Vagnozzi: “Allo US Open Alcaraz stava meglio di Sinner. Spero di allenarlo altri 15 anni”
Simone Vagnozzi è da più di tre anni uno degli allenatori più attenzionati del circuito tennistico. Il suo nome è ormai legato a doppio nodo a quello di Jannik Sinner, sulla cui panchina è approdato dopo l’addio a Riccardo Piatti da parte dell’altoatesino. Il coach marchigiano, appesa la racchetta al chiodo, ha intrapreso quasi nell’immediato la strada dell’allenare. E sin da subito si è dimostrato uno dei migliori. Marco Cecchinato, insieme a lui, ha disputato la storica semifinale del Roland Garros nel 2018, fino a toccare la 16esima posizione del ranking. Poi ha accompagnato Stefano Travaglia in top 100. È ovviamente con Jannik che Vagnozzi si consacra come allenatore. Quattro Slam e la vetta del ranking sono solamente i traguardi più prestigiosi tagliati dal 2022 ad oggi.
“In campo, l’impegno e la serietà che metto con Jannik sono identici a quelli che ho riservato a ogni mio giocatore. Poi, certo, più sali di livello e più sono i dettagli a fare la differenza. La bravura sta nel capirli. Fuori sicuramente abbiamo gli occhi di più perso ne addosso e, al minimo errore, vieni giudicato. Ma per me, il fatto che qualcuno abbia da ridire quando perde in finale non fa che innalzare il valore dei suoi risultati straordinari”. Vagnozzi affida alle colonne del “Corriere dello Sport” le sue riflessioni circa il momento di Sinner e, ampliando il discorso, lo stato dell’arte tennistica. Non risparmiandosi alcune stoccate, seppur pacate.
La finale dello US Open e le variazioni da apportare nel gioco di Sinner: il pensiero di Vagnozzi
A tenere banco è ancora la finale dello Us Open, in cui Carlos Alcaraz, imponendosi in quattro set sull’azzurro, si è riguadagnato il tetto del mondo, oltre a mettere in bacheca il sesto Major. Simone non si formalizza troppo su quella sconfitta, anzi.
“La sconfitta di New York a mio parere non è così sorprendente. In quel momento Carlos stava psicologicamente, fisicamente e tennisticamente meglio di Jannik” analizza. Poi torna sui mesi di sospensione: “Non dobbiamo dimenticarci che anche lui ha vissuto cinque mesi di difficoltà, e pensare che oggi si prova a far passare Jannik come un giocatore in crisi in un anno in cui ha vinto 2 Slam e fa finale tutte le settimane. Lui sta facendo cose straordinarie. Poi, come tutti, vogliamo sempre migliorarci”.
Prosegue poi, con un po’ di fastidio, parlando delle famose variazioni da aggiungere al bagaglio tennistico del numero 2 al mondo.
“Io a volte mi sorprendo di quanto si parli di determinate cose. In alcuni momenti delle cose funzionano, in altri meno. Negli Stati Uniti Jannik non ha servito benissimo e abbiamo preso degli accorgimenti: il movimento è cambiato un giorno prima di arrivare in Cina. I primi giorni a Pechino si è adattato e poi ha servito molto bene. Poi nel gioco è chiaro vada inserito sempre qualcosa di nuovo, sennò diventiamo prevedibili. Questo non significa che Sinner debba diventare un tennista da serve and volley. Ci sono smorzate e slice, ma anche altre variazioni, che si tratti di prendere prima un lungolinea, rispondere più aggressivo, giocare un kick o andare al corpo. È semplicemente migliorarsi, non ci trovo nulla di sorprendente”.
A dire il vero, il primo ad aver fatto cenno a un tennis più imprevedibile per progredire ancora è stato proprio Jannik durante la conferenza stampa post finale a New York, in cui l’azzurro ha dichiarato di voler uscire dalla comfort zone.
Vagnozzi precisa come il lavoro quotidiano cambi in base alle varie tappe della carriera. “Quando cerchi di diventare numero 1 è diverso da quando lo sei già e devi fare qualcosa per rimanerlo. Alcuni cambiamenti possono sembrare più rischiosi perché si pensa di poter perdere qualcosina. Jannik è abbastanza intelligente da capire se le nostre proposte possano essere giuste o sbagliate. Allo stesso tempo, noi dobbiamo lavorare su idee in cui lui crede, sennò non può funzionare. E a volte, anche perdere una partita serve a far capire a un giocatore che può essere il momento di mettere mano da qualche parte”.
Gli avversari da tenere d’occhio e la rivalità con Alcaraz visti da Vagnozzi
Il 2025 per Sinner è senz’altro una stagione sui generis. Il Master 1000 di Shanghai è solamente il nono torneo dell’anno e, fatta eccezione per Halle, l’azzurro è sempre approdato all’ultimo atto, con tanto di tre trofei messi in bacheca. Solo due giocatori sono riusciti a fermare la corsa di Jannik: Alexander Bublik in Germania e Carlos Alcaraz in quattro occasioni. Ed è proprio sullo spagnolo che Vagnozzi si sofferma, dato soprattutto il cambiamento che il fuoriclasse di Murcia ha dimostrato da primavera in avanti, con una continuità di rendimento mai vista prima.
“Credo si tratti anche di momenti di vita, lo vedo un Carlos molto più dentro a quello che fa, forse prima lo era meno. Quando li confrontiamo ovviamente parliamo di due culture differenti, ma restano ragazzi di 22 e 24 anni sempre attenti a migliorarsi in ogni aspetto, e capaci di riuscirci. E così che hanno scavato il solco su gli altri”.
Poi il focus si amplia. A domanda su chi possa essere il terzo incomodo a rompere il duopolio Alcaraz-Sinner, sempre più dominanti sul resto del circuito, come dimostra il ranking, il coach risponde: “Sono tanti ad avere il potenziale, anche Tien lo ha. Ovviamente c’è Fonseca, anche se a me piace molto Mensik. Se non dovesse avere problemi fisici, è uno che può crescere tanto. Poi ci sono fattori intangibili. Pensiamo a Jannik: ora tutti fanno passare per normali le sue vittorie”. Conclude il discorso con una stoccata: “Quando ho iniziato a lavorare con lui, tanta gente del mondo del tennis diceva che Rune era molto più avanti. Non si sa mai quanto ci si può migliorare. I ragazzi ci sono, ma poi devono fare dei passi importanti per arrivare da Jannik e Carlos”.
Il 2025 ha decretato anche l’ingresso di un secondo azzurro in top 10. Lorenzo Musetti è sempre più una certezza per il movimento italiano, con miglioramenti continui su ogni superficie.
“In campo sta facendo qualcosa di diverso e ha vissuto un’ottima stagione. Il talento c’è, e sulla terra credo siano già tre anni che è pronto per poter fare un grandissimo risultato. Sull’erba aveva già fatto bene, e ora è in crescita sul cemento. Il potenziale lo ha”.
Prima dei saluti c’è tempo per dedicare qualche parola al resto del team. Da chi non è più parte del gruppo di lavoro, ovvero Marco Panichi e Ulises Badio, che “hanno fatto un ottimo lavoro. Semplicemente Jannik ha optato per un’altra strada, ma non credo ci sia nulla di strano”, a Darren Cahill. Il supercoach australiano pare in procinto di lasciare per sempre la panchina, per dedicarsi ad altro. Anche se Vagnozzi non rinuncia all’idea di poter avere ancora al suo fianco il collega. “Io penso e spero che Darren possa continuare, quindi non abbiamo pensato a nessuno al di fuori di lui. Al momento però non ci sono ufficialità.
Infine spazio agli obiettivi futuri.
“Quest’anno l’obiettivo era vincere Wimbledon e ci siamo riusciti. Spero di continuare il più possibile con Jannik, vediamo quanto andremo avanti. In un futuro lontano, uno stimolo potrei trovarlo nel rifare la stessa cosa con un altro giocatore. Poi magari faccio 15 anni con Sinner e sarà lui il mio ultimo tennista. Lo spero”. E sul Grande Slam: “Non è un obiettivo che ci siamo posti. È talmente difficile vincere uno Slam che non si può pensare di vincerne 4 senza muoversi un passo alla volta”.