Idea Pieroni: “A Tokyo obiettivo finale. L’1.93 di Livorno? I risultati arrivano quando meno te l’aspetti”
Nuova puntata di Sprint Zone, la trasmissione che va in onda sul canale YouTube di OA Sport con Ferdinando Savarese alla conduzione. Questa volta siamo di fronte a Idea Pieroni, tra le figure più significative del salto in alto tricolore, che ci porta dentro molti aspetti della sua disciplina.
L’asticella davanti fa sempre paura? “Vero, soprattutto nei momenti un po’ più difficili è complesso vedere che non stai sempre su certe misure. A livello mentale devi avere coscienza del fatto che ci saranno momenti meno positivi. Ma se salto 10-15 cm in meno mi spavento particolarmente, anche se è normale e fa parte del percorso“.
Dopo l’1.90 a 17 anni: “Dopo dovevo essere gestita meglio, invece ci sono state diverse dinamiche una dietro l’altra che hanno peggiorato una situazione già non ottima, tra cui Covid, cambio allenatore, cambio città, maturità, il corso dei Carabinieri a Roma per cui sono stata via tanto, ma ora l’importante è che va bene così. Nella carriera di un atleta è normale soprattutto se non è gestito bene in giovane età ‘cascarsi’. Ma l’importante è avere consapevolezza che si può uscire da quel periodo lì. Per me le dinamiche non erano più nell’atletica, ma anche nel personale, e per questo la situazione è peggiorata“.
Coincidenza sui record nell’aria di casa: “Da 1.91 a 1.93 effettivamente sempre in Toscana li ho fatti. In tutte le gare avevo il mio allenatore e il supporto degli amici che mi sono venuti a vedere, era molto comodo. Siena e Prato me l’aspettavo, l’1.93 di Livorno non so bene com’è uscito fuori. Ma è giusto così: i risultati arrivano quando meno te l’aspetti“.
La giornata di Livorno: “In allenamento mi piace fare il triplo. Avevo comprato le scarpe per balzare da triplo, la ragazza che doveva coprirlo s’era fatta male, e siccome si doveva passare in argento con la Virtus Lucca ho detto ‘sai che c’è? Lo faccio io’. Rischioso, ma in allenamento è sempre andata bene. L’atletica mi piace tutta: lo sbaglio che è stato fatto con me è che sin da piccola mi sono specializzata solo nel salto in alto, e mi stancavo perché non ce la facevo più, volevo fare altre cose, ma facevo solo quella. Invece secondo me per divertirti ti serve ogni tanto un’altra gara di qualcos’altro, male non fa, finché non sali agli alti livelli. Nel triplo la misura si può fare dal primo al sesto salto e io l’ho fatto al sesto. Pensavo di far meglio. Poi nell’alto era abbastanza facile prendere 12 punti, ma è stato veramente inaspettato perché in allenamento ero messa peggio. Magari potevo fare anche di più, solo che la gara non la sentivo quasi neppure, mi sembrava quasi di giocare“.
Riassunto della stagione con le sensazioni: “Ho iniziato con Padova il 4 gennaio e un inaspettato 1.91. Ne avevo bisogno perché la preparazione è durata da ottobre a gennaio, a me piace vedere subito il riscontro. Alla fine è stata la gara migliore di tutte, anche se la rincorsa aveva veramente tante imperfezioni e il salto era molto sporco. Una delle due gare in cui avevo più aspettativa era in Slovacchia (bramavo da anni), sono andata in panico perché era come un Mondiale. C’erano tutte, vuoi far bene e invece mi sono un po’ bloccata. E uguale agli Europei: era la gara su cui puntavo, era la settimana in cui stavo meglio in allenamento, ma alla fine l’importante è la testa che fa il 90% della prestazione. Se sto bene di testa vado bene anche se col fisico sto a zero. Agli Europei stavo bene, ma mi è preso un dolore fortissimo all’addome per l’ansia. In gara di solito riesco ad accostarla, anche se ne soffro nella vita, ma agli Europei è stato veramente atroce. Era una qualificazione difficile, si era in 18 e andavano in finale in 8. La misura era tra 88 e 92, l’avevo fatta tutta la stagione, invece sbagliare 1.75 penso che non succedesse da anni. Mamma mi ha insegnato a star tranquilla per la gara dopo. All’inizio non volevo sentir parlare di Mondiali dopo la qualifica, ma lì è andata meglio, magari non in maniera eccelsa, ma ho rifatto 1.89 e si partiva da 1.85. Al primo Mondiale, facendo così tante ore di viaggio, è difficile perché soffro aereo, viaggi lunghi e star lontano da casa. L’ambiente di un Mondiale però è veramente bello, in Cina vedi un’altra cultura, è stato veramente indimenticabile. Però il rammarico c’è: anche lì il podio era a 1.95, e non dico fosse molto più difficile rispetto a un Europeo, ma con 1.92 arrivare nelle prime sei posizioni non era impossibile“.
Ricordi mondiali: “Gareggiare con tutte le atlete d’élite, le vedi saltare tutte una dietro l’altra… ok, la gara a livello tecnico non è stata di livello elevato, però l’anno scorso le vedevo in tv e ora questo lo vedo dal vivo e lo vivo sul momento. Ha ripagato di tante cose. Sento l’esperienza e la gara in sé e per sé“.
Responsabilità vista l’eredità di una scia di grandi del salto in alto azzurro: “No, non la sento. Sono contenta. Finché va così mi godo il momento: è una disciplina molto tecnica e piena di alti e bassi, spero continui la mia crescita. Quest’anno all’aperto è una stagione intensa e vorrei fare di più, infatti ho cambiato rincorsa per provare a salire di più visto che con quella vecchia mi fermavo lì. Sono contenta e onorata, perché vivo d’atletica, e far bene quello che faccio è la fase più importante per me. Vedremo se continuerà, speriamo poi anche che Elena Vallortigara torni ad allenarsi il prima possibile, per me è un idolo. Per potermela giocare con lei e le altre“.
Sul cambiamento tecnico: “Ho provato ora questa nuova rincorsa, provandola in allenamento stavo peggio e non riuscivo a prendere gli stacchi, a correrci. Odio i cambiamenti, prenderei la rincorsa degli anni scorsi che fin dal primo momento in cui l’ho provata mi sono trovata da Dio. Ovviamente però è una rincorsa che mi limita e me ne rendo conto. Il mio problema è che gli anni bui il problema è stato di non avere una preparazione fisica adatta e facevo un salto in lungo invece che un salto in alto, non reggevo le velocità e il ritmo della rincorsa necessari per fare certe misure. E non avevo freschezza mentale“.
Piani futuri: “Per ora non ho date certe. In Italia l’8 giugno, gara organizzata dalla mia società a Lucca. Poi vediamo se fare qualche meeting all’estero nel frattempo. Spero di poter fare io gli Europei a squadre a fine giugno a Madrid, ma meeting in programma ancora non ne ho“.
Il ranking: “Sono diciottesima. Però migliorare un po’ non sarebbe male: più che altro devo fare 1.92 per il minimo FIDAL“. E l’obiettivo per Tokyo: “La finale. Sarebbe già un lusso, le misure non saranno elevate. Anche l’anno scorso per la finale alle Olimpiadi ci voleva 1.92. Mi auguro quello e basta, e anche che tutta la stagione vada con stabilità senza avere tracolli“.