Biathlon, per l’Italia femminile un 2024-2025 in affanno. Però può essere solo “di transizione”
Stagione 2024-2025 finita per il biathlon. Tempo, dunque, di analisi e bilanci. In casa Italia bisogna seguire un doppio binario. Di Tommaso Giacomel, della sua crescita esponenziale e delle sue ambizioni future, si parlerà in una monografia dedicata. Il tema merita di essere affrontato in maniera esclusiva. In questa sede, ci si concentra sul resto del movimento.
Cominciamo dalle donne, dove non c’è molto da aggiungere a concetti già esposti a più riprese. Chiaramente, la squadra femminile è entrata in affanno. La saturazione è scesa sotto la soglia di guardia principalmente a causa dell’assenza di Lisa Vittozzi. Inoltre, il livello d’ossigeno nel sangue azzurro è calato anche in seguito al fisiologico calo accusato da Dorothea Wierer.
Se, in qualsiasi organismo, un polmone smette di funzionare e l’altro comincia a sentire la fatica legata all’età, la situazione si fa ovviamente difficile. Fortunatamente, il biathlon italiano non è un corpo umano. Ci sono tanti altri “polmoncini” in grado di fornire il sostentamento necessario a tenerlo vivo e vegeto.
Samuela Comola ha disputato una stagione solida in relazione ai suoi mezzi e alle sue possibilità. Michela Carrara è andata vicina a far “saltare il banco” ai Mondiali di Lenzerheide. Hannah Auchentaller archivia il migliore inverno della carriera. Si sono visti interessanti segnali di competitività da parte di Martina Trabucchi. Il tutto, senza dimenticare come Rebecca Passler abbia dovuto fare i conti con vicissitudini di complicata soluzione.
Insomma, la squadra femminile c’è anche se – a uno sguardo superficiale – non si vede. Peraltro nessuno può sapere quale sarà l’evoluzione futura di tutte queste ragazze. Non ci sono predestinate alla Wierer o alla Vittozzi, ma esempi come quello della finlandese Suvi Minkkinen dimostrano come con il duro lavoro si possano tagliare traguardi apparentemente irraggiungibili anche dopo i 30 anni.
Per quanto riguarda il settore maschile, giù il cappello di fronte a Lukas Hofer. Quello che può fare, lo sta facendo, questo autentico “Lazzaro” del biathlon azzurro. Non essersi arreso di fronte alle gravi difficoltà fisiche dalle quali era stato colpito un paio di anni orsono è una nota di merito, umana prima ancora di agonistica. Non ha mollato e, nonostante le 35 primavere, è ancora a ridosso dei migliori trenta del mondo.
Buona, considerati i mezzi a disposizione, la stagione di Daniele Cappellari. Nettamente la più altisonante della sua attività agonistica, poiché ha pienamente trovato diritto di cittadinanza nel massimo circuito. Viceversa, ci si poteva aspettare qualcosa in più da altri uomini. Gettargli la croce addosso, o emettere un giudizio tranchant, non avrebbe alcuna utilità. A chi di dovere il compito di analizzare perché il rendimento è stato inferiore alle attese, apportando i correttivi del caso in vista del 2025-2026.