Battaglia dei Sessi nel tennis: gli illustri precedenti storici
Nell’ultima domenica del 2025 ci sarà anche un confronto che ha fatto parlare parecchio, se non altro per la tipologia e una storia che dura, più o meno, dagli albori del tennis. Un uomo contro una donna, Nick Kyrgios contro Aryna Sabalenka, l’australiano contro la bielorussa numero 1 del mondo e un dilemma eterno. Può una donna battere un uomo? La domanda è stata posta in campo varie volte.
L’episodio più famoso è e resta quello della Battaglia dei Sessi originale. Anzi, non di una sola, perché la “serie” si compone di tre veri e propri episodi. Il primo: 19 maggio 1973, Romana, California: Bobby Riggs contro Margaret Court. La proposta l’aveva lanciata Riggs, ritenuto numero 1 mondiale negli Anni ’40 e con sei Slam (di cui tre vinti a Wimbledon). Aveva 55 anni, e riteneva di poter battere chiunque tra le maggiori donne. In palio andarono 20.000 dollari, più di quelli che l’australiana aveva guadagnato vincendo Australian Open e Roland Garros. All’epoca aveva trent’anni ed era rientrata dopo la prima gravidanza. Si narra che lei non prese troppo seriamente il confronto, sta di fatto che Riggs combinò dropshot e pallonetti per vincere 6-2 6-1. Il tutto proprio nel giorno in cui si festeggiava la festa della mamma.
Il 20 settembre 1973, all’Astrodome di Houston, Riggs alzò ulteriormente la posta, con l’ABC a proporre la sfida in prima serata. Avversaria: Billie Jean King, che era già tra i volti del tennis femminile e sarebbe diventata la persona più importante per quanto riguarda l’avvento delle donne in questo sport anche molto oltre il campo. Entrò sapendo ciò che doveva fare, ma finì ugualmente indietro 3-2 nel primo set. Si giocava al meglio dei tre su cinque, e a quel punto King abbandonò il suo marchio di fabbrica, cioè il gioco aggressivo, scegliendo di stare a fondocampo e far correre Riggs. Funzionò: 6-4 6-3 6-3. Da allora si sono versati fiumi d’inchiostro su quella partita, sta di fatto che fu un punto di svolta.
Il tutto anche se, nel 1992, quella che fu ribattezzata “Battle of Champions” lasciò le carte ancora su un altro tipo di piano. Da una parte Martina Navratilova, che ancora era pienamente nelle proprie facoltà tennistiche, dall’altra Jimmy Connors, che l’anno prima, a 39 anni (diventati nel frattempo 40), aveva raggiunto la semifinale agli US Open in uno dei miracoli tennistici che gli americani amano ancora ricordare. Si giocò al Caesars Palace di Las Vegas il 25 settembre, con 650.000 dollari a ciascuno dei due partecipanti più altro mezzo milione per chi avrebbe vinto. Connors, nel suo libro “The Outsider”, afferma di aver scommesso un milione di dollari su sé stesso circa la possibilità di non perdere più di sette game. “Jimbo” aveva a disposizione un solo servizio e a Navratilova fu consentito di colpire anche all’interno del corridoio. Risultato finale: 7-5 6-2 Connors con 8 doppi falli e 36 errori gratuiti di una nervosa Navratilova.
In realtà, questi tre sono soltanto eventi-vetta di un dilemma più ampio, e le cui memorie si perdono fin nella notte dei tempi. Nel 1888, per esempio, uno tra i campioni degli albori, Ernest Renshaw, che con il fratello William spadroneggiava su Wimbledon, giocò contro la controparte femminile di quell’anno, Lottie Dod, cui fu concesso un vantaggio di 30-0 in ogni game. Si giocò a Exmouth, vinse Renshaw 2-6 7-5 7-5. Poi batté sia il campione scozzese Harry Grove 1-6 6-0 6-4 e William Renshaw 6-2 6-4, con le stesse regole.
I racconti si spostano anche su Bill Tilden e Suzanne Lenglen. In realtà questa non fu una sfida vera e propria, più un set solo. Tilden vinse 6-0, si era a Saint Cloud, in Francia. Gianni Clerici, nel suo “Divina”, dedicato proprio alla figura di Suzanne Lenglen, ebbe modo di ritenere che il numero 1 avrebbe sempre battuto la numero 1, e anche a quel modo.
Periodicamente si sono poi viste situazioni particolari. Nel 1975 a Ion Tiriac toccò giocare con la diciottenne Abigail “Abbie” Maybard al Fairfield County International Tennis Championship, nel Connecticut. Secondo il New York Times, il direttore del torneo, John Nogrady Jr., accettò l’iscrizione di Maynard sulla base del fatto che la riteneva una delle migliori giocatrici di Ridgefield, e aveva battuto diverse giocatrici. Arrivò a dire che contro King o Chris Evert non avrebbe pagato così tanto dazio. La realtà è che di Maynard non ci sarebbe stata poi tanta traccia nel seguito. della storia del tennis. Per la cronaca, la partita finì 6-0 6-0 per il rumeno.
Molto famosa, inoltre, è la storia di ciò che accadde a Melbourne nel 1998, in zona Australian Open. Le sorelle Williams avevano dichiarato di poter battere chiunque tra gli uomini fosse classificato fuori dai primi 200. Sfida raccolta subito: il tedesco Karsten Braasch, che era numero 203 al tempo, ma aveva un passato da numero 38, prese al balzo la situazione. Si giocò sul campo 12 dell’odierno Melbourne Park. Braasch, il cui regime di allenamento fu definito in modi poco consoni (in particolare, venne dato per dedito a numerosi vizi), prima diede 6-1 a Serena e poi 6-2 a Venus. Subito dopo, parole testuali: “500 e più su, no chance”. E disse di aver giocato da circa 600 del mondo per mantenere la partita divertente.
L’ultimo episodio con questo tipo di particolarità si è avuto nel 2023. In realtà, è capitato tutto per caso. A Bourg-de-Péage, in Francia, dal 15 al 17 dicembre c’era un’esibizione. Mirra Andreeva doveva giocare contro Marta Kostyuk, ma tra una russa e un’ucraina a oggi difficilmente ci sono buoni rapporti. Kostyuk, da sempre molto vocale sul tema guerra (e assai critica dell’ex presidente WTA Steve Simon), contro Andreeva non ci giocò. Al suo posto fu spedito il francese Yanis Ghazouani Durand, numero 1145 del mondo. Contro l’allora sedicenne, ma già numero 57, il transalpino vinse 7-5 6-2. Doveva esserne quello che in gergo è l’hitting partner.

