Jannik Sinner si racconta: “La prima volta contro Alcaraz avevo già capito…Una lezione affrontare sull’erba Djokovic”
Jannik Sinner ha fatto il suo esordio ieri a Wimbledon, battendo piuttosto nettamente nel primo turno Luca Nardi. Sull’erba di All England, il pusterese ha cominciato in maniera convincente ed è atteso al confronto di domani contro l’australiano Alexander Vukic, pronto a confermare il medesimo risultato del primo round.
In avvicinamento allo Slam londinese, Jannik ha concesso un’intervista gestita da Rolex in cui si è un po’ raccontato a 360°, partendo dai suoi inizi a Wimbledon e come abbia vissuto dei match significativi nel proprio percorso. Il riferimento, in quest’ultimo caso, è stato al 2022, quando l’azzurro affrontò lo spagnolo Carlos Alcaraz nel loro unico confronto su prati di Church Road.
Un match, valido per gli ottavi di finale, vinto da Sinner in quattro set: “Quello era il giorno in cui si celebravano i cento anni del Centre Court. C’era un gran pubblico e pure molti ex numeri uno a vedere l’incontro. Quel match contro Carlos è stato davvero duro. Credo di aver avuto match-point nel terzo set e non l’ho sfruttato. Poi siamo andati al quarto. Una montagna russa, ma allo stesso tempo una gran partita e grandi sensazioni. Quando scendi dalle scale per la prima volta per entrare in campo è incredibile. L’atmosfera è diversa. Ricordo il primo punto che ho giocato: quando ho servito nessuno parlava. È fantastico. Questo non succede in tutti gli altri campi. Qua non senti niente. Senti solo il suono dei colpi. Poi quella partita l’ho vinta. Una sensazione di sollievo incredibile“.
Una partita di alta qualità, come le altre con Carlitos, avversario che l’azzurro aveva avuto modo di conoscere già nel 2019, quando i due si incrociarono sulla terra rossa del Challenger di Alicante e si impose Alcaraz, pur giovanissimo: “Ci sono alcuni giocatori per cui avverti che hanno qualcosa di speciale. Carlos aveva già queste qualità quando era più giovane e giocavamo nei Challenger. Vedi subito dal suono della pallina, dal modo in cui si muove. Pensavo ‘Tu arriverai di sicuro (a essere top player, ndr), io non so’. E ora ci siamo divisi gli ultimi sei Slam, che è una cosa bella da vedere. È positivo anche per le nuove generazioni, dove ognuno ha il proprio stile di gioco e tu ti devi adattare. Il tennis è imprevedibile, può cambiare da un momento all’altro. Magari qualcuno ha un infortunio. Non te lo auguri, ma può succedere. Sono curioso di vedere cosa accadrà in futuro. Non lo sappiamo per ora, ma ci sono molti buoni giocatori e sarà interessante da vedere. Per ora Carlos ha vinto di più e merita di essere dove è al momento. Allo stesso tempo io continuo per la mia strada“, ha rivelato.
In quella stessa edizione, nel turno successivo (quarti di finale), si confrontò con Novak Djokovic, capace di rimontare sotto due set a zero e di prevalere al quinto contro Jannik: “Ero molto nervoso quel giorno. Contro di lui ho percepito che anche la storia entrava con lui in campo. Aveva già vinto il torneo molte volte. Novak è uno di quei giocatori che, se vuole, non sbaglia mai. A volte ti fa sentire un giocatore nella media e ho percepito questa cosa nelle prime volte che l’ho sfidato. Ero sopra due set a zero, poi mi ha stroncato. È andato fuori dal campo, è tornato e non mi ha fatto toccare palla. Io ero un giocatore diverso, ma dal mio lato è stato positivo scoprire che le cose possono cambiare molto velocemente“.
Nel 2023, in semifinale, il serbo e l’italiano si incrociarono nuovamente e l’esito fu lo stesso e anche in modo più netto nel risultato (3 set a 0): “Stavamo giocando con il tetto chiuso, stava piovendo ed era molto scivoloso. Puoi vedere la differenza di come ha gestito lui la partita, quanto calmo è. È stata un’ottima lezione per me e per la mia carriera. Mi ha mostrato quanto lavoro avessi ancora da fare. È molto difficile spiegare cosa succede. Bisogna viverle quelle emozioni per capirle. Penso sempre che sia con le sconfitte che impari maggiormente, anche se qualche volta è difficile, come ad esempio è appena successo con Parigi. Devi cercare di imparare per capire cosa fare meglio la volta dopo“.
Partite funzionali al percorso di crescita e a quel che si è ora, il n.1 del seeding dei Championships: “Dico sempre che, soprattutto quando sei giovane e hai 22 o 23 anni, le cose possono cambiare molto in fretta. Già un solo anno è molto importante a quell’età. Per questo non voglio buttare via un giorno, una sessione di allenamento. Perché i piccoli dettagli fanno la differenza. Per quello preferisco fare di più che di meno, così quando sarò alla fine della carriera potrò dire di aver dato tutto, senza rimpianti, senza aver lasciato un 1% qua e là. Cerco sempre di lavorare più duramente che posso. Poi vedremo dove arriverò“.