Il lupo ferito, le sliding doors e il rifiuto dell’assuefazione: così Jannik Sinner ha sgretolato il tabù Alcaraz
Non era il nostro giardino. Quando dicevi Wimbledon, pensavi a Borg, Becker, Agassi, Sampras, negli anni più recenti a Djokovic, Federer, Murray, Nadal. Ammiravamo questi campioni da puri amanti dello sport. E ci sembravano irraggiungibili, perché l’Italia era lontanissima dal tennis che conta, tanto che un quarto di finale, come quello conquistato da Davide Sanguinetti nel 1998, ci sembrava un risultato spropositato e da festeggiare. Poi la storia è cambiata. Matteo Berrettini è stato il pioniere che per la prima volta ci ha proiettato su certi palcoscenici: indelebile la finale raggiunta l’11 luglio 2021, il giorno che la Nazionale azzurra vinse gli Europei di calcio a Wembley. Fino all’esplosione dell’indiscusso Re Mida: Jannik Sinner.
La ferita del Roland Garros era freschissima e ancora aperta. Il classe 2001 non l’aveva ancora del tutto superata: ad Halle era uscito a sorpresa contro il kazako Alexander Bublik, ma anche nei primi tre turni a Wimbledon, nonostante i pochi game lasciati agli avversari, non avevano convinto del tutto. Qualche ingranaggio si era inceppato, le scorie si facevano ancora sentire. Sino al punto di svolta dell’ottavo di finale.
LE SLIDING DOORS DEL TORNEO
Contro Grigor Dimitrov, Sinner si è ritrovato con i piedi dinanzi ad un precipizio. Sotto per 2 set a zero e con un gomito destro dolorante a causa di una caduta. Sovente succede che qualcuno può perdere momentaneamente la memoria a causa di un violento colpo al capo, per poi riacquistarla a seguito di un successivo trauma. Per l’italiano è accaduto qualcosa di simile. Contro Dimitrov, seppur baciato innegabilmente dalla buona sorte (ma a nostro avviso c’erano tutti gli ingredienti per recuperare quella partita al quinto set), Jannik ha incassato una sorta di brusco schiaffo morale. Una bella scrollata che gli ha fatto capire che non poteva continuare così, pena l’addio prematuro al torneo. Lo spavento degli ottavi di finale, di fatto, ha cancellato il ricordo e gli spauracchi di Parigi. E da quel momento è tornato il Sinner che conosciamo.
Dopo non aver lasciato neppure le briciole all’americano Ben Shelton ed al serbo Novak Djokovic, il fuoriclasse di San Candido si è ritrovato di fronte il rivale di sempre Carlos Alcaraz, bestia nera con cui aveva perso 8 precedenti su 12, di cui gli ultimi 5 consecutivi. Ma oggi è sceso in campo un vero e proprio lupo ferito. E quando un lupo è ferito, diventa cattivo e non lascia scampo alla preda. Oggi Sinner aveva questo atteggiamento famelico di chi non solo non ha dimenticato la recente amarezza parigina, ma soprattutto ha mostrato la tempra del fuoriclasse che rifugge la sconfitta e non vuole di certo assuefarsi a provare quella sensazione, come stava accadendo ormai da quasi due anni contro lo spagnolo. Aveva più fame Jannik ed ha dimostrato anche di aver imparato la lezione rispetto al Roland Garros. Quando Alcaraz è andato all-in, giocandosi il tutto per tutto con i suoi consueti colpi a tutto braccio, l’italiano stavolta non ha tremato, non si è fatto condizionare ed ha innalzato a sua volta il livello, spegnendo sul nascere il principio di incendio.
Sinner ha mostrato una solidità mentale, ancora una volta, fuori dal comune e, oseremmo dire, da ogni logica. Alzi la mano chi, dopo una batosta come quella di Parigi, si sarebbe aspettato l’apoteosi a Wimbledon. Addetti ai lavori come Boris Becker avevano avvertito: “Potrebbe volerci anche un anno per riprendersi“. E’ stato sufficiente un mese…Spezzato il tabù Carlos Alcaraz, ora l’azzurro può mettere nel mirino con maggiore leggerezza obiettivi sempre più ambiziosi, come la conferma dei titoli agli US Open ed alle ATP Finals, che si disputeranno sulle superfici predilette (cemento e veloce indoor). E proprio per Alcaraz ora non sarà semplice accettare e smaltire la sconfitta avvenuta in quello che reputava il suo habitat prediletto, con tanto di plateale sfogo con i suoi allenatori: “E’ incredibile come colpisca così più forte di me“. Sì, adesso Wimbledon è il nostro giardino.