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Paolo Canè: “Su Sinner con me l’inchiostro è finito. Con gli altri può servire la terza, con Alcaraz no”

Paolo Canè, protagonista del tennis italiano degli anni ’80 ed oggi voce tecnica in tv, è stato ospite di OA Focus, trasmissione condotta da Alice Liverani che va in onda sul canale YouTube di OA Sport, nella quale ha parlato, tra l’altro, del momento d’oro degli azzurri, trascinati da Jannik Sinner.

Canè insegna tennis ai più piccoli: “La mia scuola tennis parte proprio lunedì 29 per il 14º anno a Gorle, che è il primo anello di Bergamo, dove lavoro su due campi con i ragazzi, un maestro che mi dà una mano, però principalmente poi li faccio giocare io, bambini piccoli che partono dai 5-6 anni, fino ai 18. Quindi quest’anno ho fatto ancora una promozione due settimane fa, c’è sempre grandissima affluenza. Mi dispiace perché io purtroppo adotto il metodo di massimo quattro, se sono poi piccolini, principianti, massimo cinque, e molti poi li devo dirottare ad un altro indirizzo, ad altri club, perché non mi piace avere troppa confusione in campo, perché principalmente voglio che provino ad imparare bene, e quindi non far troppo casino fra di loro, che non siano in troppi in campo. Principalmente negli anni ho imparato, perché come sono io caratterialmente, è stato molto difficile i primi anni stare tot ore al pomeriggio in campo, abituato io a giocare, col mio carattere e tutto, mettersi veramente con molta calma ad insegnare, perché facevo le cose troppo facili, e non potevo pensare come anche un bambino, a parte un bambino piccolo, stai molto attento, ma quelli già un po’ più grandi, spiegando le cose, vedi che hanno grandissime difficoltà, infatti affrontano proprio un corso di tennis per quello, per imparare, per migliorarsi. Poi negli anni invece insomma devi entrare nella mentalità loro, devi farli principalmente divertire. È la mia regola, della scuola, divertirsi, portare rispetto ai compagni, al maestro, ma impegnarsi. Chi vuol perdere tempo, chi viene lì perché pensa che sia un corso per stare al coperto piuttosto che andare a giocare a calcio, che fa freddo d’inverno, per star dentro un campo coperto, con educazione, insomma faccio capire che può non essere una strada giusta quella da seguire, però all’inizio, insomma, col sorriso, non è mai andato via nessuno, ho sempre fatto giocare tutti i bambini, e quindi la cosa mi piace“.

Il momento d’oro del tennis italiano porta ad avere più praticanti: “Io, avendo due campi, più o meno sono sempre gli stessi bambini, sia col boom di Sinner o meno. Devo dire che adesso loro hanno un punto di riferimento, insomma, quando entrano in campo, viene più seguito, vengono fatti vedere più incontri anche in televisione, quindi si appassionano anche al mondo dello sport. Poi quando gli chiedo, molte volte i piccolini principalmente sono i genitori che si ricordavano anche di me, hanno una grande passione, sono tornati sul campo anche per quello. Però per i bambini, voglio dire, è un punto di riferimento molto importante, perché avendo il numero uno, poi c’è Musetti, Paolini in campo femminile, i risultati che stiamo ottenendo negli ultimi anni è un punto di riferimento molto importante, insomma, meglio così che se il numero uno d’Italia fosse il numero 1000 nelle classifiche mondiali. Li appassiona e devo dire che piace molto, abbiamo avuto dei numeri buoni, Bergamo, la Lombardia, quindi è salita di di qualche punto negli ultimi anni l’affluenza nei club dei bambini, e questa è una cosa importante, perché avendo un punto di riferimento, abbiamo il numero uno del mondo con tutti i compagni dietro, è tanta roba“.

Gli inizi di Canè: “Io avevo mio papà che era appassionato, perché io fino a 12 anni giocavo anche nei Pulcini del Bologna, quindi facendo due tipi di allenamento, sono cose che ripeto da anni, e un giorno, appunto, una sera mi disse mio padre ‘Devi decidere cosa fare, perché non puoi fare tutti e due, o fai tennis o fai tennis’. Quindi lui mi ha spinto praticamente a giocare a tennis. Non c’era scelta. Lui non non mi ha seguito tantissimo, è sempre stato un genitore con grandissima passione, ma sempre un passo indietro, e lontano da quello che era il lavoro del maestro o del coach. Nei tornei lui sarà venuto una quindicina di volte a vedermi giocare, mia mamma forse due. Mia mamma ha 93 anni ed ancora mi dice di non sudare quando vado ad allenare, di coprirmi bene. Quindi è importante dai genitori, è molto importante, quel messaggio che vai, ti arrangi, ti affidi a chi di dovere, e quindi loro erano al di fuori di tutto, mi davano qualche consiglio, però alla fine poi decidevo io“.

Il dualismo tra Sinner ed Alcaraz e la finale degli US Open: “Già a gennaio ho detto che quando dovete chiamarmi per chiedere qualche cosa su Sinner ed Alcaraz, a mio parere l’inchiostro su Sinner è già finito, quindi chiamate altre persone, non ho niente da dire. Quando poi sento dire delle percentuali, invece è un discorso più tecnico, a parer mio, un giocatore intelligente, con la forza di Sinner è normale che, sbagliando 8-10 servizi di fila come prime palle di servizio, è normale che uno tende a provare a caricare la prima palla al 70% facendo partire lo scambio, però lì poi bisogna dire che facendo partire lo scambio contro Alcaraz è un altro tipo di gioco, cioè ti devi mettere a correre per fare il punto, mentre cercando la prima palla di servizio col vincente, o avere la possibilità subito di entrare in campo, come gioca lui e di far male, quello è il gioco di Sinner con Alcaraz, con gli altri può mettere anche la terza palla di servizio e far partire lo scambio, che porta a casa il punto. È una mia analisi, poi mi posso sbagliare, anche perché la finale è stata bruttissima per i primi due set, praticamente da una parte o dall’altra conclusi molto velocemente. Ha incominciato nel terzo a giocare meglio Sinner e nel quarto direi un set bellissimo, dove è salito tantissimo Alcaraz, che ha mantenuto il vantaggio del break per poi chiudere. Ecco, se Sinner l’avesse preso come punteggio, o avesse addirittura portato a casa il quarto, avremmo assistito veramente ad un quinto set bellissimo, eccezionale, e lì è salito Alcaraz, però per i primi due set e mezzo non è stata una bellissima partita,  sempre a mio parere“.

Le differenze tra giocare a tennis e commentarlo: “Sono due cose diverse: nel giocarlo, pensi a giocare, quindi è una cosa diversa, dopo tanti anni di esperienza sul campo leggo molto bene le partite, quella è una cosa che mi riesce abbastanza facile, i due giocatori tatticamente come sono quando si affrontano, quale sarà la tattica dell’uno e dell’altro, riesco a capire bene gli errori, a spiegarli, ed ho seguito una linea molto semplice, di non parlare tutti i punti, soprattutto quando vai a commentare un 3 set su 5 alle 2 di notte fino alle 5-6 di mattina, perché penso che per chi ascolta a casa sentir parlare due persone, un commento, poi c’è l’altro che sottolinea, il commento tecnico e continuare per cinque set a mio parere chi sta a casa non ne può più. Bisogna anche lasciare un po’ giocare e dare degli spunti giusti, conoscendo i giocatori, perché molte volte poi le strategie di gioco vengono, nel corso della partita, cambiate da uno o dall’altro dall’altro giocatore, soprattutto in un match 3 set su 5, che è lungo, però mi piace molto. Sono un grandissimo appassionato, anche quando commento le ragazze, il livello è aumentato tantissimo, c’è tanta parità negli ultimi anni, insomma mi emoziona molto, mi piace“.

Neppure le diverse superfici scalfiscono le gerarchie attuali: “Sono talmente abituati, talmente campioni, fisicamente sono tutte delle bestie, nel senso forti, corrono sia gli uomini che le donne, quindi si abituano in qualsiasi superficie nel giro di un giorno o due. Come quando giocano e c’è il tetto chiuso, la palla è più veloce, può dar fastidio, rispetto al tetto aperto, non lo so. Ci può essere solamente uno sbalzo quando vai da una superficie all’altra, dalla terra battuta sull’erba, ma giocano talmente bene, sono talmente preparati, che io penso che dopo tre o quattro allenamenti sappiano già come funziona, le strategie già usare. Anche Federer diceva che i tabelloni li fanno per fare arrivare in fondo Alcaraz e Sinner. Fate un altro tipo di tabellone, poi vediamo chi arriva in fondo. Non lo so, la vedo talmente semplice io, è normale che poi parlando di Sinner, dove gioca meglio è la superficie indoor due set su tre, sul veloce, perché avendo un gioco esplosivo e consumando di meno rispetto ai tre su cinque è dove uno ha più benzina. Dove fa più fatica Sinner è sulla terra battuta, tre set su cinque, però che risultati ha fatto, ha fatto finale al Roland Garros con tre match point, quindi alla fine eviterei anche quello. Direi che è anche una delle superfici migliori dove preferisce la distanza sulla terra“.

CLICCA QUI PER L’INTERVISTA A PAOLO CANÈ

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