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Julio Sergio a FR: “Ho Roma nel cuore. A Fonseca serve tempo, ma se va via sono pronto”

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Julio Sergio Bertagnoli, ex portiere della Roma, a poche ore dalla sfida tra Brescia e Roma si è voluto raccontare  in un'intervista per forzaroma.info. Tra i temi della chiacchierata l'ultima sfida al Rigamonti (in cui è rimasto in campo, lacrimante, per il finale di partita), la Roma di oggi e il suo futuro da allenatore. Di seguito le sue dichiarazioni. Proprio oggi ha ricordato quel Brescia-Roma in cui si è infortunato. La Roma era rimasta in 10 uomini e non c'erano più cambi. Cosa l'ha fatta rimanere in campo?  Io non sono mai stato un fenomeno. Sono rimasto tre anni senza giocare e ho fatto il mio primo alla Roma benissimo. Nel secondo non tutti eravamo allo stesso livello tecnico. Quello era il mio momento. Per farmi uscire dal campo dovevo svenire o morire. Volevo aiutare la squadra. Eravamo sotto 2-1 e se lasci i ragazzi in 9 era ancora più difficile provare qualcosa. Non volevo uscire, è stato naturale. non una cosa che avevo fatto per piacere alle persone. Alla fine è rimasto il gesto che mi ha attaccato ancora di più a questa maglia. In quella stagione (2010/2011, ndr), dopo l'esonero di Ranieri è subentrato Montella. Da lì ha trovato meno spazio per fare posto a Doni. Come mai? Quando Ranieri è andato via, Montella ha chiamato tutti i portieri dicendo che non sapeva chi avrebbe giocato. Prima della partita mi ha detto: "Penso che Doni sia meglio di te, giocherà lui". Una cosa assolutamente normale, una scelta tecnica che ho rispettato. Ovvio che non mi ha fatto piacere però il calcio è questo. La Roma ha rinnovato il contratto di Fuzato fino al 2023. Cosa pensa di lui? Avevo sentito parlare di lui qui in Brasile. Stava al Palmeiras, che ha una grandissima scuola di portieri. Mi auguro che il ragazzo impari il calcio italiano. E' intelligente e può avere un'ottima opportunità e diventare titolare. E' un grandissimo portiere, giovane. Sicuramente può essere il futuro della Roma. Sulla cessione di Alisson. Era un'operazione a cui non si poteva dire di no, economicamente parlando. E' stato fatto quello che si doveva fare, erano tanti soldi per una squadra come la Roma. E' stato giusto. Cosa non funziona nella Roma? C'è un problema di fondo nella mentalità che non fa raggiungere gli obiettivi stagionali? La Roma è un ambiente molto particolare. Le cose sono sempre all'estremo: se si vince una partita i giocatori sono i migliori, se si perde non serve più nessuno. Le cose devono essere più equilibrate nell'ambiente. Dobbiamo provare ad avere una mentalità vincente. Questa Roma può vincere l'Europa League? Sì. E' una competizione diversa, sono poche partite, secche. Se ne vinci una accedi subito al turno successivo. Sono innamorato di Dzeko, lui fa la differenza in questa squadra oggi. Mi auguro che la Roma giochi bene, passi i turni e vada in finale. Sarebbe fantastico. Cosa pensa di Fonseca? E' il suo primo anno. Ferguson a Manchester non ha vinto nulla i primi tre anni. Iniziare un altro lavoro, con altre mentalità, per un allenatore straniero la prima volta in Italia non è mai semplice. Sono sicurò che se il prossimo anno rimane sarà molto meglio. Mi piace come prova a giocare, le sue caratteristiche, la sua postura, come parla. Nel calcio però serve un po' più di tempo per fare un lavoro più consistente. Su Pallotta e i rapporti con Totti e De Rossi. Un altro Totti sarà difficile. Francesco è stato una bandiera, un ragazzo straordinario, è stato uno dei più grandi calciatori italiani e del mondo. Ma non ce ne sarà un altro, almeno in tempi brevi. Noi tifosi, adesso, dobbiamo cercare di vincere qualcosa il più presto possibile. Andare in Champions League quattro, cinque anni di fila e avere un bilancio buono per poi provare a vincere uno scudetto. Cosa vogliamo dalla squadra? Due o tre romani o vincere uno scudetto? Io voglio vincere. E' finita la storia della Roma con Totti e De Rossi. Dobbiamo costruire una nuova storia vincente. Adesso nel calcio è più importante vincere. E' finita una storia bellissima, deve esserne scritta un'altra in modo diverso: vincendo qualcosa. Quanto influisce la cessione societaria sui giocatori? Forse su quelli che devono rinnovare qualcosina sì. Ma su quelli che sono certi del loro contratto no. I giocatori devono essere intelligenti e capire che è solo business. Non devono avere influenze così grandi. Gli americani sanno fare affari: hanno fatto tante belle cose ma alla fine non sono riuscite a creare una squadra che sta da tempo insieme. Devono trovare equilibrio. Chi viene alla Roma deve fare qualcosa per vincere il prima possibile. Sogna un ritorno a Roma? In Brasile ho preso tutti i patentini per allenare. Adesso devo tornare a Coverciano per fare i corsi. Questo è il mio piano: rientrare in Italia, magari alla Roma per fare l'allenatore. Tornare mi fa tanto piacere: ho amici, è una bella città. Poi bisogna vedere se riuscirò a metterlo in pratica. Mi farebbe piacere. Sul rigore parato a Floccari. Ricordo il boato dell'Olimpico. Il giorno dopo ho portato i miei figli a Parco Leonardo e dopo dieci minuti sono dovuto scappare: tutti mi volevano per una foto o un autografo. Sono cose che alla fine restano nel calcio, il resto passa. Qual è stato il giocatore con cui ha legato di più? Eravamo un gran gruppo. Brighi era intelligentissimo, leggeva 4000 libri al mese. Con Perrotta rimaniamo in contatto e anche con Taddei e Simplicio. A Totti mando sempre gli auguri per il compleanno. Mexes e Menez erano due matti, sempre sorridenti. Con Pizarro giocavo a tennis. Panucci mi ha aiutato tantissimo quando sono arrivato. E' stato un momento bellissimo della mia vita e della mia carriera. De Rossi allenatore della Roma? E' una grande responsabilità, per uno che comunque ha grande personalità. E' bravo e intelligente, mi auguro che possa avere fortuna. So che ha le capacità per fare benissimo, come per la carriera da giocatore che ha avuto.    

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