La favola di Filippo Conca: “La mia vittoria farà riflettere, ma non cambierà nulla. Ho diversi contatti, posso essere un buon gregario”
Ci sono momenti nella vita in cui tutto sembra sfumare: le certezze, i sogni, le strade che si pensava già tracciate. Il 26enne Filippo Conca, che tra gli Under23 è stato uno dei nostri corridori più promettenti, ha conosciuto da vicino quella curva inaspettata, quella caduta che mette in discussione tutto. Quattro stagioni da professionista: prima due anni con la Lotto, poi altri due con la Q36.5, rimanendo poi senza contratto alla fine dello scorso anno. Ma è proprio lì, dove molti si fermano, che lui ha deciso di ripartire. Con coraggio, umiltà e una passione incrollabile, Filippo ha trasformato le difficoltà in carburante, la delusione in determinazione. Non è una semplice storia di sport, ma un messaggio potente per chiunque stia attraversando un momento di crisi: si può cadere, si può toccare il fondo, ma si può anche rinascere. Più forti, più consapevoli, più veri. In quest’ultima settimana non si fa che parlare di questo “ex-professionista” che ha battuto i grandi con una squadra dalla maglia bianca, totalmente bianca, senza neanche uno sponsor visibile (il team è supportato da partner come Giant, Maurten, Shimano, Pirelli e Lazer). È lo Swatt Club, guidato da Carlo Beretta. La squadra, che non è né Continental, né Professional, né World Tour, ha sorpreso tutti — addetti ai lavori compresi — superando le sue stesse aspettative. Sapevano che il Campionato Italiano poteva essere l’unica corsa per mettersi in mostra. E ci sono riusciti. Nel modo più grande possibile. Quello del sogno realizzato. E adesso? Quale sarà il futuro per Pippo?
Come stai? Hai realizzato quanto fatto al Campionato Italiano?
“Sto bene, sto realizzando quanto fatto e sono felicissimo, ma anche stressato perché non sono abituato a tutta questa notorietà. Ammetto che preferisco stare un po’ più dietro le quinte.”
Partiamo da lontano, dal tuo approdo tra i professionisti con la Lotto: cosa non funzionò in quei due anni?
“In Lotto ho trovato un bell’ambiente e mi sono trovato molto bene. Il problema più grande è stato il fatto che mi sono ammalato di Covid per ben due volte e me lo sono trascinato per mesi. Lotto, in quegli anni, era in un momento delicato perché rischiava di non rimanere nel World Tour. Quindi, per salvarsi, mandavano i corridori più forti in corse di seconda fascia per cercare di fare più punti possibili. I giovani come me, invece, si ritrovavano a fare gare più toste, con squadre più attrezzate.
Nel ciclismo odierno si guarda solo il risultato, ma penso che se avessi fatto più gare secondarie, forse qualcosa in più avrei potuto fare. Sarei potuto andare in Androni, è vero, ma tornassi indietro rifarei le stesse scelte. Mi hanno dato la possibilità di fare grandi esperienze e di conoscere corridori che per me erano degli idoli, come Thomas De Gendt.”
Ti aspettavi poi di non ricevere nessuna offerta dopo la scadenza con la Q36.5?
“Da giugno fino a fine stagione continuavamo a parlare, sia io che il mio procuratore (Manuel Quinziato, ndr), con due Professional — una italiana e una spagnola — che sembravano interessate fino a ottobre, quando poi si sono tirate entrambe indietro. Da lì, abbiamo iniziato a cercare una formazione Continental, ma non ho trovato nessun posto.”
Hai faticato a trovare la tua dimensione in questi quattro anni da professionista. Hai provato a darti delle spiegazioni?
“Alla fine no. Secondo me, la mia posizione in una squadra è quella di essere in un team forte per lavorare al servizio dei compagni e magari poter centrare qualche successo personale con la giusta occasione. Non sono un fenomeno, però posso avere la giornata buona e giocarmi la corsa. L’ho dimostrato alla Vuelta 2022: non andavo più forte di adesso o dell’anno scorso, però ero al momento giusto nel posto giusto. E questo fa parte del gioco.”
Ormai si privilegiano giovani e giovanissimi, che esplodono sin da subito, senza dare tempo alle persone di crescere secondo i propri ritmi?
“Assolutamente d’accordo. Questa mia vittoria farà riflettere tante persone, anche se non penso che le cose cambieranno. Pur non essendo nessuno, meritavo di continuare a stare in gruppo.
Adesso ci sono quei campioni che vincono tutto e sempre loro, ma il 90% dei corridori sono intercambiabili, e quindi non così fondamentali. Le squadre, per trovare il campione, puntano tantissimo sui giovani, ma così facendo ne esce uno ogni tanto… e tutti gli altri poi rischiano di smettere.
Negli ultimi quattro anni, anche rispetto a quando sono passato professionista io, il ciclismo è cambiato tanto. Non ci sono più corridori che passano tra i pro ‘tardi’, e questo comporterà carriere sempre più brevi.”
Poi è arrivato lo Swatt Club: come sono avvenuti i primi contatti?
“Carlo Beretta lo conosco da diversi anni. Alla Coppa Agostoni dello scorso anno, quando ho corso molto bene — anche perché poteva essere una delle mie ultime corse — lui sapeva che stavo cercando squadra. È venuto a parlarmi, ci siamo confrontati e mi ha chiesto se fossi interessato al progetto Swatt, suddiviso tra gravel e strada. Mi ha lasciato molta libertà di scelta, ed eravamo rimasti che, se a dicembre non avessi avuto un contratto con un’altra squadra, sarei andato da loro. Ed è quello che è successo. È stata una scelta un po’ obbligata, ma quella giusta. Mi hanno dato una seconda possibilità e di questo gliene sarò per sempre grato.”
Hai dedicato tutto il 2025 per arrivare pronto ai Campionati Italiani, correndo alcune gare gravel come la The Traka dove sei arrivato terzo. Con quali ambizioni ti sei presentato al via dell’Italiano?
“L’obiettivo principale era correre bene la The Traka, che è la gara gravel più importante dopo il Mondiale e l’Europeo. La bici da strada l’ho presa in mano a fine marzo — ma usata pochissimo fino ai primi di maggio — perché avendo diversi appuntamenti gravel ho preferito concentrarmi su quello. Uscivo su strada con la bici da gravel.
All’Italiano sono arrivato per vincere. Penso fossi uno dei pochissimi a crederci, insieme a qualche amico stretto, come Lorenzo Bassanelli (in gruppo conosciuto come Bass, ndr) e alla mia famiglia.
Sapevo che sarebbe stata quest’anno la mia unica occasione per mettermi in mostra su strada, senza dimenticare che il Campionato Italiano è una gara che ho sempre interpretato molto bene anche nelle passate stagioni.
Sapevo di essere competitivo, e vedendo le ultime corse ho notato molti corridori di prima fascia stanchi, oltre a diverse assenze che possono aver giocato a mio favore.”
In tanti hanno notato il “poco interesse” verso il Campionato Italiano da parte delle formazioni World Tour. Hai avuto la stessa sensazione?
“Non è tanto disinteresse verso il Campionato Italiano, ma è il calendario. Oggi il ciclismo è sempre più esigente e si è costretti a essere sempre al 100% della condizione. Quindi molti corridori arrivano in questo periodo dell’anno stanchissimi, e non nella miglior forma. Non è colpa dei ciclisti, li capisco. È normale che sia così, anche perché non si può essere al top tutto l’anno.”
Cosa rispondi a chi ha storto il naso perché lo Swatt Club ha concessioni meno stringenti sulla normativa anti-doping, nonostante 4 dei 5 corridori presenti al Campionato siano in possesso del passaporto biologico?
“Quest’anno in soglia avevo circa una decina di watt in più rispetto allo scorso anno, a riprova che stagione dopo stagione continuo a migliorare e ad alzare l’asticella. Ma non ne avevo 50 in più. Era da un po’ che non facevo controlli anti-doping, ma chiaramente possono venire a testarci quando vogliono. Le critiche stanno a zero.”
La tua vita ora cambierà? C’è qualche squadra che si è fatta avanti?
“C’è qualche contatto, sì. Spero di firmare presto, anche per poter essere più tranquillo a livello mentale, perché quelli passati non sono stati mesi semplici.
Nel dicembre 2023 ho comprato una casa in centro a Lecco che ho iniziato ad affittare nel 2024, così da tenermi un po’ impegnato e iniziare a pensare al futuro. Ho letto che alcune testate hanno riportato la notizia che ho aperto un B&B, ma non è così: è solo un appartamento in affitto.
Ho fatto anche la patente nautica un mese fa, con l’idea, un giorno, di poter portare i turisti sul lago.”
Il ciclismo ti ha più dato o tolto nella vita?
“Fino a questo momento mi ha più tolto. Adesso, in parte, sono andato in pari. Ma spero di poter correre un Giro d’Italia prima o poi e vincere una tappa.”
Pensi di poter ancora essere un corridore in grado di dire la sua nel World Tour?
“Assolutamente sì. Posso essere un buon gregario e giocarmi tappe importanti in corse a tappe.”
Se rimanessi con lo Swatt Club, non potresti mostrare la maglia tricolore nelle corse di riferimento. Una leva in più per cambiare?
“Beretta sa benissimo che, dal momento in cui dovesse arrivare un’offerta da un’altra squadra, l’accetterei subito. Per tutto lo Swatt e per il movimento, credo sia stato già importante che sia successo al Campionato Italiano, anche e soprattutto per la crescita del loro progetto. Sono certo che avranno un ritorno importante.”