Basket femminile: si ritira Diana Taurasi, la più grande di sempre
Si chiude davvero un’era del basket femminile e, naturalmente, della WNBA. Diana Taurasi, la giocatrice più forte che fino ad ora sia mai apparsa sulle scene mondiali, ha deciso di annunciare il proprio ritiro. A 43 anni finisce una delle carriere più vincenti che si ricordino, andate avanti lungo vent’anni in cui ha sostanzialmente dominato sui campi.
Il suo soprannome, White Mamba, non gliel’aveva dato una persona qualsiasi. Lo coniò Kobe Bryant, in riferimento al suo, Black Mamba. Lo stesso Kobe, pochi giorni prima del tragico incidente aereo che costò la vita a nove persone tra cui lui e la figlia, aveva dichiarato che lei, Elena Delle Donne e Maya Moore avrebbero potuto essere già pronte per la NBA. Quella degli uomini. E fu proprio lei, la White Mamba, tra le persone che parlarono alla celebrazione per Kobe all’allora Staples Center di Los Angeles, terminando il suo intervento con una frase ormai rimasta celebre, “los angeles nunca mueren”.
Diana Taurasi, una delle 11 donne ad aver vinto la medaglia d’oro olimpica, un titolo NCAA, i Mondiali FIBA e il titolo WNBA, ha iniziato a far capire molto presto chi poteva diventare: a Connecticut, infatti, mise insieme quattro anni da 15 punti di media complessivi, il che la rese in maniera praticamente naturale la prima scelta assoluta al draft del 2004. A selezionarla le Phoenix Mercury, franchigia che non ha mai lasciato. Il tutto dopo esser passato sotto l’ala di Geno Auriemma, che a UConn ha costruito un’autentica leggenda diventando il coach più vincente della storia del basket universitario americano: fu lui, che la guidò a tre titoli NCAA, a coniare una frase rimasta nella storia: “Noi abbiamo Diana, voi non l’avete”
E, in effetti, pe buona misura la fortuna delle Phoenix Mercury nel lungo periodo si è risolta anche così. Realizzatrice inafferrabile negli anni, in grado di fare sostanzialmente qualsiasi cosa sul campo, se si eccettuano le stagioni degli infortuni (2012 e 2019), e anche l’ultima, non è mai scesa sotto i 15 punti di media, e anche nell’ultima annata quella quota è rimasta vicinissima: 14,9, con superamento nei playoff. In cinque annate è stata la miglior realizzatrice della lega, nel 2006 e poi dal 2008 al 2011, nel 2014 è stata la migliore per assist (5,6 a gara, ma l’anno precedente aveva fatto ancora meglio con 6,2) e nel 2018 la migliore dalla lunetta (92,5%, anche se nell’annata successiva sfoderò un 94,4%).
Complessivamente 565 le partite giocate in regular season e altre 73 nei playoff, 10 chiamate all’All Star Game, tre titoli WNBA (2007, 2009 e 2014), due volte MVP delle Finals e una volta MVP assoluta (2009), 11 volte All Star, 10 volte nell’All WNBA First Team, per quattro volte atleta dell’anno per USA Basketball. Eppure la carriera di Diana Taurasi non è stata solo questo.
Per lei, infatti, anche una lunghissima scia con la maglia degli States tra Olimpiadi e Mondiali: praticamente sempre presente dal 2004 in avanti, ha contribuito a ben sei ori olimpici, quelli di Atene 2004, Pechino 2008, Londra 2012, Rio 2016, Tokyo 2020 (nel 2021) e Parigi 2024, nonché a tre ori mondiali, quelli di Cechia 2010, Turchia 2014 e Spagna 2018. Tre e non quattro, perché nel 2006 la Russia batté gli USA in semifinale, salvo poi perdere la finale con l’Australia.
E proprio alla Russia si lega un’altra parte della carriera di Diana Taruasi, quella europea. Capita praticamente sempre che le stelle d’oltreoceano si vadano a mettere in gioco anche in Europa, e nel suo caso la meta è stata prima Mosca, per una stagione con la Dinamo e quattro con lo Spartak, e poi Ekaterinburg, dal 2012 al 2017. In mezzo anche due annate con il Fenerbahce e il Galatasaray, a Istanbul, in Turchia. Stagioni vissute nel complesso a oltre 18 punti di media in Eurolega, con punte vicinissime ai 25. Sei volte ha portato la sua squadra a vincere proprio l’Eurolega, in tutte le quattro stagioni con lo Spartak e nel 2013 e 2016 con Ekaterinburg.
Di questi anni sono parecchie le storie interessanti. Per esempio, allo Spartak la portò Shabtai Kalmanovich, ex spia del KGB che dopo il carcere ha assunto il ruolo di promoter di concerti (Michael Jackson, Liza Minnelli tra gli altri) ed ha poi virato il suo interesse verso il basket femminile, prendendo lo Spartak e trascinandolo dalla metà classifica in Russia ai successi europei. E sempre in Russia, ma a Ekaterinburg, anche a seguito della rottura di una mano risalente alla stagione precedente, si ebbe una sua decisione storica: saltare un anno di WNBA per giocare solo all’UMMC. Questo aprì un enorme dibattito, se non altro perché gli stipendi corrisposti in WNBA erano decisamente inferiori a quelli che si potevano ottenere in Europa o anche in Cina. Del 2010, invece, è la spinosa storia di positività al modafinil; dopo un paio di mesi la giocatrice fu scagionata da ogni colpa e poté tornare in campo.
Tutto questo fa capire l’influenza di Diana Taurasi nella pallacanestro a livello assoluto. Di tutte le annate, forse la sua più incredibile è una in cui nemmeno ha vinto il titolo WNBA. Giocò nonostante i dolori alla caviglia ancora persistenti dopo la rottura dell’osso di un piede a inizio annata, aiutò Phoenix a portare a casa una durissima serie di semifinale con le Las Vegas Aces e poi andò di corsa di lì a Phoenix per assistere alla nascita della seconda figlia avuta con Penny Taylor, sua storica compagna fin dal 2009.