Wimbledon, il torneo di Darderi e Bellucci resta positivo. Errani/Paolini: in doppio l’erba resta la superficie più indigesta
Erano cinque gli italiani al terzo turno di Wimbledon 2025, ne rimangono tre. I due della parte bassa, Luciano Darderi e Mattia Bellucci, hanno salutato oggi i Championships con due prestazioni che si possono definire in modo diverso e che danno luci diverse al fatto che, ad ogni modo, possono sorridere alla fine di questo viaggio sui prati.
Partiamo da Bellucci: tenuto a battesimo dalla wild card locale Oliver Crawford, con tutti i rischi del caso, è stato molto bravo a togliere qualsiasi certezza a Jiri Lehecka. Un risultato di enorme prestigio, considerando che il ceco è finalista in carica del Queen’s (e quello che lo ha battuto si chiama Alcaraz). Il problema è che sulla sua strada ha incontrato un Cameron Norrie in netta ripresa, più vicino alla versione del 2022 che non a quella del 2024. Nella comunque ben visibile positività del torneo del nativo di Busto Arsizio, però, un neo c’è e riguarda il fatto di aver sprecato tanto nel primo set e aver lasciato in sostanza andare il terzo. Fattori che dovranno essere migliorati soprattutto a livello mentale, perché è qui che passa la differenza tra un validissimo giocatore e qualcuno capace di attaccare con costanza la top 50, se non oltre.
I dati positivi, invece, si confermano per Darderi. Bravo a rimontare il russo Roman Safiullin all’esodio, non si è lasciato intimorire dalla wild card di casa Arthur Fery, fatto che poteva benissimo verificarsi, e poi ha comunque dato prova di saper lottare anche su questa superficie contro Jordan Thompson, che in fatto di erba ne sa molto di più. Al di là della sconfitta con l’australiano, però, è l’atteggiamento che conta, quello di un giocatore che ha sempre fatto capire di essere pienamente dentro la partita senza volerla mollare. Non è, e non sarà mai, un erbivoro puro, il nativo di Villa Gesell, ma è piena la storia del tennis di non erbivori capaci di mettere a segno discreti-buoni risultati a Wimbledon. Quindi, perché non dovrebbe diventare qualcosa di simile a una costante (anche con un po’ di fortuna dai sorteggi) il suo avanzare?
Il capitolo finale riguarda il doppio. Qui bisogna andare particolarmente cauti: parliamo di Sara Errani, che sul Centre Court nel 2014 è stata campionessa assieme a Roberta Vinci, e parliamo anche di Jasmine Paolini, che sullo stesso campo dieci anni dopo è andata vicina, vicinissima, ad alzare al cielo il Venus Rosewater Dish. Il punto è solo legato alla loro performance assieme a Wimbledon, che, bisogna dirlo, ha avuto la sfortuna di un sorteggio pessimo. Non era facile trovare quasi subito la quotata accoppiata Chan/Krejcikova, sette Slam più due finali e otto semifinali in due. E se la giornata di Sara non è stata la migliore, su Jasmine pesa anche tutto quello che ha esternato in conferenza stampa dopo la sconfitta in singolare contro la russa Kamilla Rakhimova. Sono cose che accadono, e la speranza è di ritrovarle tanto agli US Open quanto tra un anno sui prati con rinnovate ambizioni, dato che la coppia d’oro olimpica sui campi dell’AELTC finora ha al massimo il terzo turno all’attivo. Alla romagnola, ad ogni modo, resta la corsa nel misto con Andrea Vavassori, che ha dell’importante per motivi che esulano anche dal contesto dei Championships.