Valentin Royer e la sua prima finale tra i grandi: “Ho lavorato molto mentalmente per restare calmo”
In un periodo storico dove il tennis francese sembra avere una buona ripresa capitanata da Arthur Fils, Valentin Royer potrebbe rivelarsi un’altra valida realtà per i transalpini. Classe 2001 e nativo di Neuilly-sur-Seine, Royer è approdato alla sua prima finale in carriera nel circuito maggiore in occasione del torneo di Hangzhou.
Royer è partito dalle qualificazioni, eliminando prima il giovane padrone di casa Charles Chen e successivamente Eliot Spizzirri. Successivamente il livello si è alzato ma Valentin non si è di certo nascosto come dimostrano grandi vittorie come quelle contro Andrey Rublev e Learner Tien, quest’ultima valsa per giocarsi un posto in finale nel derby francese con Corentin Moutet, vincendo per 6-3 6-2. Ora l’ultimo scoglio si chiama Alexander Bublik, ma comunque andrà è stata una settimana molto positiva per il francese.
In un’intervista a L’Equipe, Valentin ha parlato di essere emozionato per la finale, ma che la preparerà con il suo team come tutte le altre partite e con la solita routine quotidiana. Sebbene il risultato lo nasconda, l’incontro con Moutet non è stato una passeggiata da gestire: “La chiave era restare calmo qualunque cosa succedesse in campo e ci sono riuscito bene. Mi sono reso la partita più semplice, lui non ha giocato il miglior tennis della sua vita e questo può succedere. Io sono riuscito a restare nel mio mondo, a mantenere la pressione per tutta la partita e a rimanere tranquillo in base alle varie circostanze. Se c’è una cosa da ricordare è che sono riuscito a gestire bene l’evento. Perché per me era una prima volta, un’altra prima volta, con questa semifinale nel circuito“.
Royer è salito alla ribalta quando ha battuto Stefanos Tsitsipas a Wimbledon ottenendo la prima vittoria in un Major per poi entrare nella top 100 a seguito del successo contro Sebastian Ofner a Cincinnati questo agosto. Valentin però ha sottolineato come si sia allenato molto sotto l’aspetto mentale: “Ci ho dovuto lavorare tantissimo! Mentalmente sono una persona che va in tutte le direzioni. Nella vita di tutti i giorni il mio cervello va a 10.000, penso a mille cose contemporaneamente. È un bene in campo perché sono ‘energetico’, ho energia da vendere. Bisogna però saper contenere questa energia nei momenti di pressione di una partita ed è tutto il lavoro mentale che ho fatto con il mio allenatore e il mio preparatore mentale. Non è sempre stato così: ho rotto racchette, ho perso la testa, ho insultato il mondo intero sui campi! Quest’anno volevo fare un passo avanti su questo aspetto. Non c’è niente di acquisito. Magari domani succederà qualcosa che cercherà di farmi uscire di testa. Sarà una nuova sfida”.
Insomma, quello che si denota in Royer è anche una grande consapevolezza di sé stesso e dei miglioramenti sia che ha già iniziato ad attuare sia in quelli dove ancora deve lavorarci. Se poi a tutto ciò si aggiungesse anche il primo titolo in carriera ATP sarebbe la ciliegina (e che ciliegina!) sulla torta dopo tre Challenger ottenuti tra Sibiu Open e i due tornei in Rwanda.