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Coppa Davis, la protesta… è un punto di vista: lo spettatore furibondo che ha fatto ritardare Belgio-Francia

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Doveva essere l’inizio della grande festa del tennis mondiale in salsa bolognese, e invece la Final Eight di Coppa Davis è partita con un punto… di vista. Letteralmente.
Prima ancora che Belgio e Francia si scambiassero un dritto, il match d’apertura è stato interrotto da un altro tipo di scambio: quello tra uno spettatore infuriato e l’organizzazione, con il pubblico a fare da VAR umano e i social a rifinire il montaggio. La scena ormai la conoscono tutti: telecamera piazzata altezza rete, operatore concentratissimo sulla sua inquadratura, e davanti una tribuna che invece inquadrava lui. “Non si vede niente!”, “Abbiamo pagato un casino di soldi!”, il tutto condito da un sonoro “fermate il gioco!”. E l’hanno fermato sul serio.

Perché sì, il protagonista mdi questa storia non aveva tutti i torti. A Bologna si è riproposto un tema antico quanto il tennis: l’eterna battaglia tra il fan che vuole vedere la partita e la telecamera che vuole far vedere la partita agli altri e ieri, per una volta, ha vinto il fan.

Il lieto fine (per ora): upgrade di posto, visuale lato corto e pace fatta

La storia, a differenza di molte nella vita reale, ha avuto un epilogo sorprendentemente positivo. Dopo qualche minuto di caos, l’organizzazione è intervenuta e ha trovato allo spettatore un nuovo posto. Non un ripiego, non una seggiolina di plastica dietro al bar: un bel seggiolino sul lato corto del campo, quello dove la visuale è quasi sempre migliore e la sensazione è di essere davvero dentro il match. Insomma, gli hanno dato ragione, e gli è pure andata bene.
Però, e qui arrivano i nodi al pettine, siamo ancora al Belgio-Francia del martedì. In tribuna, per quanto dignitosa, non c’era esattamente la ressa da sabato sera.

Il vero problema arriva dopo: che succede quando giocano l’Italia, le semifinali o la finale?

Se già ora, con il palazzetto mezzo pieno e l’atmosfera da primo turno, ci sono proteste per una telecamera piazzata male, cosa accadrà quando in campo ci sarà l’Italia?
Quando ogni ordine di posti sarà sold out?
Quando ci saranno semifinali e finali con gente in fila fin dal mattino, con i biglietti presi sei mesi prima, e soprattutto con zero sedute libere da offrire come “soluzione diplomatica”?
Perché oggi è stato facile, ma sabato o domenica? Chi si lamenta dove lo mettono? Ripristinando le postazioni del giudice di linea? Sul trespolo del giudice di sedia? O direttamente dietro il cameraman, con un manuale di “riprese base” per trasformare la protesta in stage formativo? Visto il periodo meglio imparare un nuovo mestiere…non si sa mai.

Il paradosso della Davis moderna: più tecnologia, meno visuale

Il problema, alla fine, è sempre lo stesso: più il tennis, come gran parte degli sport in hype, vuole assomigliare a uno show televisivo internazionale, più chi è fisicamente lì rischia di vedere uno show ridotto. Gli spettatori diventano comparse, il campo un set cinematografico, il telespettatore il vero VIP.
E va bene tutto, replay, super slow motion, angoli innovativi, ma se paghi un biglietto oltre 149 euro (così recita ticket one, seppur inserendo la postilla salvacondotto “visibilità ridotta”) per vedere atleti veri e invece ti ritrovi la nuca di un cameraman a grandezza naturale, qualche comprensibile irritazione è inevitabile.

Morale della favola

Oggi è andata bene: un signore ha protestato, ha avuto ragione, ha migliorato il posto.
Oggi, però, il rischio è che a protestare siano in cento. E in quel caso, più che spostare persone, bisognerà spostare telecamere. Oppure chiedere a chi organizza un torneo di tennis di partire da un concetto rivoluzionario: “il pubblico deve vedere il campo”. Per ora, a Bologna, hanno fatto finta di non sentirlo, ma se l’Italia dovesse arrivare in semifinale o meglio, fidatevi: lo sentiranno eccome.

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