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PORRACCHIO (prep. portieri Catania): “Ecco il mio percorso e come lavoro con i portieri. Testa, comunicazione e capacità nelle uscite fanno la differenza”

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Il neo tecnico del Catania Domenico Toscano ha ufficializzato la presenza di Angelo Porracchio nello staff. Sarà lui il nuovo allenatore dei portieri (qui l’identikit di Porracchio). Riparte dalla sponda rossazzurra della Sicilia dopo l’ultima esperienza in Serie A nella Fiorentina. Per conoscerlo meglio abbiamo raccolto alcune dichiarazioni rilasciate tempo fa a ilportiere.net, che di seguito riportiamo:

“La mia storia è lunga, viene da dietro, dalla terza categoria. Sono stato fortunato a riuscire a fare tutte le categorie, fino alla Serie A. Ho acquisito tanta esperienza sui campi, in varie regioni d’italia e anche un’esperienza negli Stati Uniti. Con i giovani sono stato molto fortunato ad avere avuto l’opportunità di lavorare dalla scuola calcio al settore giovanile, cosa che mi ha portato poi alle prime squadre. In seguito la mia carriera lavorativa è andata verso i grandi, fino a poco tempo fa in Serie A. Ho intrapreso un percorso lungo, bello, intenso, affascinante direi perchè per me stare in campo non ha mai rappresentato un sacrificio. E’ la cosa più bella che è sempre stata dentro di me, già quando giocavo da bambino all’età di 6 anni. Ho smesso a 22 anni, avevo il sogno di arrivare in alto e mi sono reso conto che non sarei riuscito a farlo nelle vesti di portiere, allora mi sono messo sotto a studiare per raggiungere la A come allenatore dei portieri e ce l’ho fatta”.

“Vedo tante partite, tanti campionati, sto studiando molto anche i campionati esteri – ad esempio quello rumeno, turco, portoghese – e mi porto dietro alcune mie certezze e modi di pensare, i miei cavalli di battaglia. Noi preparatori dei portieri dobbiamo studiare anche il sistema di gioco del mister, la sua interpretazione di calcio. Bisogna mettere il portiere nelle condizioni di dargli più esperienza possibile anche in base alle caratteristiche dell’avversario. A livello umano lavoro anche tanto. Ogni portiere è diverso. Cerco di avere un dialogo costruttivo con i portieri, chiedo sempre come stanno, come si sentono. Se c’è da modificare qualcosa. Desidero che i miei portieri arrivino sempre più in alto“.

“Differenza tra un portiere di Serie A e di Serie D? La differenza la fa la testa. Devi avere la testa per potere arrivare a certi livelli, ovviamente oltre a delle basi. Devi allenarti correttamente, conta lo stile di vita, mangiare bene, andare a letto presto, avere nella testa qualcosa che deve portarti in alto. La differenza la fa il lavoro sul campo, la voglia di allenarti, di fare a volte anche di più, andare oltre i tuoi limiti. Aggiungo che bisogna credere nei giovani, toccare le corde giuste e avere il coraggio di lanciarli. Io ho sempre difeso i miei portieri e sarà sempre così, mi prendo le mie responsabilità fino a quando allenerò i portieri. Ne ho allenati tanti e ogni portiere quando commette un errore lo sa, è cosciente di quel che ha fatto e vuole a tutti i costi nella gara successiva far vedere che è stata solamente un parentesi sbagliata”.

“Il rapporto fra il preparatore dei portieri ed i portieri stessi? E‘ abbastanza intenso, di rispetto e fiducia reciproca. Io non ho mai avuto nessun problema con i portieri perchè mi sono sempre confrontato, portando a farli ragionare un pò come ragiono io, in una certa maniera perchè il calcio richiede delle caratteristiche specifiche. Oggi si predilige molto la costruzione dal basso, quindi il portiere deve essere abile a giocare con i piedi ma non dobbiamo dimenticare che deve anche saper parare. Io penso che se arrivi in Serie A chi più e chi meno riesce ad essere determinante tra i pali, ma ciò che oggi conta di più oltre ad avere delle abilità importanti con i piedi deve essere la capacità di uscire, non mi riferisco solo alle uscite alte ma nelle zone di campo lasciando l’area di porta e lavorando dall’area di rigore in poi. E’ quello che fa la differenza, unitamente ad una comunicazione adeguata. Il portiere deve sapere gestire la comunicazione, saper parlare al momento giusto quando quella determinata azione lo richiede. Deve essere una sicurezza per la difesa e per l’intera squadra. Ai miei portieri dico sempre che noi dobbiamo essere diversi dagli altri e l’andare oltre ti contraddistingue”.

“Negli ultimi anni in Serie A i portieri allenati sono stati sempre all’apice della classifica per quanto riguarda il numero di uscite. Se il portiere in quella partita non è uscito e abbiamo preso gol, io tutta la settimana lo faccio lavorare sulle uscite. A prescindere che gli piaccia o meno, gli faccio capire che deve avere coraggio, disinvoltura nelle uscite. E credo che fino a oggi ho ottenuto dei risultati così facendo. Bisogna sempre trovare il modo affinchè il problema venga risolto, quello si può fare anche parlando col portiere. Qualche anno fa ricordo che quando allenai per la prima volta Terracciano seguendo un discorso tattico specifico, lui non era abituato a fare un certo tipio d’intervento. Inizialmente per lui era impossibile ma poi lavorandoci è riuscito a farlo. Io ad esempio lavoro molto sul fatto che il portiere utilizzi sia il piede destro che sinistro; una volta si curava prevalentemente l’arto più forte, io invece non lascio nulla al caso”.

Prima di allenare un portiere che non conosco lo studio, vado a vedere i singoli gesti tecnici per farmi idea, vedo le sue partite intere per capire anche se determinate cose non vanno bene. Quando comincio ad allenare i portieri per la prima volta effettuo delle riprese per accorgermi se c‘è qualcosa che va bene o meno. Non bisogna stravolgere il portiere ma lavorare sulla sua efficacia. Io sono un preparatore dei portieri tra i più giovani in Italia, moderno, non mi fossilizzo nelle cose. Se il portiere è particolarmente efficace e forte su un determinato gesto, continuerà a svolgere l’aspetto che lo rende più forte”.

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