Biathlon, Magdalena Neuner rivela: “Perseguitata da uno stalker, finì solo quando si suicidò. Io fui abbandonata dalle autorità”
Il nome di Magdalena Neuner dice tutto agli appassionati di biathlon di lungo corso. Viceversa, se si dovesse contestualizzare il personaggio per il lettore occasionale, è sufficiente dire come si tratti di una delle biathlete più vincenti di sempre, ritiratasi a soli 25 anni dopo aver conquistato più di una volta ogni alloro possibile.
Si può discutere se sia stata o meno la più grande di ogni epoca dal punto di vista agonistico, ma non vi sono dubbi relativamente al fatto che sia stata la biathleta più popolare di ogni epoca. Sia nel mondo, che nella nativa Germania. Tra il 2007 e il 2012, la bavarese è rapidamente diventata un’autentica icona nazionalpopolare, raggiungendo la stessa popolarità che potevano avere calciatori, tennisti o piloti di F1.
Che Neuner, una quindicina di anni fa, sia stata perseguitata da più di uno stalker è accadimento risaputo. Tuttavia, mai la teutonica aveva raccontato i dettagli dietro alla più eclatante delle vicende legate a questo genere di malsane figure. Invece, nei giorni scorsi, ha deciso di rendere pubblici tutta una serie di retroscena collegati alla sua esperienza. Le rivelazioni sono state effettuate nel podcast “Die Gruaberin”, reperibile su Youtube.
“Ho vissuto un incubo” ha raccontato l’oggi trentaseienne di Wallgau “perché contro quest’uomo, che aveva turbe psichiche, erano inutili persino le ordinanze del tribunale. Sapevo che ogni sera veniva sotto casa mia, ma non c’era difesa. A volte si arrampicava persino sul mio balcone. Ho sofferto di forti problemi d’ansia e perduto il sonno.
Ogni giorno lasciava lettere sulla mia auto, era un rituale opprimente. Quindi, ogni giorno, dovevo andare dalla polizia a consegnare la lettera, ma non veniva presa alcuna contromisura. Mi sono sentita abbandonata, sola. Le autorità erano assenti. Se dovevo uscire di casa col buio, chiedevo sempre a qualcuno di accompagnarmi. Gli unici momenti di respiro erano i raduni con il resto della squadra, lì sapevo di essere al sicuro. Però, quando si avvicinava il momento di tornare a casa, venivo attanagliata dall’ansia e dalla paura”.
Alfine, l’incubo è terminato perché, ha spiegato Neuner, “l’aspetto più tragico di tutta questa vicenda è rappresentato dal suo epilogo. Quell’uomo non ha smesso di perseguitarmi perché è stato fermato dalla legge, oppure perché guarito, ma solo perché ha deciso di togliersi la vita”.