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Adriano Panatta crede in Jannik Sinner, ma c’è un problema di equità

Le analisi si sprecano in queste ore sulla positività al Clostebol di Jannik Sinner. L’assunzione involontaria certificata dal Tennis Integrity Agency (Itia) ha fatto discutere per le possibilità avute dal n.1 del mondo di proseguire nella propria stagione, senza essere sospeso, fino alla sentenza di “innocenza” nei suoi confronti, sempre in attesa di quanto potrebbero fare la WADA o Nado Italia entro il 6 settembre. Ci si riferisce a un possibile ricorso al TAS.

Ne ha parlato nel corso dell’ultima puntata della Domenica Sportiva, in onda su Rai 2 HD, anche Adriano Panatta. Il campione del Roland Garros e di Roma nel 1976, nonché della Coppa Davis in quello stesso anno, ha analizzato in maniera molto puntuale l’accaduto.

Faccio una premessa, sono fermamente e assolutamente convinto della buona fede di Sinner, ci tenevo a dirlo, detto questo, devo spiegare come funziona: il tennis si gestisce privatamente, nel senso che c’è un’agenzia che fa i test antidoping che è privata e che ha trovato per due volte positivo, una volta a marzo durante Indian Wells, e poi a Miami, torneo che Jannik ha anche vinto“, le parole di Panatta.

Quando sei positivo scatta subito la sospensione; lui l’ha evitata facendo ricorso al tribunale privato, che è un suo diritto e il tribunale gli ha concesso la sospensione. Poi c’è stato il processo interno, che ha dichiarato Sinner innocente. Ora tutti dicono, sì però gli altri sono stati sospesi: gli altri o hanno fatto ricorso, oppure i ricorsi sono stati rigettati. L’unica cosa che bisogna chiedersi è che non c’è equità di accesso alla difesa“, ha spiegato.

Sinner, quando ha avuto la sospensione, ha preso il più grosso studio londinese di avvocati per fare il primo ricorso. Uno studio come questi costa centinaia di migliaia di euro: lui se l’è potuto permettere, purtroppo qualche altro tennista non l’ha fatto o non l’ha potuto fare. Ma la cosa più importante è che queste organizzazioni non hanno fatto trapelare nulla; pensate se l’avessero fatto trapelare a marzo. Hanno fatto le loro valutazioni, per decidere l’innocenza di Jannik hanno chiamato i tre più grossi esperti di antidoping al mondo, di cui due non sapevano nemmeno che fosse lui il soggetto implicato, e hanno valutato che non c’entrava nulla con questa contaminazione con lo spray“, ha precisato Panatta.

In conclusione, l’ex campione nostrano ha  sottolineato: “C’è stata solo una sottovalutazione di quanto potesse essere contaminante questo spray. Solo questa è la verità. Il resto sono solo parole“.

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