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Laurel Hubbard sarà la prima atleta transgender ai Giochi di Tokyo

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Fino a 35 anni era un uomo e si chiamava Gavin. Da otto anni a questa parte la sua identità e il suo genere sono cambiati. Gavin è diventato una donna. Si chiama Laurel. È un’atleta neozelandese. La sua disciplina è tra le più dure, il sollevamento pesi. È una tosta, Laurel. Tra le migliori al mondo.

Ha vinto l’argento ai Mondiali del 2017 e l’anno scorso, 2020, la Coppa del mondo a Roma nella categoria dei pesi massimi. Il pass per i Giochi di Tokyo se l’è guadagnato con merito. È pronta alla sfida. Sa che si parlerà dei suoi risultati, se riuscirà ad avere prestazioni di livello; ma molto di più della sua storia. Perché Laurel, che di cognome fa Hubbard, sarà la prima atleta transgender in gara alle Olimpiadi.

E la sua presenza farà sicuramente discutere. Ci sono delle regole, le ha fissate il CIO, il Comitato Internazionale Olimpico. Una di queste dice che gli atleti in «transizione di genere», vengono definiti proprio così, possono competere nella categoria femminile senza intervento chirurgico a condizione che il loro livello di testosterone sia mantenuto al di sotto di 10 nanomoli per litro per almeno 12 mesi.

Laurel, quando era Gavin, non praticava il sollevamento pesi, o meglio, lo ha fatto solo per un breve periodo, durante l’adolescenza. Ha cominciato seriamente dopo il cambio di genere, nel 2012. Il suo percorso nello sport professionistico comincia a quel punto, tra i veleni delle avversarie, che le imputano una forza fisica derivante dalla sua precedente condizione di genere.

Come altre atlete, anche Laurel da anni assume farmaci per abbassare il livello di testosterone. Oggi, nella sua categoria, Laurel Hubbard è considerata tra le più accreditate sollevatrici di peso in circolazione, un nome buono da spendere per una medaglia a Tokyo.

Qualche anno fa Laurel Hubbard ha rivelato che «forse il mondo dello sport non è ancora pronto per un atleta come me». Nel 2018 è già stata la prima transgender a partecipare in Australia ai Giochi del Commonwealth a Gold Coast nel 2018. Ora la sua partecipazione ai Giochi di Tokyo riaccenderà inevitabilmente il dibattito sull’etica dello sport transgender.

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