Mondiale di atletica, sesta giornata: Battocletti e Pernici fanno sognare l’Italia
La sesta giornata dei Mondiali di Tokyo si annuncia ancora una volta ricca e piena di speranze per l’atletica azzurra, con tre fronti che accendono le possibilità di medaglia e di piazzamenti di prestigio.
Occhi puntati anche sulla pista, con la semifinale dei 5000 metri femminili che riporta in azione Nadia Battocletti, reduce dall’argento nei 10.000 e pronta a inseguire una storica doppietta. L’azzurra ritroverà avversarie del calibro di Faith Kipyegon e Beatrice Chebet, ma potrà contare sulla brillantezza mostrata nelle ultime uscite e sull’appoggio delle compagne Federica Del Buono e Micol Majori.
Infine, grande attesa per Francesco Pernici, protagonista di una rimonta spettacolare in batteria e ora chiamato a confermarsi nelle semifinali degli 800 metri. L’obiettivo è entrare tra i migliori otto del mondo, un traguardo che avrebbe il sapore dell’impresa e che completerebbe una giornata ad altissima intensità per i colori italiani.
Dopo l’argento straordinario conquistato nei 10.000 metri, Nadia Battocletti torna in pista a Tokyo per inseguire un nuovo sogno: quello di salire ancora sul podio. La prima gara in programma nella sesta giornata del Mondiale sono le semifinale dei 5000, distanza che l’ha vista protagonista nella stagione con prestazioni di livello mondiale. Per chi sceglie la doppia fatica 5000–10.000, il programma impone di correre prima la distanza più lunga, e non è escluso che da questa sovrapposizione possano nascere sorprese rispetto alle attese.
Il grande tema tecnico è però il duello che sta infiammando l’atletica femminile: da una parte Beatrice Chebet, prima donna capace di correre sotto i 14 minuti, dall’altra Faith Kipyegon, regina dei 1500 e capace di firmare record mondiali a ripetizione, avvicinando anche quello dei 3000. A Parigi, nella gara che ha fatto da anteprima olimpica, le due keniote si sono giocate la vittoria fino all’ultimo metro, con la Chebet davanti di un soffio e la Kipyegon subito dietro. Terza si piazzò l’olandese Sifan Hassan, oggi assente a Tokyo, con Battocletti quarta a un solo secondo dal podio: un segnale che la distanza dai vertici mondiali non è più un abisso.
La sfida non si esaurisce lì: l’Etiopia schiera tre stelle assolute come Gudaf Tsegay, Freweyni Hailu e Medina Eisa, pronte a infiammare la corsa con i loro cambi di ritmo devastanti. L’Australia può contare sui continui progressi di Rose Davies, mentre il Giappone di casa si affida all’entusiasmo di Nozomi Tanaka. Per l’Italia, oltre a Battocletti, ci saranno Federica Del Buono e una Micol Majori in crescita.
In contemporanea scatta la qualificazione del salto in alto donne. Pedana di lusso a Tokyo, con un parterre che non si vedeva da anni: saranno infatti quattro le campionesse del mondo al via. In prima fila la primatista ucraina Yaroslava Mahuchikh, icona della specialità e favorita d’obbligo, affiancata dalle due australiane che hanno scritto la storia recente, Nicola Olyslagers ed Eleanor Patterson, oro e argento scambiati più volte negli ultimi appuntamenti internazionali. A completare il quartetto d’élite la statunitense Vashti Cunningham, che a soli 18 anni vinse il titolo iridato indoor nel 2016 e che oggi, nove stagioni dopo, cerca il rilancio definitivo.
Sulla carta il duello per il titolo sembra riservato soprattutto a Mahuchikh e Olyslagers, le atlete più continue e accreditate per superare la barriera dei due metri. Ma la concorrenza è tutt’altro che assente: ci sarà la britannica Morgan Lake, recentemente salita a nuove vette con il record nazionale, la serba Angelina Topic, astro nascente con margini enormi, la tedesca Christina Honsel, ormai stabilmente oltre i 2 metri, e la ritrovata Yuliya Levchenko, altra ucraina capace di risultati da podio. Per l’Italia l’occasione è soprattutto formativa: in pedana vedremo Asia Tavernini, reduce dall’argento alle Universiadi, e Idea Pieroni, chiamata a fare esperienza sul palcoscenico più prestigioso.
Alle 12.23 scatta la prima finale di serata, il giavellotto maschile senza azzurri iscritti. Finale dal cast stellare con una concentrazione di talenti che promette misure da leggenda. Riflettori puntati sul pakistano Arshad Nadeem, campione olimpico e argento mondiale a Budapest, che ha ricevuto l’ok medico per gareggiare dopo il problema fisico accusato a inizio giugno. L’obiettivo è confermarsi protagonista nella sfida che richiama inevitabilmente il duello con l’indiano Neeraj Chopra, oro olimpico a Tokyo e campione del mondo in carica: due atleti che hanno spostato i confini della disciplina riportando l’Asia al vertice.
A sparigliare le carte ci penserà il tedesco Julian Weber, in forma scintillante e capace di superare più volte i 91 metri in Diamond League: per lui la chance di coronare una carriera in costante crescita con l’acuto iridato. Spettacolo assicurato anche dal grenadino Anderson Peters, due volte campione del mondo e tornato a lanciare oltre gli 89 metri, e dal trinidegno Keshorn Walcott, già oro olimpico a Londra 2012 e ancora capace di piazzate di prestigio.
Ma la lista dei contendenti non finisce qui: il ceco Jakub Vadlejch, argento a Tokyo e bronzo a Eugene, resta un avversario di livello assoluto con una misura vicina ai 91 metri in carriera, mentre il keniota Julius Yego, campione del mondo 2015, sogna un nuovo colpo di classe. In chiave outsider attenzione allo statunitense Curtis Thompson, al polacco Dawid Wegner, all’indiano Sachin Yadav e allo srilankese Rumesh Tharanga Pathirage, capaci di prestazioni oltre gli 85 metri.
Gli 800 metri femminili (alle 12.58 al via le batterie) si annunciano come una delle gare più affascinanti del Mondiale di Tokyo, con una lista di partenti che intreccia campionesse affermate e nuove protagoniste. Dopo essere rientrata soltanto a fine agosto, l’olimpionica Keely Hodgkinson ha subito ristabilito le gerarchie: la britannica è la grande favorita per il titolo iridato che ancora le manca, dopo i due argenti di Eugene e Budapest sfumati per questione di centesimi. A negarle l’oro, in passato, erano state prima l’americana Athing Mu (assente stavolta) e poi la keniana Mary Moraa, pronta invece a riproporsi come rivale di altissimo livello.
Alle loro spalle cresce l’attesa per la giovane svizzera Audrey Werro, apparsa in grande condizione nelle ultime uscite, e per l’altra britannica Georgia Hunter Bell, capace di inserirsi nel gioco delle sorprese. Occhi puntati anche sull’Etiopia, che schiera l’argento olimpico e campionessa mondiale indoor Tsige Duguma e la connazionale Nigist Getachew, entrambe accreditate di tempi in grado di portarle fino al podio.
Non mancano altre pretendenti: la botswana Oratile Nowe, in costante crescita, e l’altra keniana Lilian Odira hanno i mezzi per inserirsi nelle posizioni di vertice, mentre l’Australia si presenta con una coppia d’assi formata da Claudia Hollingsworth, primatista d’area degli 800, e Jessica Hull, regina dei 1500 e argento olimpico sulla distanza. A completare il quadro, un’altra iridata come l’ugandese Halimah Nakaayi, campionessa a Doha 2019. In chiave azzurra buone sensazioni per Eloisa Coiro, che ha mostrato progressi incoraggianti, mentre farà esperienza Elena Bellò, pronta a dare il massimo in una pedana così prestigiosa.
L’Italia si presenta alla finale del triplo maschile che inizia alle 13.55, con due protagonisti di assoluto livello: Andy Díaz, campione del mondo indoor a Nanchino, oro europeo al coperto ad Apeldoorn e vincitore della Diamond League, e Andrea Dallavalle, bronzo europeo in sala e in crescita costante. Entrambi hanno convinto nelle qualificazioni, mostrando solidità tecnica e la giusta determinazione per recitare un ruolo da protagonisti in una delle finali più attese del programma.
Il cubano naturalizzato italiano Díaz si candida apertamente per il podio, forte di una carriera ormai consolidata tra i big della specialità. Dallavalle, più giovane e in ascesa, ha dimostrato di poter competere con i migliori, trovando nelle ultime stagioni quella continuità che lo rende un outsider molto pericoloso. La sfida però si annuncia di altissimo livello, perché in pedana ci sarà il meglio del panorama mondiale.
Tra i grandi avversari spiccano i cubani Lázaro Martínez e Christian Nápoles, entrambi già sul podio mondiale a Budapest, e il burkinabé Hugues Fabrice Zango, campione in carica ma meno brillante quest’anno. Non mancano altri nomi pesanti: il francese Thomas Gogois, il tedesco Max Hess, l’algerino Yasser Triki e il giamaicano Jordan Scott, tutti con misure da finale mondiale. Il livello si annuncia altissimo: il record dei campionati, 18.29 firmato da Jonathan Edwards, resta un faro storico, ma anche solo avvicinare i 18 metri significherebbe scrivere una pagina importante. Negli ultimi vent’anni, per vincere un titolo iridato sono sempre serviti almeno 17,57, e la quota per salire sul podio non scende sotto i 17,20. Con Díaz e Dallavalle pronti a giocarsi le proprie carte, l’Italia sogna in grande una finale che promette spettacolo e misure di prestigio.
Si accende la lotta per la finale dei 200 metri ai Mondiali di Tokyo, una delle gare più attese della rassegna. I riflettori sono puntati sul re della specialità, Noah Lyles, già tre volte campione del mondo consecutivamente (Doha, Eugene e Budapest) e deciso a calare il poker in Giappone. A insidiarlo c’è ancora il “fuoco amico” degli Stati Uniti, con Kenneth Bednarek e Courtney Lindsey, oltre a un Lyles che dovrà comunque correre vicino al suo limite per contenere rivali agguerriti.
Il campo dei pretendenti è ricchissimo: la Giamaica schiera un tridente esplosivo con Bryan Levell, tra i più brillanti nelle batterie e forse il favorito numero uno per l’oro, Adrian Kerr e Christopher Taylor, mentre la Gran Bretagna si affida al leader stagionale europeo Zharnel Hughes, capace di coniugare potenza e continuità. L’Africa porta in dote il talento purissimo di Letsile Tebogo, oro olimpico in carica sui 100, e la sorprendente coppia dello Zimbabwe, Makarawu e Charamba, entrambi pronti a scendere sotto i 20’’ in semifinale. Il Sudafrica si affida all’esperienza di Wayde Van Niekerk, che sogna di tornare protagonista anche sul mezzo giro di pista, e al giovane Dambile.
Il resto del mondo non resta a guardare: il Canada si presenta con un trio di qualità composto da Andre De Grasse, Aaron Brown e Jerome Blake, mentre l’Australia sogna con il giovanissimo fenomeno Gout Gout. In Europa spazio anche all’olandese Xavi Mo-Ajok e agli svizzeri Reais e Mumenthaler, oltre allo svedese Henrik Larsson che ha firmato il personale per entrare nei 24 migliori. Sarà una semifinale di altissimo livello, con la sensazione che per accedere alla finale servirà correre vicino o sotto i 20’’ netti.
Le semifinali dei 200 metri femminili ai Mondiali di Tokyo promettono scintille, con una startlist di altissimo livello che riunisce il meglio della velocità mondiale. Al centro dell’attenzione c’è la giamaicana Shericka Jackson, campionessa uscente e detentrice del record dei campionati (21.41), che a Tokyo punta a confermare la sua supremazia nonostante due stagioni difficili e una condizione in lenta ma evidente risalita.
Gli Stati Uniti presentano un quartetto fortissimo, guidato da Brittany Brown, vicecampionessa mondiale nel 2019, e completato da Anavia Battle, Mckenzie Long e Melissa Jefferson-Wooden, tutte in grado di correre vicino ai 22’’ netti. Per l’Africa, fari puntati sull’ivoriana Marie-Josée Ta Lou-Smith, che ha già dato segnali di grande forma, e sulla giovane connazionale Jessika Gbai, mentre le Bahamas ripongono speranze nella solidità di Anthonique Strachan.
L’Europa schiera un plotone compatto con la britannica Dina Asher-Smith, oro mondiale a Doha 2019, affiancata dalle connazionali Daryll Neita e Amy Hunt, mentre la Spagna si affida a Jaël Bestué e il Belgio a Imke Vervaet. Ci saranno anche la tedesca Sophia Junk, la svedese Julia Henriksson e la francese Hélène Parisot, pronte a sfruttare ogni occasione.
Spazio poi al talento emergente della Australia con Torrie Lewis, primato personale e crescita continua, e a nomi pronti a sorprendere come la canadese Audrey Leduc, la cipriota Olivia Fotopoulou e la greca Polyniki Emmanouilidou, oltre alla giapponese Abigeirufuka Ido, che sogna la finale davanti al pubblico di casa. In corsa anche la messicana Miriam Sánchez, simbolo di un movimento in crescita. Il cast, pur privo di star come Gabby Thomas e Mujinga Kambundji, resta di livello stellare: per entrare in finale servirà un crono vicino ai 22 secondi netti, con la sensazione che più di una atleta possa spingersi su tempi da medaglia già in semifinale.
Le semifinali degli 800 metri maschili ai Mondiali di Tokyo mettono in scena un cast di altissimo livello, con l’Italia pronta a sognare grazie a Francesco Pernici. L’azzurro, autore di una rimonta spettacolare nella batteria, ha conquistato il pass con personalità e ora punta a un traguardo prestigioso: entrare tra gli otto migliori del mondo. La sua condizione e la capacità di gestire le gare tattiche lo rendono una mina vagante in una prova che raramente lascia spazio agli errori.
In prima fila ci saranno i grandi favoriti della vigilia. Il keniano Emmanuel Wanyonyi, iridato in carica, e il canadese Marco Arop, oro olimpico a Parigi e argento a Budapest, sono pronti a rinnovare il loro duello dopo essersi scambiati i titoli nelle ultime due rassegne. A dar loro battaglia il britannico Max Burgin, rientrato da protagonista e oggi punto fermo del mezzofondo europeo, e l’algerino Djamel Sedjati, già due volte sul podio mondiale. Gli Stati Uniti si affidano a un terzetto solidissimo con il primatista dei campionati Donavan Brazier, tornato ai vertici dopo gli infortuni, e i compagni Bryce Hoppel e Navasky Anderson, capaci di piazzare acuti importanti in contesti internazionali. L’Africa risponde anche con il talento dei botswani Tshepiso Masalela e Kethobogile Haingura, senza dimenticare il sempre competitivo algerino Slimane Moula.
In chiave europea, oltre a Burgin, spiccano il belga Eliott Crestan, l’irlandese Mark English, il croato Marino Bloudek e gli spagnoli Mohamed Attaoui e David Barroso, tutti autori di prove convincenti in batteria. Il francese Gabriel Tual e il connazionale Yanis Meziane completano un gruppo di grande qualità, mentre a conferma della profondità del movimento kenyano si aggiungono Nicholas Kebenei e Kelvin Kimtai Loti. Il passaggio del turno richiederà tempi intorno all’1:44 alto, ma l’impressione è che per accedere alla finale sarà necessario spingersi molto vicino all’1:44 netto. Un obiettivo ambizioso, ma alla portata di un Pernici in piena fiducia, pronto a sorprendere ancora.
Il giro di pista si prepara a vivere una finale dall’altissimo livello tecnico ai Mondiali di Tokyo. Il primato dei campionati porta la firma di una leggenda, quel 43.18 di Michael Johnson a Stoccarda ’93 che resta anche record del mondo fino all’impresa di Wayde Van Niekerk ai Giochi di Rio 2016. La storia dice che il titolo iridato è affare per pochi eletti, eppure la startlist di Tokyo annuncia un verdetto nuovo: nessuno dei finalisti ha mai conquistato l’oro mondiale.
I riflettori sono puntati sullo statunitense Jacory Patterson, autore di una stagione in crescendo culminata con il 43.85 che lo ha portato al terzo posto del ranking mondiale. Il team africano si presenta con tre punte di diamante del Botswana: Busang Collen Kebinatshipi, capace di un sorprendente 43.61 che lo rende l’uomo più veloce del lotto in stagione; Lee Bhekempilo Eppie, talento emergente con un personale da 44.40; e il più esperto Bayapo Ndori, già finalista olimpico, pronto a sfruttare ogni occasione.
A insidiare il dominio africano ci sarà anche il giamaicano Rusheen McDonald, tornato a livelli da top mondiale dopo anni difficili, e il sudafricano Zakithi Nene, leader stagionale con 43.76 e grande favorito per il titolo. Completano il cast l’esperto Jereem Richards di Trinidad e Tobago, capace di un personale sotto i 44 secondi, e il giapponese Yuki Joseph Nakajima, beniamino di casa, che proverà a sorprendere con il sostegno del pubblico. Servirà probabilmente un crono vicino ai 43.50 per laurearsi campione del mondo, con la concreta possibilità che questa finale entri nel ristretto club delle più veloci della storia. Tokyo si prepara a incoronare un nuovo re dei 400 metri.
La finale dei 400 metri femminili ai Mondiali di Tokyo che chiude il programma di giornata promette scintille come non si vedevano da anni, con un cast che riunisce il meglio della specialità. A difendere i colori statunitensi c’è Sydney McLaughlin-Levrone, regina dei 400 ostacoli e già iridata sul giro di pista, capace di fermare il cronometro a 48.29 in semifinale con un ultimo 100 in totale decontrazione. Impressionante!
Il duello per il titolo si annuncia però serratissimo, perché la giamaicana Nickisha Pryce (48.57) e soprattutto la dominicana Marileidy Paulino (48.17 di personale, già vicecampionessa olimpica e mondiale) hanno tutte le carte per impensierire la campionessa americana. A questo trittico si aggiunge il ritorno in grande stile di Salwa Eid Naser: la bahreinita, campionessa del mondo nel 2019, ha dimostrato di essere di nuovo vicina ai suoi livelli migliori, correndo in 48.67 stagionale e forse è l’unica che in qualche modo può impensierire McLaughlin..
L’Europa si affida al talento emergente della norvegese Henriette Jæger, che con il suo 49.49 ha riscritto la storia del movimento scandinavo, e alla britannica Amber Anning, scesa sotto i 49.40 con continuità e ormai pronta a misurarsi con le big. Ci sarà anche la polacca Natalia Bukowiecka, sorpresa della stagione con il suo 48.90, e la cubana Roxana Gómez, capace di correre stabilmente sotto i 50 secondi.