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Quattro chiacchiere con Alessio Amato (calciolecce.it) su D’Aversa

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Proviamo a conoscere un po’ meglio il nuovo allenatore dell’Empoli, Roberto D’Aversa, attraverso chi lo ha vissuto lo scorso anno Lecce. Per questo abbiamo chiesto alcune cose al nostro collega di “calciolecce.it”, Alessio Amato:

Proviamo a conoscere meglio Roberto D’Aversa che a Lecce avete vissuto lo scorso anno. Sorvolando, per adesso, su come si è chiuso il rapporto, che calcio vi ha fatto vedere ?

Onestamente per la metà della sua permanenza sul cammino giallorosso si è visto un gran bel calcio. Il Lecce di inizio stagione era quasi incontenibile per le squadre di pari grado e non solo, visto come ha saputo mettere sotto Lazio e Genoa, nonché capace di misurarsi a testa alta con big del calibro di Juve, Milan e Roma, raccogliendo un punto che sarebbero potuti benissimo e con merito essere 7. La sua impostazione tattica prevedeva un calcio palla a terra per arrivare quanto prima a scatenare gli esterni e far entrare quanti più elementi possibile in area avversaria, anche a costo di scoprirsi un po’. Finché le cose sono girate tutte bene il piano ha funzionato, ma con i primi infortuni, le prime sfortune e quando gli avversari hanno iniziato a conoscerlo meglio ha dimostrato carenza di alternative tattiche.

Tatticamente è con il 4-3-3 che si è fatto maggiormente vedere. Mi dici un pregio ed un difetto del suo gioco?

Sì, è l’unico modulo che ha utilizzato anche se molto spesso le caratteristiche delle mezzali sinistre, Rafia o Oudin, consentivano un passaggio a gara in corso al 4-2-3-1. Ribadisco quanto affermato nella prima risposta, ovvero come pregio la capacità di sprigionare le potenzialità offensive del tridente attraverso una manovra a trazione anteriore. Come difetto il fatto di non aver dimostrato alternative al gioco sugli esterni o alla ricerca verticale della punta, con Krstovic che già a fine autunno era andato in difficoltà poiché spesso isolato nella morsa delle difese avversarie.

Quanta responsabilità ha avuto D’Aversa nel “crollo” della seconda parte di stagione? Ricordando che nel girone di ritorno, prima dell’esonero, ha fatto una vittoria, un pareggio e sette sconfitte…

Beh, anche in coerenza con quanto sopra detto si può dire che, come è stato il principale artefice dello storico avvio di stagione con il Lecce costantemente in zona Europa, è da considerarsi anche il principale responsabile del crollo coinciso con l’arrivo dell’inverno. Infortuni e Coppa d’Africa sono alibi solo parziali per giustificare non tanto la fisiologica flessione del periodo metà dicembre-fine gennaio, quando i giallorossi raccoglievano poco ma giocavano ancora bene, quanto il quintetto di match con Bologna, Torino, Inter, Frosinone e Verona. Un punto che è stato anche tanto per quanto creato e quattro gare in cui la squadra davvero non è scesa in campo. Il Lecce sembrava una squadra non preparata ai momenti di difficoltà che, si sa, è impossibile non arrivino per una piccola in lotta per la salvezza.

Arriviamo a quel finale. Inutile dire che il gesto verso Henry (che gli è costato quattro giornate) ha fatto il giro del mondo, ma a Lecce che spiegazione vi siete dati? Pensi che dopo quella gara con il Verona sarebbe stato esonerato anche senza quel gesto?

Dobbiamo attenerci alle fonti ufficiali, le quali ci dicono che è stato il gesto la discriminante decisiva per l’esonero. Come detto però il Lecce non c’era da sei partite, la mancanza di una reazione aveva incrinato il rapporto con la piazza e quindi al netto di una netta inversione di tendenza, come quella poi effettivamente mostrata da Gotti con una media-punti da metà classifica, D’Aversa avrebbe poi salutato comunque. La spiegazione era tutta nel nervosismo di un tecnico che sembrava aver perso il polso della situazione. Umanamente lo si può comprendere, non è facile passare in un mese e mezzo dalla corsa sotto la Nord per il gol vittoria di Dorgu nel 3-2 alla Fiorentina all’avere intorno 30mila persone che ti incitano ad andare via. La sua storia meritava esito diverso perché comunque ha lasciato il Lecce da salvo, ma per arrivare ad un gesto che si può comprendere ma non giustificare evidentemente qualcosa nella gestione della squadra e della situazione si era rotto.

Vi aspettavete che potesse ripartire dalla serie A ?

Beh, perché no? Quello che ha fatto per metà del suo cammino è stato sotto gli occhi di tutti, inclusa l’essere stato il primo ad aver vinto il premio come allenatore del mese nella scorsa stagione. La qualità c’è, è un tecnico capace. Non mi sorprende che riparta dalla A, anche se non ci avrei scommesso.

L’Ultima cosa, se potessi parlarci, suggerdogli un consiglio per migliorarsi cosa gli diresti?

Sono in difficoltà perché insomma, io sono il giornalista ed il tecnico è lui. Non mi permetterei mai di dire cosa dovrebbe fare per migliorarsi, posso solo augurargli in futuro di poter gestire meglio i maggiori di pressione e difficoltà, onestamente molto “duri” in piazze calde com’è Lecce dove la tifoseria, vantando numeri da lotta per l’Europa, pretende comprensibilmente spesso più di quanto le risorse tecnico-economiche siano capaci di mettere sul piatto. Tutte cose con cui un tecnico è costretto a misurarsi a certi livelli.

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