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Stefano Garzelli: “Pellizzari è uomo da Grandi Giri, Tiberi sia più coraggioso, Vingegaard darà filo da torcere a Pogacar”

Eleganza in sella, intelligenza tattica e un’innata capacità di leggere la corsa: Stefano Garzelli ha incarnato per anni l’essenza del corridore completo. Nato a Varese nel 1973, Garzelli è entrato nella storia del ciclismo italiano vincendo il Giro d’Italia del 2000, successo che lo ha consacrato tra i grandi del mondo delle due ruote. Scalatore brillante, ma anche corridore dallo spunto veloce e dalla visione strategica raffinata, ha saputo reinventarsi lungo una carriera che lo ha visto protagonista su più fronti. Oggi Garzelli con uno stile sobrio ma incisivo, accompagna gli appassionati nel cuore delle gare ai microfoni della televisione di stato, offrendo analisi puntuali e un punto di vista privilegiato.

Che idea ti sei fatto di Giulio Pellizzari al Giro d’Italia? Può diventare un corridore in grado di lottare per i Grandi Giri?
“Assolutamente sì. Tiberi è un buon corridore, ma il vero futuro per l’Italia è Giulio Pellizzari anche per quanto ha dimostrato lo scorso anno sul Monte Grappa. E’ migliorato tantissimo ed è in una squadra perfetta per la sua crescita”. 

Secondo te Antonio Tiberi esce ridimensionato dal Giro d’Italia o la caduta di Nova Gorica lo rende non giudicabile?  Cosa deve migliorare per vincere in futuro una corsa a tappe?
“La caduta non lo rende giudicabile, non ne esce ridimensionato. Non si è presentato al Giro nella miglior condizione, dopo l’intoppo fisico al Tour of the Alps, e quindi non sappiamo come sarebbe potuto andare, ma la caduta di Nova Gorica lo ha destabilizzato molto sia fisicamente che mentalmente. Tiberi adesso non dovrà ascoltare le voci che ci saranno, ma andare avanti per la sua strada e continuare a lavorare come ha sempre fatto. Quello che gli consiglio, da ex, è di essere un po’ più coraggioso in corsa, va forte a cronometro anche se quest’anno al Giro non ha fatto vedere i suoi veri valori avendo dovuto controllare molto anche a causa del maltempo”.

Ti aspettavi di più da Davide Piganzoli?
“Sì, mi aspettavo qualcosa in più. Secondo me Piganzoli, così come Tiberi, sono partiti troppo forte ad inizio stagione e per preparare un Grande Giro bisogna fare passo dopo passo senza essere in forma i primi mesi della stagione, a meno che tu non sia un fenomeno al pari di Pogacar o Evenepoel”. 

A posteriori come valuti la gestione della UAE al Giro d’Italia?
“Penso che la UAE abbia commesso diversi errori, su tutti quello di non aver fermato Del Toro dopo la caduta di Ayuso nella tappa delle Strade Bianche, e penso che questo abbia destabilizzato gli equilibri in squadra”. 

Tra i più giovani, ritieni Del Toro il più talentoso in ottica futura?
“Ha un gran bel talento, va molto forte e ha una grande abilità nella guida della bici. Del Toro ha sopratutto un grande carattere, molto vincente. Pellizzari in salita non è da meno, ma quello che ha fatto Del Toro è sbalorditivo”. 

Si avvicina il Tour de France: pensi che Vingegaard tornerà a giocarsela ad armi pari con Pogacar come nel 2022-2023?
“Sicuramente sì. Vingegaard lo scorso anno, dopo l’incidente ai Paesi Baschi, ha fatto un miracolo ad arrivare secondo al Tour. Adesso sta bene, lo vedo in ottima condizione, e credo abbia tanta voglia di rivincita”. 

Remco Evenepoel pensi che possa impensierire Pogacar e Vingegaard, anche grazie agli oltre 40 km a cronometro, o il gap in montagna resta ampio?
“Penso che sarà un Tour de France a tre, con Pogacar, Vingegaard ed Evenepoel come grandi favoriti, sarà un Tour molto incerto quest’anno e credo che anche Pogacar se ne stia accorgendo”. 

In generale, pensi che il ciclismo italiano sia finalmente sulla strada di una lenta guarigione?
“Nel ciclismo abbiamo ancora tanti problemi, ma abbiamo individuato dei corridori per i Grandi Giri che possono dire la loro, come Pellizzari, un corridore su cui l’Italia potrà contare molto nei prossimi anni, ma anche Tiberi, che è ancora giovane a ha davanti a sé un bel futuro”. 

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