Basket, da chi riparte l’Italia verso i Mondiali 2027 e Los Angeles 2028? Tra addii, conferme e tante novità
Si è, forse davvero, chiusa un’era e se n’è aperta un’altra per l’Italbasket maschile. Lo spartiacque, chiaramente, riguarda il durante e il dopo Danilo Gallinari, perché quella di Limassol e Riga è stata la sua ultima volta in azzurro. Gli Europei, insomma, hanno segnato una sorta di passaggio di testimone tra il Gallo e una nuova generazione.
Il passaggio di testimone, va detto, non è solo legato a Danilo (ed evidentemente a Gianmarco Pozzecco, uscito di scena dopo la sconfitta con la Slovenia). Resta da capire quanto sia rimasto di carriera a Nicolò Melli e Pippo Ricci. I due, ad ogni modo, finché saranno abili e arruolabili resteranno sempre nei pensieri di qualsiasi successore di Pozzecco ci sarà: il tasso di conoscenza del basket sia dell’uno che dell’altro, declinato in modi diversi, è e resta imprescindibile per qualsiasi squadra.
Rimane da vedere anche la situazione di Darius Thompson, che non è stato positivo in questi Europei, e qualora venisse impiegato è ancora da comprendere l’apporto di Donte DiVincenzo in funzione 2027-2028 (Mondiali ed eventuali Olimpiadi) più che sul tema qualificazioni, che sono ormai un problema non solo per gli NBA (per ovvie ragioni), ma anche per i giocatori di Eurolega. Altro capitolo è quello riguardante il futuro di Stefano Tonut in azzurro, che comunque pare destinato ad avere ancora una coda visto che quest’anno è stato fermato da un guaio fisico.
Chi avrà ancora, indubbiamente, ancora stagioni da protagonista è Simone Fontecchio. E non potrebbe essere altrimenti: per il biennio 2027-2028 avrà 31 e 32 anni, un’età alla quale potrà ancora perfettamente rendersi grande protagonista con la maglia azzurra. E, perché no, anche in NBA se gli verrà consentito (si spera che i Miami Heat gli lascino dimostrare quel che è); dovesse accadere diversamente, c’è sempre il capitolo alta Eurolega da sviluppare per l’ala piccola pescarese.
Quale batteria play per il futuro? Due uomini sono chiaramente destinati a rimanere per tanto, e sono Alessandro Pajola e Matteo Spagnolo. C’è però un terzo che può occupare i due spot da piccolo e che, negli ultimi anni, con l’azzurro ha avuto un rapporto complicato anche in virtù delle complessità da lui incontrate nei club. Nico Mannion è l’uomo sulla cui riaccensione sperano in molti. Resta sempre vivo il discorso legato a Marco Spissu, che ha vissuto una rassegna continentale spesso a due facce, ma sempre con la fiducia di Pozzecco immutata. Per il futuro (magari non immediato, ma possibile sì), tenere d’occhio gli sviluppi di David Torresani e Leonardo Valesin. Per l’attualità i nomi che restano caldi, e tra cui scegliere in sede di qualificazioni ai Mondiali, sono quelli di Alessandro Cappelletti, Matteo Librizzi, Tommaso Baldasso, Leonardo Candi, Diego Flaccadori, Davide Casarin.
Il settore guardie sarà quello indubbiamente più conteso, perché ci sarà lotta per tantissimi in questi anni. Basta dare un’occhiata al numero di nomi per capire che qualcuno sarà inevitabilmente scontento di anno in anno: Dame Sarr, Diego Garavaglia, Achille Lonati, Patrick Hassan, Adrian Mathis, Matteo Accorsi, Pietro Iannuzzi. Ce n’è per tutti i gusti, e se Sarr è destinato a essere il titolare fisso del posto di 2 per la prossima decina d’anni abbondante, tutti gli altri (contando anche le possibilità di un basket moderno che è multiruolo) avranno i loro ottimi spazi. E qualcuno, come Garavaglia e Lonati, è già andato a cercare di farsi strada oltreconfine, mentre Hassan cercherà spazio a Trento. Ovviamente non è citato il caso di Sarr perché è arcinoto: un anno a Duke con chance concrete di chiamata alta al primo giro del draft NBA 2026. E occhio anche al ritorno in Italia, leggere alla voce Virtus Bologna, di Abramo Canka. Genovese, classe 2002, con una storia cestistica già incredibile, ha un potenziale che aspetta solo di essere espresso (e può giocare sia da 2 che da 3). Per quanto riguarda l’attualità più stretta, anche qui c’è del materiale tra cui pescare (contando che Amedeo Della Valle sembra aver chiuso con la Nazionale normale in favore del 3×3, a meno di evoluzioni che non escludono il secondo): Giordano Bortolani, Riccardo Rossato sono i due nomi principali. Chance anche per Leonardo Faggian, se salirà di giri a Napoli.
In ala piccola il discorso è piuttosto chiaro, Fontecchio a parte: Gabriele Procida può e deve avere più spazio, anche perché non è stato chiamato a caso al Real Madrid, che in genere di talenti qualcosa capisce (e Spagnolo insegna). Ma, soprattutto, a dargli man forte ci sarà anche Saliou Niang, emerso a Trento e poi letteralmente esploso nella rassegna continentale, che gli ha dato una vetrina di primissimo livello sia per la stagione con la Virtus Bologna che, perché no, in funzione di un suo futuro approdo in NBA, con i diritti detenuti dai Cleveland Cavaliers (e, a proposito di States, quella chance presto o tardi potrebbe averla pure Procida). Alle loro spalle, però, è importante la crescita di tanti talenti. Elisée Assui può confermare i progressi visti tra Varese e Under 20, poi ci sono Theo Airhienbuwa, Francesco Ferrari, Leonardo Marangon e Maikcol Perez che scalpitano in una maniera o nell’altra, chi destinato alla NCAA e chi altrove (certo, se qualche club di A su Ferrari e Marangon puntasse, non sarebbe poi tanto male, ma è chiaro che finché saranno a Cividale del Friuli, in A2, saranno due evidenti valori aggiunti per il club). Il tutto fermo restando che chance le mantengono sia Sasha Grant, atteso dalla stagione del rilancio a Cremona, che Tomas Woldetensae.
In ala grande, posto che Melli di tempo non ne avrà ancora tanto e Ricci nemmeno, ci sarà verosimilmente da pescare da ciò che già c’è in A. Il principale nome è quello di Luca Severini, ma attenzione anche a Davide Alviti, che nasce sì 3, ma può perfettamente ricoprire il ruolo di 4 ed è tra i giocatori forse più ingiustamente sottovalutati in Italia. Rimane un ruolo che, nel complesso, ha anche le sue strane particolarità, perché generalmente sono tanti i 3 che possono evolvere anche da 4. E poi non bisogna dimenticare Nicola Akele, che potrà certamente guadagnare altri minuti ed è anche un giocatore di nuovo utilizzabile in più ruoli (ma, l’abbiamo detto, oggi la pallacanestro è spesso fatta di giocatori che conoscono più posizioni). In questo contesto, ad ogni modo, è il ruolo in cui l’Italia ha forse più necessità di trovare adattamenti.
Per quanto riguarda il ruolo di centro, l’Italia ha finalmente iniziato ad allungare la coperta. Merito di Momo Diouf, ormai sempre più a suo agio nell’alto livello e diventato giocatore di livello da Eurolega senza se e senza ma. E merito anche di ciò che potrà essere. Il nome è uno: Luigi Suigo, 221 centimetri al servizio di un corpo in grado di muoversi benissimo vicino a canestro e di un cervello, caratteristica fondamentale questa, in grado di concepire pallacanestro a ottimi livelli. Sarà lui il centro del futuro in casa Italia, su questo non c’è nessun dubbio. Nell’attesa, c’è da tenere sempre d’occhio la coppia Leonardo Totè-Guglielmo Caruso (anche se il primo ha un rapporto complicato, a dir poco, con l’azzurro e il secondo ha pagato il fatto di esser stato impiegato molto poco da Milano in questo paio d’anni). Soprattutto “Willie” ha ancora diversi anni di fronte e la possibilità di dare continuità assoluta.
Infine, Achille Polonara. Impossibile conoscere, oggi, quello che succederà alla sua traiettoria agonistica. Lui ci spera ancora, la Dinamo Sassari gli ha riaperto le porte proprio attraverso quella speranza di vederlo tornare sul parquet. Non sappiamo se tornerà in campo, men che meno se tornerà in Nazionale. Rimane però giusto nominarlo, perché lui è uno dei motori dell’azzurro nell’ultimo decennio abbondante. La sua parabola con l’Italia meriterebbe di finirla alle sue condizioni, non certo a quelle della leucemia che sta trattando tra Valencia e Bologna. Ed è l’augurio di tutto il mondo cestistico.