Coppa Davis, fratture in casa Spagna: Ferrer torna sul caso Davidovich-Fokina
Paese che vai, tensioni da Coppa Davis che trovi. Se in Italia ci siamo ormai lasciati alle spalle la lunga, stancante discussione sul “Sinner sì / Sinner no” a Bologna, in Spagna il dibattito resta circoscritto all’ambito sportivo. Una fortuna, probabilmente: meno eco generalista, meno strumentalizzazioni, ma la sostanza resta la stessa. Anche in Spagna si è arrivati a un punto in cui la dimensione individuale del tennis entra inevitabilmente in collisione con quella collettiva della Davis.
La vicenda ha due protagonisti: Alejandro Davidovich Fokina, numero 14 del mondo e seconda forza del movimento spagnolo dietro a Carlos Alcaraz; e David Ferrer, capitano di Davis, figura che nell’immaginario collettivo del tennis spagnolo incarna disciplina, disponibilità e senso della squadra.
L’innesco: la lista e l’intervista di Davidovich
Ferrer ha pubblicato la lista dei preconvocati: Alcaraz come guida, poi Jaume Munar, Pedro Martínez e Marcel Granollers, più Pablo Carreño Busta a completare il nucleo. A colpire è stata l’assenza di Davidovich, che non sembrava avesse digerito proprio benissimo la cosa. In un’intervista concessa a Marca, ha spiegato che la scelta “è stata esclusivamente del capitano”, aggiungendo di aver comunicato in anticipo la propria disponibilità. Ha detto chiaramente che “gli sarebbe piaciuto moltissimo essere nella lista” e che rappresentare la Spagna rimane “sempre un orgoglio”.
Davidovich ha sottolineato anche il tema del ranking: ha ricordato di essere al miglior piazzamento della carriera, numero 14 del mondo, secondo spagnolo in assoluto, e che questo dovrebbe “contare qualcosa” nella selezione. Alle domande sull’eventuale peso delle assenze contro Svizzera e Danimarca, ha ripetuto che erano legate a problemi fisici e sovraccarico competitivo dopo ritiri ravvicinati: Ferrer, dice, “era perfettamente informato della situazione”.
Eppure, al di là della compostezza del tono, il messaggio era chiaro: Davidovich ritiene di meritare quel posto.
La risposta di Ferrer: il tema non è il merito, ma l’affidabilità
Le parole di Davidovich hanno spinto Ferrer a uscire dal silenzio. E la sua risposta ha introdotto un elemento decisivo: non si tratta di valutazioni tecniche, ma di fiducia operativa.
Ferrer ha ricostruito come, terminato lo US Open, Davidovich gli avesse comunicato di non essere pronto fisicamente per disputare la sfida di Davis. Con Granollers acciaccato e con Alcaraz già avvisato che non sarebbe stato disponibile in caso di finale Slam, Ferrer si è ritrovato praticamente senza margini. Ha chiarito che, dopo quell’episodio, si era riservato la possibilità di tenere aperto un posto da quinto convocato, ma secondo la ricostruzione del capitano, Davidovich avrebbe risposto senza ambiguità che non avrebbe accettato quel ruolo, sostenendo che, se non fosse stato inserito nella lista dei quattro iniziali, allora tanto valeva non convocarlo.
Il nodo, quindi, non è solo l’assenza in sé. È la gestione e il tempismo: Davidovich ha rinunciato alle sfide di Coppa Davis per fatica fisica e mentale, ma ha poi gareggiato 24 ore dopo nei tornei successivi — prima a Dallas, poi nel tour asiatico. Ferrer lo ha vissuto come un tradimento della parola data.
In questo contesto, la decisione ha seguito una logica precisa: Munar e Pedro Martinez hanno portato la Spagna fino a Bologna, vincendo gli incontri chiave. Sono stati loro, non altri, a permettere alla squadra di qualificarsi. E Ferrer, uomo che ragiona in fedeltà e responsabilità, li ha premiati.
Tutto in sospeso; adesso si guarda al futuro
Ferrer non chiude la porta: dopo Bologna, dice, si parlerà. Se Davidovich mostrerà impegno e disponibilità, il rientro non è escluso. Davidovich, dal canto suo, conferma che, quando starà bene e verrà chiamato, sarà orgoglioso di tornare, ma la realtà, oggi, è semplice: a Bologna lui non ci sarà.
La Spagna arriva alla fase decisiva con Alcaraz come stella e con un gruppo che si è guadagnato la chiamata sul campo. Davidovich resta fuori nel momento migliore della sua carriera, lasciando comunque una porta aperta per il futuro. Non tutte le storie si incastrano al primo tentativo.

