Cahill-Sinner, avanti insieme? La ricostruzione e il ruolo di Vittur nel futuro del sodalizio
“L’altro è sempre infinitamente meno importante dell’io ma sono gli altri che fanno la storia”. Nell’anniversario del cinquantennale dalla sua scomparsa, ci avvaliamo di una delle tante perle di cultura dell’immenso Pier Paolo Pasolini per condensare forse quello che in questi ultimi mesi, assieme agli inevitabili pensieri da ‘campo’, è il concetto ricorrente che permea le notti di Jannik Sinner.
Il ritrovato numero 1 della classifica mondiale, fin da sui primi vagiti tennistici, ha sempre tenuto ben saldo nelle proprie inestirpabili convinzioni un soggetto che riflette, valuta e agisce il più lontano possibile dall’io autoriferito ma che invece tende il più possibile al plurale maiestatis. Ma dietro quell’utilizzo sistematico del “noi” non si è mai celata unicamente una forma di rispettoso pudore nei confronti di chi tutti giorni è al suo fianco.
Bensì una reale e radicata certezza che quegli uomini che lo accompagnano nel suo quotidiano affaccendarsi abbiano avuto un peso nella costruzione della sua storia di campione molto più pregnante del mero mattoncino posto sulla spalla del predestinato. E all’interno di questo team di figure che lo ha aiutato ben oltre ciò che l’apparenza può ingannare, ce n’è una che indubbiamente ha spiccato su tutte le altre. In particolare, nella delicata gestione delle ultime due stagioni fortemente inasprite dalla spiacevole vicenda Clostebol, dove è stata cruciale per sgravare la testa del marziano di Sesto delle tensioni e delle fisiologiche preoccupazioni accumulate.
Perché sì, Darren Cahill non è sostituibile. Non è stato un semplice allenatore di esperienza in grado di accompagnare al meglio, creando il terreno fertile per far sbocciare le potenzialità del fuoriclasse, il giovane talento in ascesa. E’ stato molto di più. è stato più di un coach. Un punto di riferimento imprescindibile, oltre il lato tecnico e quello tattico. Quell’ancora sempre avviluppata al fondale dell’oceano, ossia la psiche dell’altoatesino, a cui Jannik sa di potersi rivolgere ogni volta che la sua interiorità o ogni qualvolta che la propria sensibilità “agonistica” abbia bisogno di una necessaria boccata di ossigeno, di rallentare un attimo la centrifuga di pressioni a cui è sottoposto.
Uno come Darren che in carriera ha gestito gente al top del calibro di Simona Halep, Andre Agassi o Lleyton Hewitt, da quando a partire dal torneo di Eastbourne del 2022 ha cominciato a rilasciare a sprazzi continui tutto il proprio sapere e tutto il suo portentoso vissuto, è stata la fondamentale spinta “mentale” verso l’alto che mancava a Sinner per completarsi e diventare quello che è diventato. Un confronto in grado di generare talvolta anche il conforto richiesto, degno di Jannik, riconosciuto nella vicendevole grandezza.
Con ingredienti quali la pacatezza e la calma lucidità per dissipare anche quei rarissimi scricchiolii che delle volte l’adrenalina può far scaturire anche ad uno generalmente impassibile agli sbrocchi come Jan, finendo sempre per risolvere le eventuali questioni in sospeso in un caloroso abbraccio. Il tutto inserendosi dentro una squadra composta e connotata nel migliore delle possibilità sondabili dall’azzurro. Ognuno al proprio posto, Darren che si completa con Simone, Vagno che si completa con Cahill. Per questo adesso tutti vorrebbero, partendo proprio da Vagnozzi, che Darenn Cahill rimanga dov’è.
La ricostruzione
Facciano un passo indietro e ricostruiamo quanto è accaduto in questo 2025. La notizia è esplosa all’indomani del successo nel secondo turno di Melbourne, quando Sinner si è lasciato scappare: “Questa è l’ultima stagione di Cahill“. Successivamente, la parziale ritrattazione subito dopo la conquista di Wimbledon con la dichiarazione di una promessa stretta tra i due: “Io e Darren avevamo fatto una scommessa: se avessi vinto, allora avrei deciso io se sarebbe rimasto ancora oppure no. Spero di convincerlo”.
Ma proprio l’ultima sottolineatura, post Championships, riassume al meglio un po’ tutta la vicenda. Jan e il resto del team vorrebbero ancora Darren con loro ma non lo si può costringere, o di certo rimanere delusi se dopo 40 anni in giro per il mondo tra campi, palline e racchette abbia la volontà di dedicarsi ad altre passioni, interessi o più semplicemente viversi in santa pace la pensione nella sua terra natia e il contatto costante con gli affetti di una vita.
Probabilmente c’è una una linea inframezza che metterebbe tutti d’accordo, un punto d’incontro a metà che farebbe felici tutte le parti in causa. Ed è forse proprio questa la strada che Alex Vittur (scopritore e amico di sempre dell’azzurro oggi suo manager) come ci suggerisce ‘La Gazzetta dello Sport’ nel pezzo di Federica Cocchi sta intraprendendo per regalare in fondo un sorriso di gioia a tutti gli appassionati italiani. Perché sì: se questa storia d’amore dovesse continuare, quello di un padre e un figlio, in diverse circostanze Sinner ha infatti evidenziato che Cahill ha avuto la stessa importanza di Hans Peter nella sua formazione di vita tennistica, nel sodalizio affettivo finora instaurato sicuramente anche Sinner scenderebbe in campo con una tranquillità, una serenità che altrimenti in caso di epilogo negativo sarebbe da rifondare da zero.
La soluzione finale dunque potrebbe essere un impegno ancora più saltuario di quanto non avvenga già adesso, perciò non una divisione sostanzialmente equa tra Vagnozzi e Cahill a cui vanno aggiunti gli appuntamenti di maggiore rilievo dove ovviamente sono presenti entrambi nell’angolo, senza per questo uscire definitamente dal team o fungere esclusivamente da consigliere da remoto. Magari una presenza solo negli Slam e alle Finals? Staremo a vedere, sta di fatto che da mercoledì il team sarà al gran completo (con anche il preparatore Ferrara e l’osteopata Cipolla) dopo che il coach marchigiano ha saltato i tornei di Vienna e Parigi – mentre l’australiano non aveva preso parte alla tournée asiatica – per l’atto finale della stagione presso il Pala Alpitour di Torino.

