In una settimana Challenger senza trofei facciamo due chiacchiere con coach Alberto Casadei
Preso atto che i nostri giocatori non sono andati nemmeno vicini a vincere uno dei cinque tornei programmati nell’ultima settimana Challenger (Luca Potenza e Francesco Passaro coi loro quarti di finale, rispettivamente a Villena e a Mouilleron, sono stati i migliori), abbiamo pensato bene che fosse il momento giusto per dedicare un po’ di attenzione a un coach che, non più giovanissimo, ha allestito una splendida Academy in quel di Forlì, al CT Villa Carpena. Stiamo parlando di Alberto Casadei, che cinque anni fa ha saputo trasformarsi da semplice maestro di tennis in anima propulsiva di quella che è diventata una delle più belle realtà del nostro panorama tennistico. Sono tanti i loro ragazzi che si stanno mettendo in mostra, sia a livello giovanile sia muovendo i loro primi passi nel tennis professionistico. Parliamo innanzitutto di Lorenzo Angelini e Leonardo Cattaneo, anche se probabilmente il vero gioiellino è il 19enne Carlo Alberto Caniato che, nato a Verona, ha trascorso quasi tutta la vita a Ferrara per poi trasferirsi a Forlì. Per limitarci a questa stagione Carlo ha vinto un ITF da 25.000$ in Romania e alcuni match a livello Challenger, raggiungendo la non disprezzabile classifica di n.462 ATP. Per non parlare dello straordinario risultato in doppio quando agli Internazionali BNL d’Italia, in coppia con Federico Bondioli, riuscì a battere nientemeno che Vavassori e Bolelli. E proprio in compagnia di Bondioli ha affrontato questa lunga trasferta negli Stati Uniti giocando tre Challenger (Columbus, Las Vegas e Tiburon) con risultati, per così dire, non straordinari.
Carlo infatti si porta a casa una sola vittoria a fronte di tre sconfitte. Bilancio deludente? L’abbiamo chiesto ad Alberto Casadei che ha seguito il ragazzo in questi tre Challenger americani. In realtà ha seguito part time anche Federico Bondioli, ma in questa sede ci limitiamo a parlare del suo allievo ‘prediletto’ che ovviamente conosce molto meglio. “Se parliamo solo dei risultati è ovvio che la trasferta non è andata tanto bene. Ci aspettavamo qualche vittoria in più, ma devo dire che siamo rimasti molto sorpresi dal livello di gioco, e abbiamo capito come avessimo sbagliato a valutare il torneo solo in termini di classifica. Una classifica che era più che abbordabile e che appunto permetteva ai ragazzi di entrare in tabellone o nelle qualificazioni, ma poi ci siamo accorti che giocare qua significava venire nella tana del lupo. Con giocatori molto agguerriti, abituati a questi campi e che spesso non hanno classifica solo perché, frequentando l’università, ancora non giocano gli ITF. Tanto per capirci il livello medio delle qualificazioni è senz’altro molto più alto che in Europa. Così ci è capitato che Caniato, al suo esordio a Columbus, abbia beccato tal Preston Stearns, un ragazzo di 21 anni che si allenava proprio su quei campi e che era sprovvisto di qualsiasi classifica internazionale. Poi probabilmente abbiamo sottovalutato la difficoltà di cambiare superfice, dalla terra al cemento, con una sola settimana di allenamenti (i ragazzi avevano giocato il Challenger di Genova, ndr). Soprattutto considerando che andavamo a giocare dei Challenger, che poi si sono dimostrati di ottimo livello, e non degli ITF. Un livello in cui non puoi giocare per allenarti, sperando nel frattempo di salvare le penne. Come esperienza invece è servita tantissimo, sia a lui che a me. Abbiamo capito molte cose e ne faremo tesoro per questa ultima parte di stagione. Domenica Carlo farà la serie A (coi ravennati del CT Zavaglia, ndr) e poi andrà a Monastir, sempre sul cemento, dove sono convintissimo che potrà dire la sua”.