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ATP Parigi, Vacherot: “Innamorato di Monaco fin da bambino”

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Dopo lo straordinario successo al Masters 1000 di Shanghai, Valentin Vacherot aveva ricevuto una wild card dagli organizzatori del Swiss Indoor Basel per continuare a giocare tra i “grandi”, visto che la classifica al momento della chiusura delle iscrizioni non glielo avrebbe permesso. Sorteggio poco fortunato e sconfitta all’esordio contro il primo del seeding Taylor Fritz, costretto però a rimontare un set e chiudendo solo 7-5 al terzo dopo oltre due ore e mezzo – segno che il livello c’è per il classe 1998 monegasco. A Parigi, altro Masters 1000, è atteso martedì dal numero 18 ATP Jiri Lehecka per una sfida inedita.

Con gli occhi di un bambino

Nato e cresciuto a Monaco, dove ha sempre vissuto, Valentin spiega di aver iniziato a giocare per la Francia “perché i miei genitori sono francesi ma, appena ho avuto la possibilità di cambiare nazionalità sportiva e rappresentare Monaco, l’ho fatto subito. Mi sono innamorato di Monaco a sette o otto anni”. Al quotidiano L’Équipe racconta di quando, bambino, guardava giocare suo fratello – e oggi suo coach – Benjamin Balleret in Coppa Davis e al Rolex Monte-Carlo Masters: “Ho visto tutto il suo percorso nel 2006, quando perse contro Federer agli ottavi: avevo sette anni e me lo ricordo come fosse ieri. Pregavo che il torneo coincidesse con le vacanze di Pasqua per poterci stare tutto il giorno, dalle 8 alle 19. Ricordo la vittoria di Gasquet a 15 anni contro Squillari nel 2002: mi aveva colpito tantissimo. E per qualche motivo adoravo una delle divise di Guillermo Coria, quella con cui vinse nel 2004 – la indossavo tutto il giorno! Anche se oggi, nel mio gioco, non ho niente di lui. Monte-Carlo, per me, era come Disneyland: mi veniva da piangere quando finiva”.

Nato con la racchetta (e quasi centrato da una pallata)

Vacherot proviene da una famiglia di tennisti: oltre al fratello, ci sono i cugini Arthur Rinderknech e Cloe Paquet. Per quanto riguarda i genitori, “appena usciti dalla maternità, sono tornati a giocare a tennis. Pare che mio padre abbia colpito male una palla che è finita dritta nella mia carrozzina… Avevo tre settimane! Credo fosse destino” dice ridendo.

Paris, Texas

Ancora troppo indietro sia atleticamente che tecnicamente per il mondo dei pro, nel 2017 è andato negli Stati Uniti per giocare alla Texas A&M University, raggiungendo il cugino Arthur lì da due stagioni. “Diciamolo, negli Stati Uniti hanno qualche problema con la geografia: alcuni mi hanno chiesto quanto tempo ci volesse in macchina dal Texas a Monaco! Mi consideravano francese, non capivano bene la differenza”. Tanto che sull’armadietto accanto al proprio nome c’era la scritta ‘Paris’, forse perché Arthur è di Parigi, ma “a un certo punto ho detto, ‘sarebbe carino mettere davvero da dove vengo’”.

Il principe Alberto II, un tifoso (non proprio) qualunque

Ad aspettarlo al rientro dal trionfo di Shanghai, gli amici del club, e i compagni del liceo. “E poi c’è stato l’incontro con il Principe, una sorpresa: non mi avevano detto che ci sarebbe stato. Lo avevo già incontrato, in Coppa Davis o durante la settimana del Rolex Monte-Carlo Masters viene sempre a vederci. In Davis ci sono 500 posti e lui è lì, in mezzo al pubblico, come un tifoso qualunque. È questo che mi piace di lui: ama lo sport. Mi ha toccato molto vederlo commosso”.

800 notifiche e un maxi-schermo

Valentin torna sulla chat di WhatsApp di cui aveva già parlato durante il torneo cinese: “Dopo una delle partite mi sono ritrovato con 800 notifiche solo su WhatsApp, senza contare i messaggi normali. Al bar del Country Club c’erano 5 o 10 persone all’inizio, ma per la finale erano quasi 100. Hanno persino installato un maxi-schermo nella piazza principale. L’ultima volta che l’avevano fatto era nel 2017, quando il Monaco giocò la semifinale di Champions contro la Juventus. È stato pazzesco”.

Legami monegaschi e Coppa Davis

Nel discorso dopo la finale, a evidenziare il forte legame con gli altri tennisti monegaschi, c’era stato anche un pensiero per Lucas Catarina, costretto a mettere fine alla carriera da professionista per un grave infortunio a un braccio. “Lucas e io giocavamo insieme già a 9 anni nei campionati a squadre” spiega Vacherot. “Romain e Hugo [i doppisti Arneodo e Nys] li ho visti crescere. Ora siamo tutti in Coppa Davis. Quello che è successo a Lucas mi ha colpito tanto, perché ha lottato come un leone. Siamo una federazione minuscola, ma quello che facciamo con tre o quattro giocatori credo che molte federazioni più grandi vorrebbero riuscire a farlo”.

Con il salto di qualità compiuto da Valentin, si può anche pensare in grande in termini di Coppa Davis. Il prossimo impegno è a febbraio, trasferta in Kazakistan per i play-off del Gruppo I. “Dovremmo lavorare sulla tribuna da 500 posti” scherza. “Credo che Bublik mi stia aspettando a braccia aperte, visto che l’ho battuto a Shanghai. Stiamo crescendo, e chissà dove saremo tra due o tre anni”.

M.S.

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