, come hai trascorso il tuo primo anno da ex-corridore?
“Devo ammettere che questo primo anno è volato. Mi sembra ieri il giorno della mia ultima corsa. L’arrivo della mia primogenita, Diana, ha reso tutto ancora più intenso: è stato un vero acceleratore di emozioni e di cambiamenti. Sono felice di aver scelto di diventare padre solo dopo aver chiuso la carriera, perché così posso godermi ogni momento con lei, senza le pressioni e gli impegni di un corridore professionista. Nel frattempo sto completando la specialistica in Scienze della Nutrizione, un percorso che mi sta appassionando molto e che potrebbe diventare parte del mio futuro professionale. È stato un anno pieno, ma anche estremamente gratificante”.
Avere una carriera lunga come la tua oggi sembra quasi impossibile nel ciclismo moderno. Perché secondo te?
“È vero, oggi le carriere dei ciclisti professionisti si sono notevolmente accorciate. Non credo sia un limite fisico, ma piuttosto mentale. Il ciclismo è uno sport totalizzante: lascia pochissimo spazio ad altro nella vita. Molti ragazzi passano tra i professionisti molto giovani e vivono fin da subito quella pressione costante che, con il tempo, logora. Questo stress mentale accelera la fine della carriera, più che il naturale declino fisico”.
Da Pogacar ti aspetti che possa rimanere a questi livelli ancora per quanto tempo?
“Dopo il Tour di quest’anno sembrava che il suo picco potesse durare altri due o tre anni, ma il finale di stagione ha dimostrato tutt’altro: Pogacar è ancora in piena forma e mentalmente carico. Secondo me può restare al vertice almeno altri quattro o cinque anni. Immagino che uno dei suoi grandi obiettivi sia superare le cinque vittorie al Tour de France, magari conquistando anche la Tripla Corona e puntando alla Parigi-Roubaix. È un corridore che sembra non avere limiti”.
Giulio Pellizzari è già pronto per puntare al podio del prossimo Giro d’Italia o deve ancora maturare?
“Giulio ha già lo status e il talento per ambire a una top5 o addirittura a un podio al Giro, se dovesse essere al via. Personalmente, se fossi nel suo team, punterei su di lui come capitano per la Corsa Rosa. Bisognerà comunque attendere i percorsi definitivi di Giro e Vuelta per capire quale sia la scelta migliore, ma si parla già di una Vuelta 2026 molto esigente, quindi la programmazione sarà fondamentale”.
Che idea ti sei fatto del potenziale di Lorenzo Finn?
“Finn è un corridore di grande qualità: ha vinto due Mondiali consecutivi e questo la dice lunga sulle sue capacità. Nelle corse di un giorno può già essere protagonista anche tra i professionisti. Nei Grandi Giri bisognerà invece capire come reagirà alla fatica e alla gestione delle tre settimane. C’è comunque tanto margine di crescita, e le esperienze in corse a tappe Under23 come il Giro Next Gen o il Tour de l’Avenir sono preziose per la sua maturazione”.
Rimanere un altro anno tra gli Under23 per Finn è un vantaggio o un rischio rispetto ai coetanei come Seixas?
“A mio parere è un vantaggio. Oggi molti ragazzi bruciano le tappe, ma fare un altro anno tra gli Under23 gli permetterà di crescere fisicamente e mentalmente con meno pressioni. Torniamo sempre al discorso della longevità: chi costruisce la carriera passo dopo passo ha più probabilità di restare ad alti livelli per più tempo”.
Come pensi verrà gestita la convivenza tra Pogacar e Del Toro alla UAE Team Emirates?
“Penso sarà una convivenza molto diversa rispetto a quella con Ayuso. Del Toro mi sembra un ragazzo dal carattere più equilibrato: ha tanta voglia di vincere, ma anche la consapevolezza del proprio ruolo. Finché correrà con Pogacar sa di essere il numero due, ma avrà il tempo di crescere all’interno di una squadra vincente. Quando Pogacar non ci sarà, Del Toro avrà carta bianca e potrà esprimersi come leader”.
Qual è, secondo te, il segreto della UAE Team Emirates?
“È una squadra costruita per vincere. Ha nel roster corridori di altissimo livello e una mentalità vincente che parte proprio da Pogacar, un leader carismatico e, a mio avviso, il corridore più forte della storia. La UAE non si accontenta mai: corre sempre per il successo, a differenza di altre squadre che, per difendere la licenza World Tour o accumulare punti, corrono in modo più conservativo, puntando a piazzamenti. Questa cultura della vittoria e la coesione interna sono, a parer mio, i veri segreti del loro successo”.

