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Il confronto di Dolgopolov: “I giorni migliori di Alcaraz e Sinner sono pari a quelli dei Big 3, ma…”

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Con l’esaltante successo in Coppa Davis bissato dal team tricolore, è calato il sipario sulla stagione 2025, e per chi si nutre quotidianamente del grande tennis, l’ultimo mese dell’anno sarà particolarmente duro da affrontare, in assenza di grandi appuntamenti ufficiali (ci saranno le esibizioni e il circuito ITF in ogni caso). Ma meglio guardare il bicchiere mezzo pieno. Una volta abbandonati i ritmi frenetici di un circuito in giro per il globo, senza sosta, per 52 settimane, è bene fermarsi per alcune riflessioni più approfondite, tirando le somme sulla stagione appena conclusa.

Il primo incipit di questa off-season ci giunge da un campione del “passato”, Alexander Dolgopolov. L’ex tennista ucraino ha acceso un confronto tra due ere, scrivendo sui social: “Difficilmente guardo il tennis in questi giorni, ma ecco come lo vedo rispetto alla nostra epoca: i giorni migliori di Sinner/Alcaraz sono probabilmente pari a quelli dei Big 3, ma nel complesso sono meno solidi di qualsiasi dei Big 3. I primi 3-15 sono molto più deboli rispetto alla nostra epoca. I 15-50 sono più o meno simili. I giocatori moderni tra il 50 e il 100 sono più forti rispetto alla nostra epoca”.

Un paragone più che lecito, quello dell’ex numero 13 del mondo, che risolleva una questione già affrontata da diversi suoi colleghi, ma che oggi andremo ad analizzare con più attenzione. Partendo dalla cima, il buon Alexander asserisce che il duopolio “Sincaraz” non sia poi così tanto lontano dal dominio dei Big Three, infatti, secondo la sua opinione, i picchi del murciano e dell’altoatesino sono pressoché uguali a quelli di Rafa, Nole e Roger. L’ultima volta che l’ucraino ha messo i piedi dentro la Top 30 mondiale, era la primavera del 2016, anno in cui Rafael Nadal militava attorno all’ottava posizione, circondato da nomi del calibro di Thiem, Berdych, Tsonga, Kyrgios… insomma, qualità indiscussa in una stagione che vide Andy Murray chiudere l’anno da primo del ranking, tallonato da Djokovic e Milos Raonic.

Dare uno sguardo al passato non è sempre l’ideale, si rischia di diventare nostalgici, e scrutando la lista dei top 20 di quell’annata, avvalorare la tesi di Dolgopolov è un gioco da ragazzi. In quel range che va dall’ultimo gradino del podio alla quindicesima posizione, la differenza coi tennisti di oggi è sostanziale. Un agglomerato di talento e classe, rappresentato dai signori Wawrinka, Cilic, Goffin, che si aggiungono agli altisonanti nomi sopracitati, rendono quasi amaro l’attento paragone con gli atleti odierni, che potremmo definire quasi sfortunati nell’aver succeduto una generazione strabiliante, nella quale, l’unicità di tale epoca non faceva leva sul dominio “Big Three”, ma su una qualità tennistica condensata tra i primi trenta giocatori del mondo, separati, l’un l’altro, da una linea quasi impercettibile.

Quella fascia di tennisti, nell’era attuale, è quella più vulnerabile, ed anche la più soggetta ai famosi “Upset”. Nel tennis di oggi, infatti, chi è in ascesa, o chi arriva dai bassifondi della top 100, ha le possibilità di “aggredire” i migliori 40 tennisti del mondo, non sempre così solidi da rispettare appieno il loro status, e come fa notare lo stesso Dolgopolov: “I giocatori moderni tra il 50 e il 100 sono più forti rispetto alla nostra epoca”. Sul “più forti” potremmo concederci il beneficio del dubbio, ma forse, sì, più irriverenti. I Next Gen dell’epoca moderna sono scatenati, e non hanno timore reverenziale nei confronti dei primi della classe, e sono abili nello scalare repentinamente le classifiche. Inoltre, in questa fetta di ranking, si nascondono quei tennisti non particolarmente dotati di talento puro, ma più che altro improntati su uno stile di gioco fisico, basato sulla resistenza e sulla forza, che sta diventando via via sempre più una componente fondamentale.

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