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ESCLUSIVA – Piga: “Catanesi, mi avete fatto sentire parte di una grande famiglia. Fare le cose per bene a Catania non è difficile…”

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Ai microfoni di TuttoCalcioCatania.com è intervenuto Marco Piga, bomber degli etnei dal 1979 al 1981. L’ex centravanti tra le altre di Avellino e Atalanta ha ripercorso insieme a noi alcuni dei momenti più significativi della sua esperienza rossazzurra, commentando gli ultimi sviluppi societari. Spazio infine ad una riflessione sulle difficoltà che sta incontrando il calcio italiano e quale strada seguire per uscire dalla crisi.

Marco, con la maglia del Catania hai disputato due stagioni. Raccontaci la tua esperienza.
Descrivere i miei due anni a Catania è molto semplice perché alle pendici dell’Etna io e la mia famiglia ci siamo trovati benissimo. Arrivavo da una piazza molto calda e calorosa come Avellino e con la quale sono riuscito a vincere il campionato di B e centrare così la promozione in massima serie. Pertanto, vivendo delle sensazioni così forti e belle in terra irpina non mi aspettavo di riuscire a trovare un ambiente che mi permettesse di rivivere immediatamente le medesime emozioni e la stessa atmosfera. Catania però sin da subito mi ha fatto dimenticare l’esperienza di Avellino, regalandomi nuove gioie e soddisfazioni. Tra le altre cose io mi ero appena sposato, quindi quando accettai l’offerta degli etnei mi trasferii con tutta la famiglia a Catania e ci ambientammo splendidamente. Abitavamo in un posto davvero magico come Acitrezza, in una casa posta proprio sul mare e dinanzi ai faraglioni. Sul piano sportivo in ambedue le stagioni disputammo dei gran campionati. Il primo anno fummo davvero strepitosi risultando assoluti protagonisti in Serie C, a parte forse qualche défaillance ad inizio anno con mister Rambone in panchina, persona che reputavo molto preparata e competente ma forse non del tutto adatta a quello che era l’ambiente etneo, essendo lui molto serio ed esigente. La scelta societaria di cambiare allenatore, ingaggiando Lino De Petrillo, si rivelò decisamente vincente. Bravissimo il presidente Massimino a contattare un tecnico che si rivelò azzeccato per quella squadra, in grado di consentire a tutti noi di esprimerci al meglio conquistando l’ambito traguardo della Serie B. In un ambiente così caldo, passionale e carico di emozioni come quello catanese vincere quel campionato non è stato molto difficile perché proprio il pubblico è diventato il traino fondamentale, trascinandoci ed incitandoci ogni domenica a conseguire quante più vittorie possibili.

Quali partite ti sono rimaste più impresse?
Di partite decisive ed importanti ce ne sono state davvero parecchie. In serie C per esempio quella che forse mi è rimasta più impressa, per l’importanza della sfida in sè e per la splendida cornice di pubblico rossazzurro, è stata la trasferta di Reggio Calabria. La gara del “Granillo” fu di fatto il grande epilogo finale della nostra stagione, nella quale peraltro io trasformai il rigore decisivo che ci consentì di vincere 1-0 e consacrare definitivamente la nostra promozione in cadetteria. Per l’importanza di quella partita, la storica rivalità ed un pubblico veramente da Serie A, quella è la gara che ricordo con più emozione del mio primo anno vissuto ai piedi dell’Etna. In Serie B invece mi sono rimaste molto impresse la sfida alla Sampdoria e, soprattutto, il 2-2 interno contro la Lazio. Dopo essere passati in vantaggio con Morra subimmo la rimonta avversaria. Perdevamo al Cibali 2-1 ma, sugli sviluppi di un calcio d’angolo, io riuscii a colpire la palla di testa svettando al di sopra di gente come Mastropasqua, molto più strutturata di me fisicamente. Quella rete, oltre ad essere stata molto bella, fu decisiva perché ci permise di evitare la sconfitta. Nel complesso anche quella stagione fu molto positiva perché, nonostante i pronostici iniziali, riuscimmo a salvarci anticipatamente. Di Catania non posso che conservare ricordi stupendi, avendo legato davvero con tutto il popolo etneo. A dimostrazione di questo posso dirti che, oltre ad avere ancora tantissimi amici, il padrino di mia figlia è catanese ed io ho pure un “figlioccio” alle pendici dell’Etna. Nonostante siano passati tantissimi anni continuo a mantenere un legame indelebile con la città di Catania, andando sicuramente ben al di là del semplice e classico rapporto tra giocatore e città. Mi sono sentito parte integrante di una grande famiglia e per questo motivo mi sento ancora fortemente legato alla piazza.

Che effetto ti fa sapere che oggi il club etneo non esiste più?
Decisamente non me lo aspettavo. E non riesco proprio a spiegarmi come mai la piazza etnea, così come quella di Avellino, non siano riuscite a raggiungere campionati più consoni al loro blasone ed alla loro forza, avendo entrambe peraltro un’incidenza del fattore pubblico molto superiore a quelle di tante altre realtà calcistiche italiane. Probabilmente sono mancate delle proprietà serie, oneste e capaci che abbiano avuto le possibilità/volontà di riportare ad alti livelli piazze del genere. E’ davvero triste pensare che il Catania debba ripartire dai Dilettanti. Il cammino non sarà sicuramente semplice ma può diventarlo, anche in maniera abbastanza agevole, qualora si riuscisse a trovare, finalmente, una società forte, capace e competente, in grado davvero di fare calcio a 360º e di voler bene al Catania. Tutto il contrario di quanto successo e dimostrato negli ultimi anni. Fare le cose per bene in una città come Catania non è difficile, bastano soltanto onestà, programmazione e capacità.

Nel corso della tua carriera praticamente hai militato in tutte le categorie calcistiche nostrane. Come mai il calcio italiano sta attraversando questa enorme fase di crisi e come si dovrebbe uscirne?
Da tifoso milanista non posso che citarti l’esempio del Milan, squadra contro la quale tra le altre cose segnai (a San Siro) indossando proprio la maglia del Catania. La dirigenza e lo staff tecnico del Milan, quindi sia Maldini che Pioli, sono l’esempio perfetto di come, attraverso la capacità ed i meriti, si possano ottenere grandi traguardi. Bisogna incarnare alla perfezione i canoni della meritocrazia e del saper fare, mettendo un freno all’attuale processo di autodistruzione del calcio provocato dal dio denaro. Vorrei concludere il mio intervento salutando calorosamente e con grande affetto tutti i catanesi che mi sono veramente rimasti nel cuore.

Si ringrazia Marco Piga per la cortesia, la disponibilità ed il tempo concesso per l’intervista.

 

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