Jannik Sinner verso l’anno intero da n.1 dopo aver raggiunto per la prima volta il primato: i pochi eletti che ci sono riusciti
Che Jannik Sinner sia ormai vicinissimo a mantenere, anche dopo lo stop, lo status di numero 1 al mondo, è fatto acclarato. Soltanto un colpo di mano gigantesco di Alexander Zverev potrebbe togliere al classe 2001 di Sesto Pusteria la testa della classifica mondiale, vale a dire la vittoria di tutti e tre i prossimi tornei che disputerà: Montecarlo, Monaco di Baviera e Madrid.
Questo fa sì che, complice il fatto che Jannik a Roma non difende nulla (fu assente nel 2024) e Zverev, invece, ha tutta l’intera vittoria di un anno fa sul groppone, ci siano anzi dei margini piuttosto seri che possano permettergli di allungare il passo e presentarsi al Roland Garros con un margine sufficiente da tenere a distanza sia lui che Carlos Alcaraz (un altro che al Foro Italico non difende punti, come però nemmeno a Montecarlo).
E a quel punto, se riuscisse a passare Parigi da leader del ranking ATP, per Sinner sarebbero 52 settimane in vetta (attualmente è a quota 43). Un anno intero, dal 10 giugno 2024, e non è cosa così comune, anzi. All’atto pratico l’evenienza si è verificata 16 volte, con 9 giocatori diversi. Ma andiamo con ordine per raccontare chi ce l’ha fatta fino a questo momento. Prima di tutto, però, premettiamo due note tecniche. La prima: qui si prendono in esame le 52 settimane come un anno, anche se tecnicamente un anno è formato da 52 settimane e un giorno (due nel caso di anno bisestile). La seconda: qui ci si riferirà al solo settore maschile, ricordando brevemente che nel femminile di questi casi ce ne sono stati 14, con primato di Steffi Graf e Serena Williams a 186 settimane consecutive ciascuna e con presenze di Martina Navratilova, Ashleigh Barty, Chris Evert, Monica Seles, Martina Hingis, Iga Swiatek e Justine Henin in questo ordine.
Svetta davanti a tutti, naturalmente, Roger Federer. Lo svizzero è riuscito a stare consecutivamente in cima al mondo per non uno, ma quattro anni (e mezzo) consecutivi, qualcosa che molto difficilmente tornerà a verificarsi nel corso della storia del tennis. Il 20 volte vincitore Slam prese la testa il 2 febbraio 2004, al termine degli Australian Open da lui vinti per la prima volta (su Marat Safin, tornato di recente agli onori delle cronache perché sarà nell’angolo di Andrey Rublev), e lo lasciò il 17 agosto 2008, alla settimana consecutiva numero 237, quella post-olimpica. Federer, nel complesso, è poi arrivato a quota 310, e ha sfiorato un secondo anno intero in vetta, dato che tra Wimbledon 2009 e Roland Garros 2010 gli mancarono appena 4 settimane. Suo resta il primato dell’intervallo più grande tra la prima e l’ultima volta al numero 1: 14 anni e 142 giorni.
Al secondo posto di questa particolare graduatoria c’è Jimmy Connors. Ma “Jimbo” è presente anche al settimo. Com’è possibile? Facile: ha vissuto due periodi ben più lunghi di un anno al vertice. Eppure è quasi una beffa per lui, che fu primo dal 29 luglio 1974 al 22 agosto 1977 e dal 30 agosto 1977 all’8 aprile 1979. In pratica, 160 settimane e poi altre 84, totale 244 (sulle 268 totali). All’atto pratico, qualcuno gli ha tolto la possibilità di essere il recordman assoluto di settimane consecutive in testa al ranking ATP. Quel qualcuno è Bjorn Borg, cui bastò una settimana, quella 23-29 agosto 1977, per spezzare in due il regno di Connors. Lo svedese, per inciso, a raggiungere l’anno intero non ci riuscirà mai, pur avendo lasciato un segno indelebile nella storia del tennis. E poi rimarrà sempre lì la questione di Guillermo Vilas, che avrebbe potuto essere numero 1 per cinque settimane nel 1975 e per le prime due del 1976, come dimostrarono il giornalista argentino Eduardo Puppo e il matematico rumeno Marian Ciulpan in oltre 1200 pagine di report. Lo studio non fu rifiutato, ma l’ATP non cambiò la successione, come confermato nel 2015 e poi nel 2024. In sostanza, rimangono più di tre anni al vertice in fila per Connors.
Il terzo (e nono) di questa graduatoria è Ivan Lendl. Inventore di un tennis d’attacco da fondo che per un po’ di tempo fu un rebus per tanti (McEnroe in primis), Lendl si prese la vetta per la prima volta nel 1983, ma il suo periodo più prolifico su quello tra il 1985 e il 1989. In questa fattispecie, guidò il ranking per 157 settimane tra il 9 settembre 1985 e l’11 settembre 1988 (anche qui, tre anni praticamente precisi) e poi tra il 30 gennaio 1989 e il 12 agosto 1990 per ulteriori 80 settimane, che fanno parte del totale di 270 che è il quarto più elevato della storia. A impedirgli di fare di più, oltre ai duelli con McEnroe dei due anni pre-settembre 1985, fu Mats Wilander con il suo anno magnifico che fu il 1988.
Arriviamo poi al caso più particolare, quello di Novak Djokovic. Il serbo non ha mai tenuto la vetta per periodi lunghi come quelli dei tre citati, ma ha assommato un tale numero di settimane da arrivare alle attuali 428. La più lunga sequenza è quella di 122 settimane che va dal 7 luglio 2014 al 6 novembre 2016, vale a dire per la massima parte dei suoi due anni (e poco più) migliori. Si conta poi una striscia da 86 settimane che va dal 3 febbraio 2020 al 27 febbraio 2022: sarebbero più di due anni, ma le settimane effettive sono di meno perché tra il 16 marzo e il 23 agosto 2020, a causa della pandemia di Covid-19 e dell’attività mondiale azzerata, le classifiche furono congelate. Dal 4 luglio 2011 all’8 luglio 2012 (da un Wimbledon all’altro) durarono le 53 settimane di leadership che fanno da terzo “stint” più lungo, poi ci sono le esatte 52 dal 5 novembre 2018 al 3 novembre 2019. Ad oggi è il leader più avanti con gli anni della storia, con i 37 e 18 giorni al 9 giugno 2024.
Troviamo poi Pete Sampras, che ha trascorso al numero 1 nel complesso 286 settimane, terzo maggior numero tra tutti i leader. Non è mai stato, però, uno da strisce consecutive enormi. Pistol Pete, infatti, ha nella sequenza da 102 settimane dal 14 aprile 1996 al 29 marzo 1998 la più lunga in assoluto, seguita da quella che andava dal 13 settembre 1993 al 9 aprile 1995. Ed è capitato molto spesso che il 14 volte campione Slam cedesse per qualche settimana la leadership a qualcun altro (di solito Agassi, ma anche Courier, Muster, Rios, Moya e Kafelnikov; Rafter è venuto dopo Agassi), salvo poi issarsi di nuovo in vetta. Magari con un ace di seconda, di quelli che soleva metter giù in un gioco di mirabile completezza.
La decima sequenza più lunga appartiene a Lleyton Hewitt. L’australiano occupò la vetta per 75 settimane (sulle 80 complessive) tra il 19 novembre 2001 e il 27 aprile 2003, nel periodo in cui tutti lo ritenevano in grado di poter dominare il tennis negli anni successivi. Non è accaduto, anche se è rimasto ad altissimo livello per alcuni anni e ha continuato a giocare fin quasi ai 40, ma resta a tutt’oggi l’ultimo grande erede della scuola australiana, quella che nei conteggi ufficiali non ha Rod Laver in queste graduatorie solo perché la classifica computerizzata è arrivata il 23 agosto 1973, quando “Rocket” aveva 35 anni, un’enormità per l’epoca.
Troviamo poi John McEnroe, che arrivò a 58 settimane tra il 3 agosto 1981 e il 12 settembre 1982, dunque dopo il primo Wimbledon e prima di scatenare una lunga lotta a tre con Connors e Lendl, e poi a 53 tra il 13 agosto 1984 e il 18 agosto 1985, data che precede di poco l’interruzione dell’attività per quasi un anno (dal 1986 al 1992, poi, non riuscirà più a giocare una finale Slam né a tornare tra i primi tre). Dentro, però, c’è anche il 1984, la stagione più dominante della storia per un qualsiasi tennista dal 1973 a oggi: 82 vittorie e 3 sconfitte (tra cui quella dolorosissima con Lendl al Roland Garros 1984), il 96,5% di successi. Questo per ricordare che cosa è stato Mac, al di là di ogni cosa, negli otto anni in cui ha lottato con due generazioni diverse di tennisti (quella di Borg e quella di Lendl). Per lui 170 settimane totali in vetta.
In questa classifica c’è spazio anche per Rafael Nadal, che è l’ottavo uomo, ma con la 12a striscia più lunga, quella da 56 settimane che va dal 7 giugno 2010 al 3 luglio 2011, cioè da un Roland Garros vinto a un Wimbledon perso. Anche Nadal, come McEnroe, non è mai stato famoso per la sua costanza in testa, ma tra il 2008 e il 2020 è riuscito ad assommare 209 settimane al vertice, con il primato dei 14 Roland Garros che sarà probabilmente il più imbattibile nella storia dei tornei. Il mancino di Manacor si è ormai ritirato dallo scorso novembre, e nel complesso ha raccolto otto passaggi in vetta al ranking ATP. Degli spagnoli è stato il terzo in vetta, dopo Moya e Ferrero, ma ad oggi è fuor di dubbio il più iconico.
Infine, con 52 settimane e per la ragione già citata, c’è Andre Agassi in quella che è sostanzialmente più di metà del suo conto totale di settimane al numero 1 (101). Quello tra 1999 e 2000 fu uno dei periodi più felici della sua parabola tennistica: tre Slam su quattro dal Roland Garros in avanti, la nuova vetta mondiale e soprattutto l’essere ritornato da un periodo di grandissima difficoltà, raccontato in Open anche con il contributo della penna di J. R. Moehringer in quello che è forse uno tra i più famosi libri a tema sportivo, se non il più famoso, della storia. Anche lui ha cambiato il tennis con una risposta ineguagliata, almeno fino alla comparsa di Djokovic, e generando per tanti motivi un’attenzione notevole sul proprio personaggio e sulla rivalità con Sampras, anche per l’immensa differenza caratteriale tra i due.