Biathlon, la vittoria di Tommaso Giacomel riaccende la luce azzurra e funge da monito. Guai a lanciarsi in giudizi affrettati!
“L’ora più buia è quella che precede il sorgere del Sole” è una frase attribuita a Paulo Coelho, buona al massimo per essere apposta su qualche cartiglio inserito nei Baci Perugina. Un pensierino banale, da terza elementare, che però è quanto di più affine ci possa essere a quanto accaduto nel panorama del biathlon italiano durante la tappa di Ruhpolding.
Dopo giorni complicatissimi, durante i quali è arrivata la pessima notizia del forfait per l’intera stagione di Lisa Vittozzi e in cui si sono dovute incassare performance deficitarie (rischiando addirittura l’onta del doppiaggio nelle staffette disputate in Baviera), le tenebre sono state squarciate dal lampo azzurro costituito dalla vittoria di Tommaso Giacomel.
L’affermazione del trentino era in qualche modo annunciata, perché si era capito già da almeno un paio d’anni come – nella giornata giusta – potesse “far saltare il banco”. Era solamente necessario avere pazienza, senza farsi prendere dallo sconforto per i momenti (più o meno prolungati) di “magra”. Il successo di Giacomel, nella realtà dei fatti, nulla aggiunge e nulla toglie al valore di un atleta che rappresenta la più classica delle mine vaganti.
Magari galleggia per mesi in balia delle correnti, ignorata e dimenticata da tutto e da tutti. Però, se le circostanze lo permettono, è in grado di affondare anche la più temibile delle navi da guerra. Come accaduto appunto domenica 19 gennaio, quando la “mina Giacomel” ha fatto colare a picco la corazzata norvegese.
La fragorosa detonazione dovrebbe soprattutto servire da lezione a chi si lanciava in severi giudizi sullo stato di salute del biathlon italiano, oscillando tra la depressione e la critica feroce. Forse sarebbe il caso di dotarsi di lenti concettuali, superando la miopia intellettiva determinata dal basare la propria “analisi” (se tale può essere definita) sul mero risultato.
Il biathlon è uno sport dove, più di ogni altro, bisogna ragionare nell’ottica del potenziale. Che è da primo della classe, almeno occasionalmente, nel caso di Giacomel. Se i piazzamenti di prestigio latitano, non significa necessariamente che la situazione sia disperata. L’exploit del trentino non è solo un successo destinato a entrare negli annali, ma un autentico monito multidimensionale.
Sia perché sottolinea come il biathlon tricolore sia vivo e vegeto, indipendentemente dalle difficoltà più o meno marcate incontrate dalle punte del settore femminile, sia perché testimonia come in sede di analisi si dovrebbe sempre essere razionali, senza farsi attanagliare dallo sconforto o dall’esaltazione a seconda del numerino che indica la posizione a fianco dell’atleta. Soprattutto in una disciplina in cui un millimetro può fare la differenza tra primo e quarto posto.