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Mattia Gaspari racconta la nuova pista ‘Eugenio Monti’ di Cortina d’Ampezzo

La prima volta non si scorda mai. Questo dice il detto. Ma ci sono prime volte e prime volte. E quella di Mattia Gaspari non può che avere un valore speciale. Il rappresentante della Nazionale italiana di skeleton è stato infatti il primo atleta in assoluto a provare il nuovo budello di Cortina d’Ampezzo, finalmente pronto ad ospitare le Olimpiadi di Milano Cortina 2026 dopo una costruzione in tempi record che hanno compensato il grande e preoccupante ritardo accumulato da una lunghissima e sterile fase di stallo.

L’azzurro ha raccontato le sue emozioni nell’ultima puntata della terza stagione di Salotto Bianco – rubrica d’approfondimento incentrata sugli sport invernali a cura di Dario Puppo e Massimiliano Ambesi, in onda sul canale YouTube di OA Sport – svelando alcuni importanti segreti di una pista destinata ad entrare a pieno titolo nella storia degli sport invernali.

In prima battuta, il nativo di Pieve di Cadore ha svelato alcuni retroscena interessanti circa la sua prima discesa: “C’è stata un po’ di preparazione prima. Siamo andati lunedì con la prima discesa ufficiale, ma già domenica sono passato dalla pista per vedere i lavori, per capire se era tutto a posto anche a livello di sicurezza. Sono stato chiamato due giorni prima da Gianfranco Rezzadore, Presidente del Bob Club, dicendomi che voleva che fosse un atleta di casa a provare per primo la pista in memoria di Eugenio Monti. Dopo vari giri siamo riusciti a fare la discesa alle 17:30 del pomeriggio. Non è stata niente di che a livello di prestazione, mi sono solo sdraiato e mi sono divertito. Ma la cosa più bella è stata vedere la faccia e gli occhi di chi ha sudato sette camicie lavorando per venti ore al giorno per portarla al termine. Questo mi ha emozionato più della mia discesa: sentire quel boato alla fine capendo che era tutto a posto è stato bellissimo. C’era gente dappertutto. La ditta che ha costruito la pista fa infrastrutture molto grosse, ma non avevano mai lavorato ad una pista da slittino e bob”. 

Un tema che sta emergendo i questi giorni iniziali è sicuramente quello legato alla velocità: “Per la prima discesa faceva anche molto caldo, la pista era un po’ brinata con la brina superficiale che ammazza la velocità; al primo giro non sono arrivato all’arrivo. Il bob è arrivato appena dopo di me, lo slittino uguale. Adesso mi stanno sorprendendo certe curve in cui si va ad una velocità interessante”.

La soddisfazione più grande, per tutti gli atleti di casa, è quella di avere un impianto finalmente a portata di mano: “Questa settimana sto cercando di stabilire il record garage-partenza: secondo me sto sotto i quattro minuti. Tutti siamo contenti. Avere la pista vicino casa è fondamentale, non tanto per chi gareggia o fa Coppa del Mondo, ma per il vivaio che avrai in futuro. Avere un impianto in Paese è fondamentale per creare movimento”.

Per una serie di motivi, la pista potrebbe diventare, o forse già lo è, il simbolo dei Giochi di Milano Cotina 2026: “Io direi proprio di sì. Tante persone hanno già prenotato per venire, i biglietti stanno andando a ruba. Questa è stata una delle strutture più bistrattate con dei dati non veritieri che avrebbero fatto irritare qualsiasi laureato in economia. Credo che sia già il simbolo, ma non per le medaglie, bensì come opera architettonica. E’ stato fatto un mezzo miracolo, hanno studiato tutto nei minimi particolari per accelerare i tempi e risparmiare anche poche ore. Questo dà l’idea del genio e dell’inventiva che ha l’Italia. E’ veramente un fiore all’occhiello”. 

Ma quali sono le caratteristiche che collegano Cortina ad altre piste? “La prima parte mi ricorda Pyeongchang, soprattutto le prime curve. Le altre sono particolari. Hai delle curve che rimangono un po’ sul tracciato vecchio: la Belvedere, la Bandion, l’Antelao. Sono vere curve, non come le mezze curve della Cina. Qui senti la pressione, sai dove sei e cosa devi fare, altrimenti devi stare attento. Forse come struttura ricorda un po’ La Plagne: un po’ nel mix delle curve che sono una dietro l’altra ma una diversa dall’altra. Questo impianto è il più moderno d’Europa, l’ultimo è La Plagne, fatto per il 1992. Questa è la più nuova con dei criteri di sicurezza che gli altri si sognano”. 

Ed a proposito di squadra da battere, l’azzurro non ha avuto alcun dubbio: “Chi può trovarsi bene?  La Germania, a Pechino hanno vinto 9 ori, arriveranno in grande spolvero. Speriamo di potergli rompere le uova dal paniere”. In ultimo il nostro portacolori ha spiegato nel dettaglio un aspetto molto interessante in ottica sicurezza: “Ci sono degli schermi, come una torre di controllo con tutte le inquadrature in sequenza in modo che si possa vedere chi c’è dietro la partenza e all’’arrivo; si vede tutto della pista ed è tenuto tutto sotto occhio. Vengono poi detti i nomi delle curve quando un atleta passa. In Cina ci fu un incidente, ma fu un caso”.

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