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Il direttore Scanagatta alla presentazione de “Lo spettacolo del tennis 1980-1990” di Serge Daney

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Cinema e tennis: due mondi solo in apparenza distanti. Per Serge Daney, tra i più influenti critici cinematografici del Novecento, quei due universi si intrecciano fino a diventare uno solo. A trent’anni dalla scomparsa del fondatore di Trafic e firma storica dei Cahiers du Cinéma e di Libération, Cineteca Milano pubblica per la prima volta in Italia il volume Lo spettacolo del tennis 1980–1990 – Match epici raccontati da un critico di cinema. Traduzione a cura di Silvia Pareti, già autrice delle versioni italiane di Il cinema e oltre e Lo sguardo ostinato.

Il libro, pubblicato in Francia nel 1994 con il titolo L’amateur de tennis – 1980-1990. Critiques, verrà presentato martedì 21 ottobre alle 18.00 presso il cinema Cineteca Milano Arlecchino, in una serata-evento ricca di ospiti, giochi, sorprese e proiezioni. Tra i protagonisti, anche il Direttore di Ubitennis, Ubaldo Scanagatta, che si è occupato dell’introduzione del volume e sarà presente in collegamento video durante l’evento.

Scanagatta ha voluto ricordare lo stile narrativo unico di Daney, capace di accendersi anche davanti ai match più “laterali”: “Daney nello scegliere i teatri e gli attori del suo personale spettacolo tennistico non si occupa solo delle prime donne, delle star, ma volutamente un giorno dedica la sua magica penna a La battaglia degli sconosciuti, due comprimari del più debole dei quarti di finale del 1983, il francese Roger Vasselin contro lo spagnolo Luna e stavolta la penna è più mite, meno sferzante, più comprensiva. Non si può essere tutti super campioni, se uomini. E Roger Vasselin impersona, proprio come in un film, il soggetto dello sconosciuto che riesce a far emergere la star che nessuno sospettava fosse in lui finché ne esce una grande vittoria e un bel film”.

Nel suo contributo introduttivo, Silvia Pareti propone una lettura suggestiva del legame profondo tra tennis e cinema nella scrittura di Daney: Il tennis, prima ancora che uno sport, per Daney è uno spettacolo, è cinema. Il campo, con la sua forma rettangolare e la sua fissità, è lo schermo, gli scambi sono i dialoghi, su cui si costruisce la narrazione, il tempo che la partita dispiega, e contemporaneamente subisce, ne è il motore. Come il cinema, il tennis è spazio e tempo. E quale è il ruolo dei giocatori? E delle giocatrici a cui Daney dedica sempre attenzione e ritaglia uno spazio non banale per l’epoca?.

Lungi dall’essere i semplici attori di questo spettacolo, i campioni di cui Daney racconta le gesta nell’arco di un decennio, da Borg a McEnroe agli amati Connors e Yannick Noah (anche 45 anni fa c’era uno Yannick – con la Y però – a infiammare i tifosi), Navratilova, Evert, Wilander e tanti altri, sono i registi, coloro che costruiscono il tempo e lo spazio e, in quanto tali, responsabili anche dal punto di vista etico dei loro gesti, belli solo se portatori di verità, senza la quale non c’è vero dialogo. Macchina da presa e palline sono allora lo sguardo degli spettatori”.

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